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Coronavirus: il piano da 3,6 miliardi non basta

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Emergenza Coronavirus, il ministro Gualtieri annuncia un piano da 3,6 miliardi. La CGIA di Mestre avverte: la cifra non è sufficiente

Per fronteggiare le conseguenze economiche del coronavirus il governo stanziera’ “3,6 miliardi, pari allo 0,2% del Pil”. Lo ha annunciato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, in un’intervista a ‘La Repubblica’ come riferisce l’Agenzia Dire (www.dire.it).

Tanti soldi, per i quali sarà chiesta l’autorizzazione a sforare i limiti di deficit: “Non ho ragione di temere che Bruxelles possa contestare la nostra richiesta”, ha aggiunto Gualtieri, spiegando la tabella di marcia e i contenuti della “fase due” per combattere l’emergenza: “Entro venerdì prossimo vareremo un decreto legge per il sostegno dell’economia per tutti i territori e i settori colpiti, in tutto il territorio nazionale“.

“Abbiamo in mente diverse ipotesi. Dal credito d’imposta per le aziende che abbiano subito un calo del fatturato superiore al 25%, come si e’ fatto per il terremoto, a riduzioni delle tasse. Dal contributo aggiuntivo per i fabbisogni operativi del servizio sanitario nazionale alla Cassa integrazione in deroga”. Insomma, per Gualtieri, “nessuno dovra’ restare senza cure o perdere il lavoro per il coronavirus“.

CGIA Mestre: misura insufficiente

L’appello è lanciato dal coordinatore dell’Ufficio studi  Paolo Zabeo che chiede al Governo “di intervenire con una misura economica shock di medio-lungo periodo di almeno 10 miliardi di euro, per evitare di scivolare verso una pesantissima recessione. I 3,6 miliardi annunciati oggi dal ministro Gualtieri sono insufficienti. Se l’Esecutivo  crede di poter dilazionare nel tempo le misure si rilancio del Paese sbaglia. O si interviene subito, con una forte sterzata, altrimenti siamo destinati a scivolare verso una recessione pericolosissima”.

E sull’ immagine negativa “scesa” su una parte del Paese, prosegue: “Veneto e Lombardia non sono il lazzaretto d’Europa, basta con questo danno di  reputazione che rischia di penalizzarci oltre misura. Siamo il motore del Paese: viviamo di turismo, di cultura, di bellezza, di tecnologie avanzate e di prodotti di altissima qualità. Se continuiamo ad essere additati come un popolo di appestati rischiamo l’emarginazione economica”.

Sulla stessa lunghezza d’onda è anche il segretario della CGIA, Renato Mason: “Nei giorni scorsi il Commissario Europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha annunciato che Bruxelles, così come ha già fatto in passato quando abbiamo affrontato altre importanti emergenze come il terremoto nel centro Italia e l’arrivo in massa dei migranti nei porti del Sud, ci riconoscerà una dose di flessibilità che ci consentirà di non rispettare gli impegni assunti in merito al rapporto deficit/Pil. Risorse che, a nostro avviso, almeno  10 miliardi devono essere spesi per la rilanciare gli investimenti pubblici, per ammodernare questo Paese, in altre parole per ridare fiato ad una economia che, altrimenti, rischia di implodere. Per questo chiediamo, oltre ad un piano di investimenti pubblici straordinario, più ammortizzatori sociali, più liquidità alle Pmi e il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione”.

Se l’emergenza coronavirus, infatti,  dovesse diffondersi a dismisura in tutte le regioni del Nord e durasse qualche mese, senza mettere in campo delle contromisure adeguate, il rischio che una buona parte dell’economia nazionale si fermi è alquanto probabile.

Dall’Ufficio studi della CGIA segnalano che in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Liguria viene “generata” la metà del Pil nazionale e del gettito fiscale che finisce nelle casse dell’erario; vi lavorano oltre 9 milioni di addetti occupati nelle imprese private (pari al 53 per cento del totale nazionale); da questi territori partono per l’estero i 2/3 delle esportazioni italiane e si concentra il 53 per cento  circa degli investimenti fissi lordi

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