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Alzheimer: l’antiasmatico salbutamolo nuova arma

Un antiasmatico come il salbutamolo per trattare l'Alzheimer: l'ìpotesi di trattamento è al vaglio dei ricercatori all'Università di Lancaster

Un antiasmatico come il salbutamolo per trattare l’Alzheimer: l’ìpotesi di trattamento è al vaglio dei ricercatori all’Università di Lancaster

Un nuovo studio rivela che il salbutamolo, comune farmaco antiasmatico, può rivelarsi potenzialmente utile come trattamento per la malattia di Alzheimer (AD). Le prove a sostegno di questa tesi sono state pubblicate su “ACS Chemical Neuroscience”.

«L’AD è la forma più comune di demenza: colpisce 47 milioni di persone in tutto il mondo e la sua prevalenza dovrebbe triplicare a più di 130 milioni di casi entro il 2050» ricordano gli autori, guidati da David J. Townsend, dell’Università di Lancaster (UK).

Non sono stati scoperti trattamenti efficaci che curano la malattia o ne rallentino la progressione. Tuttavia, questo studio in fase iniziale rivela che il riutilizzo di un farmaco esistente, il salbutamolo, offre un potenziale significativo come opzione a basso costo e risposta rapida.

Esperimenti analitici approfonditi in vitro condotti dal team di ricerca dimostrano che il salbutamolo è efficace nel ridurre l’accumulo di fibre insolubili della proteina tau – che si trova nel cervello delle persone con AD. Queste fibre microscopiche si accumulano in grovigli neurofibrillari e possono causare destabilizzazione del neurone, morte delle cellule cerebrali e sono una caratteristica chiave della progressione della malattia.

«La ricerca sull’AD si è concentrata sull’accumulo di placche amiloidi, causate da un malripiegamento (misfolding) della proteina amiloide. Tuttavia, a causa dei risultati deludenti di numerose terapie rivolte all’aggregazione di beta-amiloide, un’attenzione sempre maggiore si sta spostando verso la proteina tau» aggiungono gli autori.

Ricerca basata sulla radiazione di sincrotrone dicroismo circolare
L’attuale studio condotto da ricercatori dell’Università di Lancaster ha utilizzato un nuovo approccio di screening automatizzato “ad alta produttività” per studiare la struttura della proteina tau misfolding con una speciale tecnica analitica chiamata “Synchrotron Radiation Circular Dichroism” (SRCD) presso il Diamond Light Source, la fonte di luce nazionale di sincrotrone del Regno Unito nell’Oxfordshire.

Con questa potente tecnica gli studiosi sono stati in grado di esaminare una selezione di più di 80 composti e farmaci esistenti contemporaneamente per determinare la loro efficacia nel prevenire la formazione di fibrille tau.

In particolare, il “Diamond B23 beamline unique micro-collimated beam” ha reso possibile il dicroismo circolare (fenomeno fisico di assorbimento differente da parte di una sostanza chirale delle due componenti, destra e sinistra, della luce polarizzata circolarmente) ad alta produttività che consente lo screening di molti composti attraverso la correlazione dell’attività strutturale cruciale nella scoperta di farmaci.

La selezione del composti per bloccare la formazione dei grovigli tau
Questo metodo ha confermato che l’epinefrina, più comunemente conosciuta come adrenalina, è stata efficace nello stabilizzare le  proteine tau e prevenire la formazione di grovigli tau. Tuttavia, i nostri corpi non assorbono facilmente l’adrenalina che viene rapidamente  metabolizzata.

Quindi gli scienziati hanno poi esaminato una serie di composti facilmente disponibili con strutture chimiche simili. Questa ricerca ha rivelato quattro farmaci attuali come possibili candidati – etamivan (stimolante respiratorio simil-amfetaminico ritirato dal commercio per rischio di dipendenza e abuso),  fenoterolo (beta-2-agonista), dobutamina (beta-1-agonista) e salbutamolo (beta-2-agonista).

«È emerso che etamivan e  fenoterolo hanno scarso effetto sull’assemblaggio dei grovigli tau. La dobutamina, che viene utilizzata per il trattamento acuto di attacchi di cuore e insufficienza cardiaca, ha mostrato di possedere qualche beneficio. Tuttavia, poiché i suoi effetti sono di breve durata, e perché deve essere somministrato per via endovenosa, non è ideale come base per il trattamento dell’AD» spiegano Townsend e colleghi.

«Ulteriori test, che hanno fatto uso di una vasta serie di tecniche analitiche, hanno tutte rivelato che il salbutamolo potrebbe inibire l’aggregazione del tau in vitro» proseguono. «I test in cui il salbutamolo è stato aggiunto a soluzioni contenenti tau hanno portato a una densità drasticamente ridotta di strutture tau fibrose responsabili dei grovigli tau neurofibrillari».

I ricercatori ritengono che il salbutamolo interagisca con una fase iniziale della formazione delle fibrille di tau, riducendo la loro capacità di formare un nucleo iniziale che guida il processo di aggregazione. «Poiché è facilmente ingerito, assorbito nel cervello, e rimane nel corpo per diverse ore, il salbutamolo ha proprietà interessanti come via di ricerca per potenziali nuovi trattamenti per l’AD» sostengono.

Potenzialità, limiti, prospettive
«Il nostro lavoro mette in evidenza il potenziale impatto del riutilizzo dei farmaci per usi medici secondari, scoprendo allo stesso tempo una nuova strategia terapeutica che ostacola la patologia molecolare dell’AD e che non potrebbe essere stata studiata con altri metodi» dichiarano Townsend e colleghi.

«Il salbutamolo ha già subito ampie revisioni di sicurezza sull’uomo e se la ricerca di follow-up rivelerà la capacità di ostacolare la progressione dell’AD nei modelli cellulari e animali, questo farmaco potrebbe offrire un passo avanti, riducendo drasticamente i costi e il tempo associati allo sviluppo tipico dei farmaci» aggiungono.

«Questo lavoro è nelle fasi iniziali e dobbiamo verificare se il salbutamolo sarà efficace nel trattamento dell’AD nei pazienti umani» precisano. «Tuttavia, i nostri risultati giustificano ulteriori test con questo farmaco e altri simili in modelli animali della malattia e, infine, se hanno successo, in studi clinici».

Gli attuali inalatori per l’asma emettono solo una piccola quantità di salbutamolo che raggiunge il cervello e quindi, se ulteriori ricerche avessero successo, sarebbe necessario sviluppare anche un nuovo metodo di rilascio di farmaco, affermano Townsend e colleghi. «La ricerca in futuro potrebbe anche concentrarsi su altri farmaci antiasmatici che sono chimicamente simili al salbutamolo, ma che circolano nel flusso sanguigno per molto più tempo» concludono.

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