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Materia oscura: passi avanti sulla particella Z

Materia oscura: la collaborazione internazionale Belle II, cui partecipa anche l’INFN restringe il campo di ricerca della particella Z

Materia oscura: la collaborazione internazionale Belle II, cui partecipa anche l’INFN restringe il campo di ricerca della particella Z

Un portale tra materia ordinaria e materia oscura. Un punto di passaggio tra la materia di cui è fatto tutto ciò che conosciamo, compresi noi stessi, e quella materia, ancora mai osservata, di cui ipotizziamo l’esistenza in  quantità ben cinque volte più abbondante della materia ordinaria per spiegare alcuni effetti gravitazionali che osserviamo nell’universo. Questo portale potrebbe essere rappresentato da Z’, una ipotetica particella di tipo bosonico, che la collaborazione internazionale Belle II, cui partecipa anche l’INFN, sta cercando nelle collisioni tra elettroni e positroni all’acceleratore SuperKEKB, nel laboratorio KEK, a Tsukuba, in Giappone.

Gli scienziati di Belle II hanno concluso l’analisi dei dati raccolti nelle collisioni del 2018, e pubblicato su Physical Review Letters (PRL) lo studio, che è stato selezionato dalla rivista come Editor’s Suggestion. Il risultato pone dei nuovi limiti all’esistenza di Z’, restringendo il campo in cui questa particella potrebbe essere osservata. “Il lavoro presentato è frutto di un ingente sforzo collettivo messo in atto da una estesa collaborazione internazionale, ed è stato coordinato, oltre che svolto in larga parte, da ricercatori dell’INFN, – sottolinea Paolo Branchini, responsabile nazionale INFN dell’esperimento – ed è perciò motivo di grande soddisfazione per tutti noi”.

Il bosone Z’ è uno dei candidati più promettenti per connettere la materia oscura al Modello Standard, cioè la teoria che descrive con successo il mondo ordinario a noi oggi noto. Questa ipotetica particella potrebbe, appunto, essere prodotta nelle collisioni tra elettroni e positroni, per poi decadere in costituenti invisibili di materia oscura. Modelli teorici e simulazioni dettagliate predicono che l’esperimento Belle II sarebbe in grado di rivelare un chiaro segnale di produzione di Z’ cercando un eccesso di eventi in cui vengono prodotti due muoni di carica opposta.

“Qualora la sua esistenza fosse confermata, – spiega Enrico Graziani, ricercatore INFN della Sezione di Roma 3 e coordinatore dell’analisi – potrebbe risolvere una serie di problemi ancora senza risposta nella fisica delle particelle, come quelli legati alla fenomenologia associata alla presenza di materia oscura nell’universo, o alcune anomalie relative al momento magnetico del muone”.

I dati disponibili ad oggi, e presentati nell’articolo pubblicato su PRL, non mostrano quindi evidenza di questo segnale. Le ulteriori ricerche, che saranno condotte dalla collaborazione Belle II nei prossimi anni su campioni di dati molto più estesi, saranno quindi determinanti per confermare l’esistenza di un bosone Z’ che interagisce debolmente con le particelle di materia ordinaria, oppure per escluderla.

Attualmente, a causa della pandemia di CoViD-19, tutti i viaggi internazionali verso il Laboratorio KEK sono sospesi, ma l’acceleratore e l’esperimento continuano a funzionare grazie alla straordinaria dedizione del personale di KEK e dei membri di Belle II di stanza presso il Laboratorio, e grazie alla cooperazione internazionale da remoto.

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