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Vitamina D: crollano i consumi, è allarme

Vitamina D: consumi in calo del 30% dopo la Nota 96, serve una strategia di prevenzione. A rischio anziani e donne in gravidanza

Vitamina D: consumi in calo del 30% dopo la Nota 96, serve una strategia di prevenzione. A rischio anziani e donne in gravidanza

In questo scenario di quarantena forzata da Covid-19, sulla vitamina D in generale e sul suo possibile effetto di supporto al nostro sistema immunitario  si è accesa nelle ultime settimane una sorta di botta e risposta, quasi da tifoseria, tra favorevoli e contrari. La situazione non è stata resa più semplice dal recente report di AIFA[1], che a sei mesi dall’istituzione della Nota 96[2], nata per migliorare l’appropriatezza con la revisione del regime di rimborsabilità, ha certificato come il suo utilizzo da parte della popolazione italiana sia diminuito in media del 30%.

In questo contesto arriva dal GIOSEG (Gruppo di studio sull’osteoporosi da glucocorticoidi e sull’endocrinologia scheletrica) un documento bilanciato e di ampio respiro “La vitamina d: un ormone essenziale per la salute scheletrica, 2020 update[3]” che raccoglie e rilancia il parere dei principali esperti nazionali ed internazionali.

“Che la vitamina D sia un ormone fondamentale per la salute delle ossa è noto già da molto tempo – spiega il Professor Andrea Giustina, Presidente del GIOSEG e Primario dell’Unità di Endocrinologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e Ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – tuttavia, tutta questa attenzione mediatica non fa altro che confermare la continua crescita dell’ampio interesse scientifico per la vitamina D. I dati ci dicono che soprattutto negli anziani, ma non solo, è presente un’ampia e diffusa carenza di vitamina D, che configura una condizione di crescente rilievo clinico. Il nostro documento ha l’obiettivo primario di fornire agli stakeholder della salute, una nuova riflessione, basata sulle emergenti evidenze dell’ipovitaminosi D sia nel trattamento della fragilità scheletrica che nella medicina clinica. Le domande a cui abbiamo voluto rispondere sono essenziali e pratiche: perché dobbiamo prevedere un piano a lungo termine per la prevenzione prima e la gestione poi dell’ipovitaminosi D nella popolazione italiana? Quale Vitamina D deve essere considerata? Quali sono i suoi effetti realmente documentati?  Ed ancora quali sono le possibili soluzioni da implementare in politica sanitaria, superando il principio della razionalizzazione della spesa sanitaria, che in questo particolare momento storico appare decisamente anacronistico.”

Perché c’è bisogno di una strategia di prevenzione dell’ipovitaminosi D? 
La carenza di Vitamina D nella popolazione è sostanzialmente dovuta a due motivi: lo stile di vita sedentario, peggiorato durante la quarantena per il Covid-19 che ha limitato la possibilità di stare all’aria aperta e l’alimentazione, che anche con diete particolarmente attente, arriva ad impattare solo per il 20% del fabbisogno. “A questo proposito – spiega il professor Giustina – credo sia utile citare il cosiddetto “paradosso scandinavo” cioè quel fenomeno epidemiologico che vede una inattesa maggiore prevalenza di ipovitaminosi D nei Paesi del bacino del Mediterraneo rispetto ai Paesi del Nord Europa, nei quali è stata per tempo intrapresa una politica di fortificazione degli alimenti con vitamina D, basata sulla consapevolezza dell’inefficienza dell’irraggiamento solare.”

Perché è importante il trattamento della carenza di vitamina D?

Il mantenimento di livelli adeguati è fondamentale in tutti i soggetti che ne sono carenti, specialmente in quelli trattati con farmaci per l’osteoporosi. Un recente studio italiano di real world evidence, condotto su circa 3.500 pazienti con diagnosi di osteoporosi e con frattura femorale o vertebrale ha dimostrato che la vitamina D ha un notevole effetto di potenziamento dell’efficacia anti-fratturativa dei farmaci per trattamento dell’osteoporosi e che addirittura contribuisce a ridurre la mortalità[4].

Vitamina D osteoporosi ed osteopenia

In presenza di uno stato di carenza di vitamina D, nessuna terapia specifica per l’osteoporosi riesce ad esercitare appieno i suoi effetti positivi e protettivi. La carenza di vitamina D è, infatti, la causa principale del fallimento terapeutico dei farmaci specifici per l’osteoporosi e pertanto un’adeguata supplementazione vitaminica D rappresenta il presupposto fondamentale per qualsiasi terapia farmacologica tesa alla riduzione del rischio di fratture da fragilità.

Vitamina D patologie extra scheletriche e gravidanza
Numerosi studi stanno indagando tra livelli di vitamina D e le condizioni di salute in varie situazioni patologiche tra cui le affezioni autoimmunitarie come, per rimanere nel campo endocrino-metabolico, il diabete mellito del tipo I e le infezioni respiratorie che l’attuale pandemia di Covid-19 rende di particolare rilevanza e attualità[5] Questi studi di associazione o strutturati su fondate ipotesi fisiopatologiche hanno portato a valutare, l’efficacia della supplementazione con vitamina D nella riduzione del rischio di diverse patologie extra- scheletriche.

Vitamina D e gravidanza
La gravidanza rappresenta una condizione in cui il metabolismo della vitamina D si modifica per far fronte all’aumentato fabbisogno di calcio necessario per la mineralizzazione dello scheletro fetale.
Quale vitamina D?
Nella pratica clinica quotidiana il colecalciferolo è la terapia di prima scelta nella prevenzione e trattamento della carenza di vitamina D e nella prevenzione primaria e secondaria delle fratture da fragilità nei soggetti osteoporotici in associazione con un farmaco per il trattamento dell’osteoporosi. Recenti Consensus Conference organizzate da GIOSEG hanno permesso di pubblicare documenti di consenso[6][7]su vari aspetti diagnostici, clinici e terapeutici della vitamina D di cui uno recentissimo[8] che sono recepiti e calati nella pratica clinica. Dal punto di vista dei dosaggi, una revisione puntuale ha chiarito come per ottenere adeguati livelli di vitamina D nei bambini e adolescenti sia raccomandabile un supplemento giornaliero di-600 UI (400UI nel primo anno di vita). Negli anziani, in cui vi è elevata prevalenza di ipovitaminosi D è raccomandabile un intake giornaliero di almeno 800 UI associato, come nei bambini, ad una adeguata assunzione di calcio.

Consulta il documento integrale del GIOSEG

[1]https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1030827/NOTA-96_valutazione_impatto_su_I-trimestre_di_applicazione_31.03.2020.pdf/7c0b28aa-d92d-b858-69c4-a0870db6c51e

[2] https://www.aifa.gov.it/Nota-96

[3] https://www.gioseg.org/wp-content/uploads/VITAMINA_D_GIOSEG.pdf

[4] Degli Esposti L, Girardi A, Saragoni S, et al., on the behalf of the Study group. Use of antiosteoporotic drugs and calcium/vitamin D in patients with fragility fractures: impact on re-fracture and mortality risk. Endocrine. 2019 May;64(2):367-377.

[5] COVID-19 and endocrine diseases. A statement from the European Society of Endocrinology. Puig-Domingo M, Marazuela M, Giustina A.Puig-Domingo M, et al. Among authors: Marazuela M, Giustina A. Endocrine. 2020 Apr;68(1):2-5. doi: 10.1007/s12020-020-02294-5.

[6] Bouillon R, Marcocci C, Carmeliet G, et al. Skeletal and Extraskeletal Actions of Vitamin D: Current Evidence and Outstanding Questions. Endocr Rev. 2019 Aug 1;40(4):1109-1151.

[7] Ebeling PR, Adler RA, Jones G, et al. MANAGEMENT OF ENDOCRINE DISEASE: Therapeutics of Vitamin D. Eur J Endocrinol. 2018 Oct 12;179(5):R239-R259.

[8] Giustina A, Adler RA, Binkley N, et al.  Consensus statement from 2nd International Conference on Controversies in Vitamin D. Rev Endocrinol  Metab Dis 2020 Mar;21(1):89-116. doi: 10.1007/s11154-019-09532-w.

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