Site icon Corriere Nazionale

Influenza, baloxavir protegge i familiari

Influenza australiana virus influenzali

Una singola dose dell’antivirale baloxavir potrebbe essere utile nel prevenire l’influenza nei familiari a stretto contatto con pazienti influenzati

Una singola dose dell’antivirale baloxavir potrebbe essere utile nel prevenire l’influenza nei familiari a stretto contatto con pazienti influenzati. Lo dimostrano i risultati di uno studio recentemente pubblicato su NEJM (1). Lo studio, multicentrico, è stato condotto in 12 centri di medicina primaria in Giappone durante la stagione influenzale 2018-2019.

Informazioni su baloxavir
Baloxavir marboxil, ha un meccanismo d’azione diverso dagli altri antiinfluenzali. Per replicarsi il virus si serve di una endonucleasi per sequestrare le estremità dell’RNA messaggero che utilizza per riprodurre il proprio materiale genetico. Dopo essersi replicato più volte, i virus risultanti implementano un altro enzima chiamato neuroaminidasi per separarsi dalla cellula ospite e diffondersi nel resto del corpo. A differenza degli inibitori della neuroaminidasi, baloxavir agisce a monte, impedendo la replicazione del virus tramite l’inibizione dell’endonucleasi virale.

Il farmaco è stato approvato originariamente dall’ente regolatore Usa (Fda) nel mese di ottobre del 2018 per il trattamento dell’influenza acuta e non gravata di complicanze in pazienti aventi almeno 12 anni, e rappresenta il primo nuovo trattamento per l’influenza sviluppato negli ultimi due decenni.

Nel mese di ottobre dello scorso anno, Fda ha ampliato le indicazioni del farmaco, includendo il trattamento di pazienti a rischio elevato di complicanze legate all’influenza, e si attende per la fine dell’anno, un’estensione delle indicazioni anche per i pazienti pediatrici.

Lo studio
Obiettivi e disegno
Nel nuovo trial, i ricercatori hanno reclutato 752 contatti nella cerchia dei familiari viventi a stretto contatto domestico con 545 pazienti indice, randomizzandoli, secondo uno schema 1:1, a trattamento con baloxavir marboxil o placebo.

L’endpoint primario era rappresentato dall’influenza clinicamente manifesta, confermata da test PCR con trascrittasi inversa, in un lasso di tempo di 10 giorni di osservazione.

E’ stato oggetto di valutazione, inoltre, il numero di sostituzioni della proteina acida selezionata da baloxavir associate con una ridotta suscettibilità al farmaco in questione.

Risultati principali
Considerando i pazienti indice, il 95,6% era affetto da influenza di tipo A, il 73,6% aveva un’età inferiore ai 12 anni e il 52,7% era stato trattato con baloxavir.

Dall’analisi dei dati è emerso che l’influenza si è sviluppata solo nell’1,9% dei contatti stretti trattati con baloxavir rispetto al 13,6% dei contatti stretti del gruppo placebo (aRR= 0,14; IC95%= 0,06-0,3).

Dallo studio è emerso anche che:
– baloxavir era efficace nei sottogruppi di pazienti a rischio elevato, pediatrici e non vaccinati
– il rischio di infezione influenzale, indipendentemente dalla sintomatologia, era più basso nel gruppo baloxavir rispetto al gruppo placebo
– l’incidenza di eventi avversi è risultata simile nei due gruppi (22,2% nel gruppo baloxavir e 20,5% nel gruppo placebo)
– nel gruppo baloxavir, sono state documentate le sostituzioni virali  I38T/M or E23K in 10 (2,7%) e 5 (1,3%) partecipanti, rispettivamente
– non è stata documentata la trasmissione di queste varianti da pazienti indice trattati con baloxavir ai partecipanti del gruppo placebo; tuttavia non è possibile escludere che ciò possa essere avvenuto qualche volta nei pazienti trattati con baloxavir

Implicazioni dello studio
In un editoriale di accompagnamento al lavoro (2), l’estensore del commento ha notato come la maggior parte dei pazienti indice dello studio fosse rappresentata da bambini di età inferiore a 12 anni e che più della metà di questi era stata sottoposta a trattamento con baloxavir che, ricordiamo, non è ancora approvato in età pediatrica negli Usa.

Inoltre, il 73% dei contatti stretti dei pazienti indice era stato sottoposto a trattamento con baloxavir entro 24 ore dall’insorgenza di malattia nei pazienti indice stessi.

L’estensore del commento ha ricordato come non solo baloxavir non sia approvato per la profilassi dell’influenza negli Usa nei pazienti di ogni età, ma che i pazienti Usa sono meno propensi ad avviare un trattamento influenzale nelle prime 48 ore dall’insorgenza dei sintomi rispetto a quelli giapponesi che, al contrario, che tendono a ricorrere al trattamento antivirale in maniera tempestiva (subito dopo l’insorgenza di malattia).

“Questo trial – scrive l’estensore dell’editoriale – aggiunge baloxavit nel novero degli agenti antivirali (come gli inibitori di neuroaminidasi oseltamivir e zanamivir) che si sono dimostrati efficaci nel ridurre la trasmissione del virus dell’influenza nei contatti stretti di pazienti indice, quando usati tempestivamente in questi ultimi e per la profilassi post-esposizione dei contatti”.

“A questo punto – conclude – sono necessari studi ulteriori per valutare se la somministrazione di dosi aggiuntive di baloxavir per il trattamento e la profilassi post-esposizione possa ridurre l’emergenza e la trasmissione dei virus influenzali, insieme con la ridotta suscettibilità al baloxavir, e se la combinazione di baloxavit per il trattamento precoce dei pazienti sintomatici con oseltamivir per una tempestiva profilassi post-esposizione dei contatti stretti possa rivelarsi utile per controllare la diffusione delle epidemie influenzali”.

Bibliografia
1. Ikematsu H, et al. N Engl J Med. 2020;doi:10.1056/NEJMoa1915341. 
2. Uyeki TM, et al. N Engl J Med. 2020;doi:10.1056/NEJMe2022702. 

Exit mobile version