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MDS: luspatercept riduce sovraccarico di ferro

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Luspatercept riduce il sovraccarico di ferro nei pazienti con anemia da sindrome mielodisplastica (MDS) dipendenti dalle trasfusioni

Luspatercept, un farmaco capostipite della classe degli agenti che stimolano la maturazione eritroide (EMA), riduce il sovraccarico di ferro nei pazienti con anemia da sindrome mielodisplastica (MDS) dipendenti dalle trasfusioni e l’aumento della dose del farmaco non comporta maggiori problemi di sicurezza, secondo due sottoanalisi dello studio di fase 3 MEDALIST presentate al congresso della European Hematology Association (EHA), che quest’anno si è svolto in modalità virtuale a causa dell’emergenza coronavirus.

I pazienti con anemia da sindrome mielodisplastica a basso rischio, nella maggior parte dei casi, diventano col tempo dipendenti dalle trasfusioni. E questa dipendenza porta con sé la complicanza del sovraccarico di ferro. Inoltre, nei soggetti con sindrome mielodisplastica con sideroblasti ad anello, il sovraccarico di ferro si può presentare anche prima delle trasfusioni a causa di una eritropoiesi inefficace.

«Luspatercept è una forma modificata del recettore dell’activina di tipo 2b ed è un agente che stimola la maturazione dei globuli rossi ed è quindi diverso dall’eritropoietina» ha spiegato a Pharmastar Esther Natalie Oliva, dell’UOC di Ematologia dell’Ospedale Bianchi-Melacrino-Morelli di Reggio Calabria. «Si tratta di un farmaco che viene somministrato sottocute ogni 3 settimane ed è indicato per i pazienti con sindrome mielodisplastica con sideroblasti ad anello, a basso rischio e dipendenti dalle trasfusioni».

«Nello studio MEDALIST, si è raggiunta l’indipendenza dalle trasfusioni per almeno 8 settimane nei primi 6 mesi in una quota significativamente maggiore di pazienti trattati con luspatercept rispetto al placebo. È stata poi confermata l’indipendenza trasfusionale per 12 settimane nel primo anno del trial e il farmaco si è dimostrato ben tollerato» ha specificato l’esperta.

Lo studio MEDALIST
Lo studio di fase 3 MEDALIST, pubblicato lo scorso gennaio sul New England Journal of Medicine, è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, in cui si sono valutate efficacia e sicurezza di luspatercept in pazienti con sindrome mielodisplastica a rischio molto basso, basso e medio, senza delezione del 5q, con sideroblasti ad anello.

Nello studio, una percentuale maggiore di pazienti trattati col farmaco (37,9% vs 13,2%) ha raggiunto l’indipendenza dalle trasfusioni di globuli rossi per almeno 8 settimane durante le prime 24 settimane dello studio, rispetto al placebo. La sperimentazione ha quindo centrato l’endpoint primario.

Inoltre, un numero significativamente maggiore di pazienti trattati con luspatercept ha raggiunto l’indipendenza dalle trasfusioni per almeno 12 settimane durante le prime 24 e 48 settimane dello studio.
Per quanto riguarda la sicurezza, la maggior parte degli eventi avversi associati al trattamento sono stati di grado 1/2 ed eventi avversi associati al trattamento di grado 3 o 4 sono stati riportati nel 42,5% dei pazienti che hanno ricevuto luspatercept e nel 44,7% dei pazienti che hanno ricevuto il placebo.
Proprio sulla base dei risultati dello studio MEDALIST, lo scorso giugno la Commissione europea ha approvato luspatercept per il trattamento di pazienti adulti con anemia dipendente dalle trasfusioni associata a sindrome mielodisplastica o a beta-talassemia.

Analisi sul sovraccarico di ferro
Al congresso EHA di quest’anno è stata presentata una sotto-analisi dello studio di fase 3 MEDALIST che aveva l’obiettivo di valutare i cambiamenti rispetto al basale dei livelli sierici di ferritina e della terapia ferro-chelante utilizzata dai pazienti arruolati nella sperimentazione.
Nella nuova analisi, dei 153 pazienti trattati con luspatercept, 87 (56,9%) e 66 (43,1%) avevano un fabbisogno di trasfusioni di globuli rossi al basale rispettivamente inferiore a 6 U/8 settimane e pari o superiore a 6 U/8 settimane, contro 43 (56,6%) e 33 (43,4%) dei 76 pazienti trattati con il placebo.

I livelli mediani di ferritina sierica al basale erano pari a 1089,2 (range: 64-5968) μg/l nel gruppo trattato con luspatercept rispetto a 1122,1 (range: 165-5849) μg/l dei pazienti trattati con placebo. Nei soggetti con un fabbisogno di trasfusioni di globuli rossi al basale ≥ 6 U/8 settimane, il livello mediano (range) di ferritina sierica al basale era rispettivamente di 1306,1 (range: 64-5968) μg/l e 1492,9 (range: 256-5280) μg/l. Inoltre, 71 (46,4%) e 40 (52,6%) pazienti, rispettivamente, facevano una terapia ferro-chelante al basale, tra cui 50 su 66 (75,8%) e 26 su 33 (78,8%) che avevano un carico trasfusionale al basale ≥ 6 U/8 settimane.

Riduzione della ferritina sierica
Una diminuzione rispetto al basale nei livelli mediani di ferritina sierica è stata osservata con luspatercept rispetto al placebo sia nelle settimane tra la 9 e la 24 (media dei minimi quadrati [LS] -2,7 contro +226,5 μg/l; P = 0,0024) sia nelle settimane fra la 33 e la 48 (media LS -72,0 contro +247,4 μg/l; P = 0,0294).

Una differenza fra i due gruppi, a favore di quello trattato con l’EMA nella variazione mediana della ferritina sierica rispetto al basale è stata osservata anche nei pazienti che non hanno raggiunto il miglioramento ematologico eritroide (HI-E) nelle settimane dalla 1 alla 24 (media LS +73,4 contro +244,2 μg/l; P=0,0777).
Nei pazienti trattati con luspatercept e con un fabbisogno trasfusionale al basale ≥ 6 U/8 settimane, si è osservata una diminuzione dei livelli di ferritina sierica nelle settimane dalla 9 alla 24 rispetto al placebo (media LS -63,5 contro 271,2 μg/l; P=0,0103).

Inoltre, nei pazienti trattati con luspatercept e con un fabbisogno trasfusionale al basale ≥6 U/8 settimane che avevano raggiunto l’HI-E nelle settimane dalla 1 alla-24, la variazione della media dei minimi quadrati rispetto al basale nei livelli di ferritina sierica è stata di -111,4 μg/l nelle settimane dalla 9 alla 24 e di -124,4 μg/l nelle settimane dalla 33 alla 48. Nei pazienti con un fabbisogno trasfusionale al basale BL ≥6 U/8 settimane, si è osservata una differenza nella variazione media della ferritina sierica rispetto al basale nelle settimane dalla 9 alla 24 è stata osservata anche nei pazienti trattati con luspatercept che non avevano raggiunto l’HI-E nelle settimane dalla 1 alla-24 rispetto al placebo (media LS +3 contro +344,3 μg/l; P=0,0452).

Riduzione della necessità di ferro-chelazione con luspatercept
La variazione della media dei minimi quadrati rispetto al basale nella dose media giornaliera della terapia ferro-chelante nei pazienti trattati con luspatercept è stata di 10,0 mg/die nelle settimane dalla 9 alla 24 e di -148,8 mg/die nelle settimane dalla 33 alla 48. Nei soggetti trattati con il farmaco aventi un fabbisogno trasfusionale al basale ≥ 6 U/8 settimane, la variazione media rispetto al basale nella dose media giornaliera della terapia ferro-chelante è stata di -68,5 mg/d nelle settimane dalla 9 alla 24 e di -327,1 mg/d nelle settimane dalla 33 alla 48.

Questa analisi dimostra che il trattamento con luspatercept ha portato a una riduzione della ferritina sierica, in particolare nei pazienti con un maggiore fabbisogno trasfusionale e livelli elevati di ferritina sierica al basale, che hanno ottenuto una significativa riduzione delle trasfusioni di globuli rossi.

Questo suggerisce che l’effetto di luspatercept sulla ferritina sierica potrebbe essere dovuto non solo alla riduzione delle trasfusioni, ma potenzialmente anche a un effetto più diretto del farmaco sull’eritropoiesi e/o sul metabolismo del ferro. Nel complesso, l’uso del farmaco ha permesso di ridurre il fabbisogno di terapia ferro-chelante.

Effetto della dose sull’efficacia e sulla sicurezza
Un’ulteriore sotto-analisi dello studio MEDALIST riportata quest’anno al congresso dell’EHA ha valutato gli effetti della dose di luspatercept sull’efficacia del trattamento e sugli eventi avversi associati alla terapia.
Nello studio, 153 pazienti sono stati assegnati al trattamento con luspatercept. La dose iniziale era pari a 1,0 mg/kg sottocute ogni 3 settimane. Se i pazienti non raggiungevano l’indipendenza dalle trasfusioni di globuli rossi dopo due o più somministrazioni di farmaco con lo stesso livello di dose, era consentita una titolazione del dosaggio a 1,33 e 1,75 mg/kg.

All’8 maggio 2018, 35 (22,9%), 28 (18,3%) e 90 (58,8%) pazienti erano stati trattati con una dose massima di luspatercept pari rispettivamente a 1,0, 1,33 e 1,75 mg/kg.

Il tempo mediano di aumento della dose a 1,33 o a 1,75 mg/kg nei pazienti che hanno raggiunto l’indipendenza dalle trasfusioni di globuli rossi per almeno 8 settimane è stato circa il doppio (105 e 171 giorni) rispetto ai pazienti che non hanno risposto al trattamento (43 e 91 giorni).

L’aumento della dose è stato necessario più frequentemente nei pazienti con livelli elevati di eritropoietina, con punteggio dell’IPSS-R intermedio e con un maggiore fabbisogno trasfusionale di globuli rossi al basale.
La maggior parte dei pazienti con un fabbisogno trasfusionale al basale ≤ 6 unità/8 settimane ha ottenuto l’indipendenza dalle trasfusioni di globuli rossi per almeno 8 settimane durante le settimane dalla 1 alla 48 (63 pazienti su 108, il 58,3%).

Dei 69 soggetti trattati con luspatercept che hanno raggiunto l’indipendenza dalle trasfusioni di globuli rossi per almeno 8 settimane durante le settimane dalla 1 alla 48, 47 (il 68,1%) hanno ottenuto una prima risposta con la dose da 1,0 mg/kg, cinque (il 7,2%) con la dose da 1,33 mg/kg, e sette (il 10,1%) con quella da 1,75 mg/kg.

Tra i 63 pazienti trattati con il farmaco, che avevano un fabbisogno trasfusionale di globuli rossi al basale ≤ 6 unità/8 settimane e che avevano raggiunto l’indipendenza dalle trasfusioni di globuli rossi per almeno 8 settimane entro le prime 48 settimane, 24 (38,1%) sono stati trattati con 1,0 mg/kg come livello di dose massimo, 14 (22,2%) con 1,33 mg/kg e 25 (39,7%) con 1,75 mg/kg. In questi 63 pazienti, una prima risposta è stata osservata con la dose pari a 1,0 mg/kg in 47 pazienti (74,6%), con la dose pari a 1,33 mg/kg in due pazienti (3,2%), e con quella pari a 1,75 mg/kg in cinque pazienti (7,9%).

All’1 luglio 2019, su 153 pazienti trattati con luspatercept, rispettivamente in 74 (48,4%) e 9 (5,9%) è stato necessario almeno un dilazionamento della somministrazione e almeno una riduzione di dose. In 13 pazienti (8,5%) si è dovuto ritardare la somministrazione a causa di livelli di Hb pre-somministrazione ≥11,5 g/dl; mentre in tre pazienti (2,0%) si è dovuto ridurre il di dosaggio a causa di un aumento dell’Hb ≥2 g/dl rispetto al valore di Hb pre-somministrazione del ciclo di trattamento precedente. Riduzioni di dose dovute a un qualsiasi evento avverso di grado ≥3 sono state necessarie in cinque pazienti (il 3,3%). Gli eventi avversi più frequentemente segnalati con luspatercept in genere non sono aumentati a seguito dell’aumento della dose del farmaco da 1,0 a 1,75 mg / kg.

Questa analisi dimostra che la maggior parte dei pazienti con carico trasfusionale al basale ≤6 unità/8 settimane che hanno raggiunto l’indipendenza dalle trasfusioni di globuli rossi per almeno 8 settimane nelle prime 48 settimane ha ottenuto la prima risposta con la dose da 1,0 mg/kg. Un ulteriore 11% di pazienti in questo gruppo (e circa il 17% dei responder in generale) ha ottenuto la prima risposta solo con dosi più elevate (1,33 e 1,75 mg/kg) e le escalation di dose hanno contribuito al mantenimento della risposta o al raggiungimento di più episodi di risposta. L’intervallo di dose da 1,0-1,75 mg / kg è stato ben tollerato, senza aumenti dose-dipendenti degli eventi aversi correlati al trattamento.

«Noi abbiamo avuto esperienza di utilizzo del farmaco nei pazienti che hanno partecipato allo studio MEDALIST. Questi pazienti avevano una lunga storia di trasfusione-dipendenza legata alla malattia. Questi pazienti hanno potuto ottenere la trasfusione-indipendenza e migliorare sicuramente la percezione della propria qualità della vita. Questi pazienti non hanno più avuto bisogno di trasfusioni, stanno ancora bene, devono dipendere meno dalle strutture ospedaliere e anche per questo sentono meno l’impatto del peso della malattia» ha concluso Oliva.

Link:

P. Fenaux et al. Effects of luspatercept on serum ferritin in patients (pts) with lower-risk myelodysplastic syndromes (MDS) with ring sideroblasts (RS) in the phase 3 MEDALIST trial. EHA 2020; abstract EP807. leggi

U. Platzbecker, et al. Assessment of dose-dependent response to luspatercept in patients (pts) with lower-risk myelodysplastic syndromes (IR-MDS) with ring sideroblasts in the phase 3 MEDALIST trial. EHA 2020; abstract EP812. leggi

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