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Scompenso cardiaco: due biomarcatori lo prevedono

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Due biomarcatori legati all’attivazione endoteliale, misurati in giovane età adulta, possono prevedere cambiamenti nel miocardio che portano a scompenso

Due biomarcatori legati all’attivazione endoteliale, misurati in giovane età adulta, possono prevedere cambiamenti subclinici del miocardio nella mezza età che preannunciano una successiva insufficienza cardiaca con frazione di eiezione conservata (HFpEF). È quanto risulta da uno studio osservazionale in presentazione in questi giorni al Congresso dell’American College of Cardiology (ACC.20) che si svolge online e pubblicato contemporaneamente online sul “Journal of the American College of Cardiology” (JACC).

Elevazione sierica di due molecole di adesione cellulare, segnale di rischio

«Le elevazioni dei due biomarcatori infiammatori – ovvero le molecole di adesione cellulare E-selectina e ICAM-1 – sono considerate segni di attivazione endoteliale e marcatori di HFpEF esistente» scrivono gli autori, guidati da Ravi B. Patel, della Northwestern University Feinberg School of Medicine di Chicago.

Prima di questo studio, però, non era noto se tali biomarcatori fossero elevati e predittivi nei soggetti che non avevano ancora sviluppato la malattia. «I risultati attuali» sostengono i ricercatori «confermano un ruolo per i due biomarcatori nel processo fisiopatologico che guida lo sviluppo di HFpEF».

Lo studio prospettico di coorte denominato CARDIA (Coronary Artery Risk Development in Young Adults) ha incluso 2.285 partecipanti caucasici e afro-americani di età compresa dai 18 ai 30 anni provenienti da quattro aree urbane degli Stati Uniti a partire dal 1985.

Rimodellamento avverso subclinico ventricolare sinistro visto all’ecocardiografia anni dopo
Cambiamenti precoci dei livelli sierici dei due biomarcatori, così come il cambiamento dei livelli di ICAM-1, sono risultati associati in modo indipendente al rimodellamento avverso subclinico ventricolare sinistro (LV), come indicato dalla riduzione all’ecocardiografia della deformazione (strain) longitudinale globale LV (GLS) rilevata anni dopo.

«I biomarcatori E-selectina e ICAM-1 sono stati marcati al settimo anno dello studio, quindi i partecipanti erano, in media, piuttosto giovani nella loro età adulta. E abbiamo visto le associazioni con gli esiti ecocardiografici fino a 23 anni dopo nel caso di E-selectina» evidenziano Patel e colleghi.

Ciò dimostra che questi biomarcatori erano fortemente associati a un’età molto giovane, proseguono gli autori, indipendentemente dalle morbilità cliniche che si sono accumulate nel tempo, come obesità, ipertensione e diabete. È interessante notare che i biomarcatori nella giovane età adulta non erano associati in modo indipendente a successive misure ecocardiografiche di disfunzione diastolica.

Inoltre, precisano Patel e colleghi, «il tipo di disfunzione LV osservata nello studio CARDIA è interpretato come un predittore di successiva HFpEF piuttosto che di insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta (HFrEF), a causa di prove precedenti secondo cui la GLS è un marcatore prevalente di disfunzione sistolica e un marcatore prognostico, in particolare nei pazienti con HFpEF.

Negli ultimi due decenni abbiamo rilevato che l’HFpEF è molto eterogenea e tendiamo ora a considerarla come una malattia della disfunzione sistolica e diastolica, puntualizzano.

Evidente correlazione con la deformazione longitudinale globale, marcatore prognostico 
Nel trial CARDIA, i livelli dei due biomarcatori sono stati misurati agli anni 7 e 15 mentre l’ecocardiografia è stata eseguita all’anno 30. L’aumento dei livelli di E-selectina è apparso significativamente correlato con i peggiori valori ecocardiografici di GLS LV sia all’anno 7 (P < 0,001) che all’anno 15 (P = 0,002). Anche l’aumento di ICAM-1 è stato correlato con il reperto ecografico all’anno 15 (P = 0,004). Così come il cambiamento dell’ICAM-1 dall’anno 7 al 15 (P = 0,03) è stato predittivo.

Nell’articolo sono riportate le analisi controllate per età, etnia, genere, numero di sigarette consumate al giorno, indice di massa corporea, pressione arteriosa sistolica, uso di farmaci antipertensivi, diabete, colesterolemia totale, creatinina sierica, centro dell’area CARDIA e i punteggi di qualità delle immagini.

Quale significato clinico? Ipotesi (divergenti) a confronto
Questo studio «spiana la strada per la prevenzione personalizzata dell’HFpEF» scrive – in un editoriale di commento – Walter J. Paulus, degli Amsterdam University Medical Centers (Olanda). Infatti, prosegue, lo studio «supporta una strategia personalizzata di valutazione precoce del rischio con determinazione delle molecole di adesione circolante per prevenire lo sviluppo successivo di HFpEF, una condizione per la quale purtroppo manca ancora una terapia efficace».

Potenzialmente, ipotizza Paulus, «in un giovane paziente con rischi cardiovascolari come obesità, diabete mellito o ipertensione arteriosa, elevate molecole di adesione endoteliale circolanti dovrebbero sollecitare sforzi vigorosi per correggere il profilo del fattore di rischio per prevenire lo sviluppo dell’HFpEF in età più avanzata».

«Sarebbe ottimale se si potesse intervenire su fattori di rischio modificabili, in modo che le persone evitino la progressione verso l’obesità e adottino stili di vita rigorosi e sani per prevenire l’ipertensione e il diabete» osserva a sua volta Patel. Ma se ciò possa modificare l’attivazione endoteliale così da impedire il peggioramento della funzione LV e la progressione verso l’HFpEF al momento è del tutto ignoto, aggiunge.

E anche se fosse possibile che gli interventi volti a ridurre i livelli dei biomarcatori potessero sopprimere l’attivazione endoteliale, osserva, le molecole di adesione cellulare potrebbero essere un prodotto della malattia invece che una causa.

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