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Tumore trofoblastico gestazionale: bene avelumab dopo la chemio

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Tumore trofoblastico gestazionale: avelumab prima immunoterapia efficace dopo la chemioterapia secondo i risultati dello studio di fase 2 TROPHIMMUN

Le donne affette da un tumore trofoblastico gestazionale (GTT), una neoplasia molto rara che si sviluppa all’interno dell’utero durante o dopo la gravidanza, e con un tumore resistente alla chemioterapia con un agente singolo, mostrano una normalizzazione dei livelli di gonadotropina corionica umana, (hCG), un biomarker dell’attività del tumore, a seguito del trattamento con avelumab, con un buon profilo di sicurezza. A dimostrarlo sono i risultati dello studio di fase 2 TROPHIMMUN, pubblicati sul Journal of Clinical Oncology.

Nello studio, le pazienti con resistenza al metotressato e/o alla chemioterapia con actinomicina D sono state arruolate nella coorte A, mentre quelli con resistenza a regimi chemioterapici multi-agente sono stati arruolati nella coorte B.

Lo studio TROPHIMMUN
TROPHIMMUN (NCT03135769) è uno studio accademico multicentrico nel quale il team francese ha arruolato in 2 anni 17 pazienti che avevano un GTT resistente alla monochemioterapia.

Le partecipanti sono state trattate con avelumab ev ogni 2 settimane fino a quando i livelli di hCG non sono tornati alla normalità, e poi con altri tre cicli dell’anti-PD-L1.

Delle 17 donne arruolate, ne sono state trattate 15. L’età mediana delle pazienti era di 34 anni e il 47% di esse era in stadio III con metastasi. Tutte erano in progressione dopo essere state trattate con metotrexato e in un caso il tumore aveva progredito anche dopo un trattamento con actinomicina-D.

La normalizzazione dei livelli di hCG era l’endpoint primario dello studio, mentre gli endpoint secondari comprendevano la sicurezza, la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) e la sopravvivenza globale (OS).

I risultati dello studio
Con un follow-up mediano di 25 mesi, 8 pazienti (53,3%) hanno ottenuto la normalizzazione dell’hCG dopo una mediana di 9 cicli di terapia. La maggior parte delle pazienti (87,5%; n = 7) ha ottenuto la normalizzazione dell’hCG durante il trattamento, e il 12,5% (n = 1) ha raggiunto questo risultato dopo l’interruzione della terapia. Dopo la normalizzazione, e a 29 mesi di follow-up, nessuna paziente ha mostrato una ricaduta.

Per quanto riguarda gli endpoint secondari dello studio, la mediana RFS non è stata raggiunta. Tuttavia, il tasso di RFS a 4 mesi era del 73,3% (95% IC, 43,6%-89,0%) e il tasso di OS era del 100%.

Gli eventi avversi più comuni che comprendono stanchezza (33,3%), nausea/vomito (33,3%) e reazioni correlate all’infusione (26,7%), sono stati riportati in 14 pazienti (93,3%) e sono stati principalmente di grado 1/2. Non sono stati riportati eventi avversi di grado 3 o superiore. In particolare, non è stata richiesta alcuna riduzione della dose o ritardo nel trattamento a causa di tossicità.

Inoltre, una di queste donne ha anche potuto portare avanti con successo una gravidanza un anno dopo aver interrotto avelumab e ha partorito un bambino sano. È il primo caso documentato di una gravidanza normale dopo un tumore curato con l’immunoterapia, il che, ha commentato You, è rassicurante dal punto di vista dell’impatto del trattamento sulla fertilità.

Il razionale d’uso di avelumab
I tumori trofoblastici gestazionali sono escrescenze anormali nell’utero che si sviluppano dalla placenta prodotta durante il concepimento. Quando la malattia è attiva sono caratterizzati da livelli elevati di hCG.

L’attuale strategia terapeutica per le donne che hanno un tumore di questo tipo resistente alla monochemioterapia consiste in regimi chemioterapici di combinazione, che sono efficaci, ma anche altamente tossici. Inoltre, la maggior parte di questi tumori recidiva entro 6 mesi dall’interruzione del trattamento.

Tutti i sottotipi di tumore trofoblastico gestazionale esprimono costitutivamente PD-L1; inoltre nella sorveglianza immunitaria di questa neoplasia sono coinvolti l’HLA-G e le cellule natural killer (NK).

Avelumab è un anticorpo monoclonale che blocca PD-L1 e innesca la citotossicità attraverso le cellule NK; per questo, l’inibitore del checkpoint potrebbe rappresentare un’alternativa ragionevole alla chemioterapia per questi tumori ed è stato quindi testato da You e gli altri autori nello studio TROPHIMMUN.

Riferimenti

You B. et al. Avelumab in patients with gestational trophoblastic tumors resistant to monotherapy: final outcomes of TROPHIMMUN phase II trial, cohort A. J Clin Oncol. 2020;38(suppl 18):LBA6008. doi:10.1200/JCO.2020.38.18_suppl.LBA6008. Leggi

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