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Coronavirus: i fumatori possono essere più a rischio

I fumatori manifestano più sintomi da Covid secondo una ricerca inglese su pazienti colpiti da Covid nella prima ondata a marzo 2020

Un bambino su cinque è costretto a subire il fumo passivo

Coronavirus: i fumatori possono essere più rischio secondo medici e ricercatori. L’allarme in base ai dati attualmente disponibili su pazienti affetti dal Covid-19

Il fumo è ancora un vizio diffuso in Italia. Degli oltre 11,6 milioni di fumatori italiani, più della metà sono uomini (7 milioni) e i restanti 4,5 milioni sono donne, anche se con il passare del tempo la differenza fra i sessi nel consumo di tabacco si sta riducendo.

È noto da oltre cinquant’anni che il fumo causi – oltre a diversi tipi di tumori e patologie cardiovascolari – anche malattie respiratorie, dal momento che rende i polmoni e i bronchi più vulnerabili, danneggia i tessuti e indebolisce il sistema immunitario.

Ecco perché, basandosi sulle informazioni derivate dall’esperienza cinese e sui primi dati del contesto italiano in merito all’emergenza coronavirus, medici e ricercatori pensano che i fumatori possano avere un rischio aumentato di sviluppare gravi sintomi da COVID-19.

Giulia Veronesi, direttrice del Programma Strategico di Chirurgia Robotica Toracica presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele, spiega la possibile correlazione tra coronavirus e fumo.

Fumo di sigaretta e polmoni: cosa succede quando fumiamo

Le pareti della trachea e i bronchi sono normalmente ricoperti da cellule ciliate, che filtrano l’aria grazie a delle vere e proprie ciglia e all’aiuto del muco. Con il loro movimento, le ciglia spingono il muco verso la faringe per favorirne l’eliminazione.

Spiega Giulia Veronesi: “Il fumo di sigaretta, o più precisamente le sostanze contenute in esso, altera e danneggia questo meccanismo. A lungo andare, il tessuto cambia completamente: si perdono le ciglia e questo fa sì che il muco ristagni, favorendo lo sviluppo di infezioni di vario genere e malattie respiratorie.

L’organismo tenta di sopperire a questa mancanza con lo stimolo della tosse, che spesso e volentieri diventa cronica”.

Il fumo di sigaretta, inoltre, esercita un’azione dannosa anche a livello polmonare, provocando uno stato di infiammazione cronica nelle vie aeree che finisce per “addormentare” le cellule del sistema immunitario, agendo da immunosoppressore.

“Tutto questo – prosegue Veronesi –  porta all’insorgenza di malattie respiratorie come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e favorisce il rischio di infezioni con gravi conseguenze”.

Coronavirus e fumo

“Per quanto riguarda la nuova pandemia da coronavirus, è noto dai dati provenienti dalla Cina, confermati anche in Italia,  che il decorso della sindrome COVID-19 è più grave nelle persone affette da malattie croniche come quelle cardiovascolariil diabete, la BPCO, l’ipertensione e i tumori. Ecco che il fumo è un rilevante fattore di rischio di tutte queste patologie”, commenta la dottoressa.

Anche il successivo percorso di guarigione di un paziente fumatore può risultare più lungo e complesso, poiché il tessuto polmonare è ispessito e meno elastico e possono presentarsi malattie concomitanti legate al fumo.

I dati epidemiologici indicano che il 21% dei fumatori presentava un quadro grave, contro il 14,5% dei non-fumatori (un terzo in più).

Non dimentichiamo, infatti, che per via dello stato infiammatorio persistente e delle sostanze altamente cancerogene presenti nel tabacco (oggi se ne conoscono più di 70), i fumatori sono anche più a rischio di sviluppare tumori del polmone: “Nel 2019,  i nuovi casi di cancro al polmone registrati in Italia sono 29.500 negli uomini e 13.000 nelle donne”, precisa la professoressa.

Il quadro clinico di COVID-19 nei fumatori

“È ragionevole pensare che i fumatori, con polmoni visibilmente indeboliti dalla costante esposizione alle sostanze nocive del tabacco, siano più esposti al rischio di sviluppare severe polmoniti da COVID-19 rispetto ai non fumatori” spiega Giulia Veronesi.

Inoltre, recenti studi – come il lavoro appena pubblicato sull’European Respiratory Journal – suggeriscono che i fumatori presentino livelli più alti della molecola ACE-2, il recettore che sappiamo essere il punto di accesso del nuovo coronavirus nelle cellule dei nostri polmoni.

“Anche se bisogna attendere di avere maggiori dati epidemiologici in merito, credo che i fumatori dovrebbero essere particolarmente attenti, perché sono a maggiore rischio, se non di contrarre l’infezione, certamente di avere un decorso meno favorevole della malattia COVID-19 – conclude la professoressa Veronesi -. Un motivo in più, anche se non ce n’era bisogno, per smettere di fumare.”

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