Site icon Corriere Nazionale

Osteoporosi: steroidi inalatori non aumentano rischio fratture

Osteoporosi: romosozumab si dimostra essere efficace e sicuro indipendentemente dal grado di compromissione della funzione renale

Osteoporosi: il rischio di frattura principale non si associa all’impiego di lungo corso degli steroidi inalatori e alle malattie respiratorie conseguenti

Nelle donne in età più avanzata il rischio di frattura osteoporotica principale non si associa all’impiego di lungo corso degli steroidi inalatori e alle malattie respiratorie conseguenti. Lo dimostrano i risultati di uno studio pubblicato su Osteoporosis International che rassicurano in merito all’allarme legato all’impiego di questa classe di farmaci a seguito di osservazioni precedenti.

Razionale e disegno dello studio

Le linee guida attuali sulla gestione dell’asma raccomandano il ricorso ai farmaci anti-infiammatori, come gli ICS, come caposaldi nella terapia di questa condizione clinica. Inoltre, gli steroidi inalatori, in combinazione con i LABA e/o i LAMA, sono comunemente utilizzati per ridurre il tasso di riacutizzazioni nella Bpco di grado moderato-severo.

“I dati evidence-based relativi alla safety (rischio frattura) di questi farmaci nell’asma si limitano attualmente alla popolazione pediatrica e ai giovani adulti” ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro. Sono ancora molto limitati, invece, i dati relativi alle donne in età avanzata che, come è noto, si caratterizzano per un rischio elevato di osteoporosi.

“Quanto alla Bpco – continuano – uno studio recente ha mostrato un lieve incremento del rischio di frattura in pazienti anziano sottoposti a trattamento giornaliero con ≥1000 µg di ICS (fluticasone-equivalenti) da più di 4 anni, anche se gli autori di questo lavoro non sono stati in grado di considerare in modo soddisfacente l’effetto confondente dei fattori di rischio pre-esistenti di frattura”.

L’assenza di evidenze sufficienti relative all’associazione tra l’impiego a lungo termine di steroidi inalatori e il rischio di fratture di fragilità in donne in età avanzata ha sollecitato la messa a punto di questo nuovo studio retrospettivo di coorte, che ha incluso 6.880 donne (età media: 64,6 anno), il 62,1% delle quali era affetta da Bpco cronica e il 37,9% da asma.

Attingendo ai dati provenienti da alcuni database sanitari e da un registro (Manitoba’s Health administrative database e bone mineral density registry), i ricercatori hanno valutato, come outcome primario, il tempo all’incidenza di una frattura maggiore osteoporotica. L’impiego di ICS è stato stratificato in base a terzili di esposizione al trattamento, misurato come impiego totale nel corso dei primi 12 mesi da un test indice per la valutazione della BMD, con l’esposizione primaria caratterizzata dal numero totale di giorni e quantità di farmaco dispensate.

L’impiego di ICS è stato misurato fino alla fine del follow-up; inoltre, è stata misurata l’esposizione al trattamento mediante MPR (medical possession ratio: indicatore di aderenza al trattamento, dato dal rapporto tra il numero totale di giorni di trattamento diviso per il tempo specificato di monitoraggio) e la media della dose annuale.

Sono stati utilizzati i modelli di Cox, infine, per valutare la correlazione esistente tra l’impiego di ICS e il tasso di fratture osteoporotiche.

Risultati principali
Nel corso del follow-up, della durata media di 7,7±3,9 anni, l’11,8% (n=810) delle partecipanti allo studio è andata incontro a frattura osteoporotica principale. Il 4,4% di queste fratture si è manifestato a livello dell’avambraccio, a fronte di un 3,5% di fratture all’anca, un 3,3% di fratture vertebrali e un 2,3% di fratture all’omero.

Nessuno dei terzili di esposizione agli ICS è risultato associato ad un rischio significativamente differente di frattura osteoporotica principale rispetto alla mancata esposizione al trattamento con questi farmaci. Ciò è stato verificato sia in termini di giorni di dispensazione (p=0,90) che di quantità di farmaco dispensate (p=0,67).

Non solo: l’impiego di ICS non è risultato associato con il rischio di frattura nel corso del follow-up sia in termini di aderenza al trattamento (MPR; p=0,62) che di quantità di farmaco dispensate (p=0,58).

Limiti e implicazioni dello studio

Nel commentare i risultati, i ricercatori non hanno sottaciuto alcuni limiti metodologici dello studio (dati provenienti da database amministrativi utilizzati per derivare quelli relativi alle prescrizioni farmacologiche, impossibilità di misurare gli indicatori di severità di malattia al di fuori dei dati sui rimborsi per prescrizioni e ospedalizzazioni, sovrastima possibile della condizione di OP in ragione dei criteri di inclusione, mancanza di informazioni sull’impiego di supplementazioni e farmaci da banco).

Ciò detto, lo studio “non suffraga l’esistenza di un’associazione tra l’impiego a lungo termine di ICS, sia in termini di giorni d’impiego che di quantità dispensate, e un incremento d’incidenza di fratture osteoporotiche principali in una popolazione di donne in età avanzata con asma e/o Bpco – scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro”.

Exit mobile version