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La fase due della giustizia: penalisti in rivolta

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Coronavirus, fase due allo studio del Governo e la giustizia rischia di rimanere ancora bloccata: penalisti in rivolta contro i processi da remoto

In questi giorni, tra dibattiti sugli aiuti europei e riaperture regionali, il Governo è al lavoro per pianificare la fase 2 dell’emergenza Coronavirus e delineare la graduale fuoriuscita dal lockdown. Come sarà e che volto avrà non è ancora chiaro ma, di certo, sarà all’insegna della ricerca di nuovi equilibri che cambieranno definitivamente le nostre abitudini quotidiane.

Nella fase 1, la necessità è stata quella di mettere d’accordo l’urgenza di tutelare la salute e la sicurezza delle persone con quella di continuare a garantire i servizi indifferibili.

Nella fase 2, l’obiettivo principale sarà quello di bilanciare le esigenze di sicurezza e salute di studenti, lavoratori e pensionati con la necessità di evitare ricadute economiche maggiori.

Equilibri che cambiano di poco ma che hanno stravolto la tradizionale quotidianità specie nel lavoro e nella didattica a distanza. In comune lo smart working, strumento attraverso il quale il Governo ha disposto che venissero garantiti, per quanto possibile, i servizi indifferibili ai cittadini.

Una vera scoperta, visto che il telelavoro esiste già da tempo, a fronte di una disciplina specifica in materia, prevista dall’art. 3 del Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70. Il riferimento all’incentivazione di telelavoro e smart working nell’ambito delle pubbliche amministrazioni e fra le aziende, invece, richiama direttamente il percorso indicato dall’art. 14 della legge 124/2015 del 7 agosto.

Infine, la direttiva n. 3/2017 del Presidente del Consiglio dei Ministri contiene le linee guida inerenti all’organizzazione del lavoro e finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti.

Eppure, prima dell’emergenza Coronavirus, lo smart working era poco utilizzato soprattutto nella pubblica amministrazione ma, nel giro di due mesi, è divenuto uno strumento destinato ad avere un ruolo centrale anche nella fase della ripresa.

Il Ministro della Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, ha dichiarato che saranno fatti tutti i passi necessari per portare l’utilizzo dello smart working al 30 o 40% del personale. Ovviamente, bisognerà lavorare anche su una digitalizzazione che non è mai decollata. Il discorso, però, non è applicabile a tutti i comparti del pubblico impiego.

Per la giustizia c’è da fare un ragionamento a parte. I tribunali sono fermi dallo scorso 8 marzo ed il ponte sospensionale continuerà fino al prossimo 11 maggio.

A garantire la continuità delle attività essenziali c’è il personale amministrativo che opera mediante smart working oppure, a rotazione, tramite i presidi ma le conseguenze si fanno già sentire specialmente nel settore penale.

“D’accordo la ripartenza, ma è necessario anche salvaguardare la giurisdizione, cercando il giusto equilibrio fra la tutela della salute di tutti gli operatori della giustizia e dei cittadini, con regole in grado di continuare ad assicurare diritti e garanzie, non comprimibili neanche in una fase di emergenza come quella attuale”. È la richiesta dell’Unione Camere Penali Italiane, la cui Giunta è convocata in riunione permanente da alcuni giorni e che ha espresso la propria contrarietà ad ogni forma di smaterializzazione del processo.

Dopo l’11 maggio l’attività dovrà riprendere ma tenendo presente come punto di riferimento l’effettivo funzionamento della macchina giudiziaria, compatibilmente con la necessità di garantire la disponibilità degli strumenti di protezione e le misure di distanziamento sociale.

“Al tempo stesso, però, non possono essere ignorate le fondamentali caratteristiche strutturali del giusto processo penale che necessitano di essere salvaguardate. I vertici delle istituzioni giudiziarie, tra cui il Consiglio Nazionale Forense, sono concordi nel ritenere che l’attuale fase di emergenza non può tradursi nello stravolgimento dei principi che disciplinano il giusto processo. La ripresa dell’attività giudiziaria deve essere attuata nella misura più ampia possibile, garantendo la salute di tutti gli operatori della giustizia e dei cittadini che ne sono destinatari” spiegano dal Comitato Idonei Concorso Assistenti Giudiziari.

Preoccupano anche le difficoltà per il personale delle cancellerie che opera in smart working e che non è in grado di adempiere a determinati atti. Le forme di lavoro agile, infatti, non consentono il collegamento da remoto ai registri informatici se non dai dispositivi presenti nel medesimo ufficio. I dipendenti non sono messi nelle condizioni di eseguire le ordinarie mansioni a loro attribuite e di espletare gli adempimenti necessari alla continuità e completezza del servizio.

Il momento, insomma, è delicato e non solo per l’emergenza in atto. Gli effetti del Covid-19 hanno amplificato in maniera esponenziale le inefficienze di un sistema che, da anni, fa fatica ad andare avanti. Mancano connessioni, personale amministrativo, magistrati, strumentazioni informatiche e, spesso, si lavora ancora sul cartaceo. Anche per questo, “remotizzare” la giustizia è impossibile.

“Purtroppo, in questa fase di ripartenza, anche la risposta che il nostro sistema giudiziario potrà dare sarà carente perché la sospensione di ogni attività, che richiederà una calendarizzazione di tutti i procedimenti sospesi, rallenterà ulteriormente la risposta a quella domanda di giustizia che, invece, dovrebbe essere celere e tempestiva. Basti pensare all’accumulo dell’arretrato di cause e sentenze che renderanno ancora più difficile l’esercizio giurisdizionale generando ulteriori disparità” proseguono dal Comitato Idonei Concorso Assistenti Giudiziari.

La questione giustizia, messa da parte di fronte all’emergenza sanitaria ed economica, è di fondamentale importanza perché riguarda i diritti delle persone e la loro possibilità di vedere garantita la certezza del diritto. Questo è un settore al quale dedicare un’attenzione specifica e la paralisi giudiziaria di queste settimane rischia di costare molto cara al nostro Paese.

“La giustizia ha bisogno di una rivoluzione digitale e di informatizzare i suoi uffici ma, più in generale, necessita di una riforma strutturale, complessiva, che tenga conto soprattutto del contributo fondamentale delle risorse umane. Finora, nel dibattito sulla giustizia 2.0, la centralità di quel personale amministrativo, poco valorizzato e che già prima dell’emergenza in atto, ma ancor di più oggi, sta permettendo alla giustizia di restare in piedi, è stata scarsamente considerata”.

“La fase della ripresa dovrebbe coincidere con l’opportunità di riorganizzare il sistema giudiziario, partendo dalle fondamenta e cioè da nuove assunzioni di personale qualificato, in grado di attuare il processo d’informatizzazione di cui si parla da tempo. L’emergenza di queste settimane, per quanto orribile e surreale, ci sta offrendo l’opportunità di pensare ad una società migliore. A chi di dovere, il compito di cogliere questa strana e inspiegabile possibilità” concludono dal Comitato.

Articolo a cura del Comitato Idonei Concorso Assistenti Giudiziari.

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