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L’Ospedale virtuale Parkinson diventa internazionale

La telemedicina fa passi avanti: negli Stati Uniti il Mercy Virtual Care Center di St. Louis, in Missouri, è un ospedale senza letti e senza pazienti

L’Ospedale Virtuale Parkinson, avviato dal Centro per lo Studio e la Cura della Malattia di Parkinson dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, diventa internazionale

L’Ospedale Virtuale Parkinson, avviato dal Centro per lo Studio e la Cura della Malattia di Parkinson dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli in collaborazione con l’Associazione ParkinZonevarca i confini italiani. Lo ha fatto con una sessione telematica di “Question time” alla quale hanno partecipato persone con Parkinson collegate da Italia e Gran Bretagna che, con il supporto di una traduzione simultanea, hanno dialogato con clinici, specialisti e operatori non solo di quei due Paesi, ma anche di Francia e Spagna.

L’iniziativa, che attraverso le tecnologie telematiche punta a mantenere i contatti con le persone con Parkinson anche in questa fase di emergenza Coronavirus, ha così assunto un carattere internazionale. E lo ha fatto senza mai perdere il carattere di interattività completa e informale, in un progetto di medicina partecipativa nel quale gli stessi pazienti sono stati protagonisti anche nella realizzazione dell’infrastruttura tecnica e linguistica.

La sessione interattiva internazionale, nella quale è stato trattato il tema “Terapie future per il Parkinson”, ha visto la partecipazione di circa ottanta pazienti, equamente divisi tra italiani e inglesi, che hanno discusso con il dottor Nicola Modugno, Responsabile del Centro Parkinson Neuromed; il dottor Giovanni Cossu, dell’ospedale Brotzu di Cagliari; la professoressa Francesca Morgante, del St George’s Hospital di Londra; il professor Eduardo Tolosa, della Clinica Universitaria di Barcellona; il Professor Olivier Rascol dell’Ospedale Universitario di Tolosa e il dottor Richard Teke Ngomba, dell’Università di Lincoln, nel Regno Unito.

“La definirei – dice Nicola Modugno – un’esperienza entusiasmante. Il coinvolgimento dei pazienti e dei clinici è stato altissimo e il clima si è mantenuto sempre su un rapporto diretto di domande e risposte semplici e informali. È una modalità nuova di interazione, quella che stiamo sperimentando con la nostra iniziativa, e gli sviluppi stanno andando molto oltre le nostre aspettative”.

Non è solo un nuovo modo di vedere il rapporto medico-paziente. È anche un’operazione culturale più vasta, nella quale non si parla unicamente di patologia, farmaci, terapie. Ad esempio, si sta formando un gruppo specifico composto da chi assiste i malati, i cosiddetti “caregiver”, che avranno le loro sessioni telematiche con psicoterapeuti, definite “Un momento per me”.

“Abbiamo capito – commenta Modugno – che i familiari o gli amici delle persone con Parkinson hanno un grande bisogno di parlare di se stessi, di come gestiscono le situazioni. Non si parla di patologia, ma di rapporti umani”.

Ma proprio l’internazionalità delle sessioni telematiche ha dato origine a un’idea decisamente inaspettata: imparare le lingue. Le sessioni “Exchange”, infatti, rappresenteranno altri momenti non dedicati alla malattia, ma in cui pazienti italiani e inglesi si insegneranno a vicenda la propria lingua.

“Al di là di visite, appuntamenti, ambulatori e prescrizioni, che ovviamente rimarranno fondamentali – conclude Modugno – sta nascendo una vera comunità fatta di pazienti e dei loro cari, di medici e operatori. È un tipo di rapporto che sarebbe impossibile secondo le metodiche tradizionali, e in questo, come spesso succede, una situazione di crisi ha fatto emergere possibilità impreviste”.

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