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Sindrome di Ménière: sarà malattia cronica per legge

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Arriva il Progetto di Legge “Norme per il riconoscimento della sindrome di Ménière come malattia cronica e invalidante”

Vertigini rotatorie violente e imprevedibili, ripetitive e incontrollabili, sordità neurosensoriale, acufeni, senso di ovattamento e instabilità. Questo è ciò che vivono ogni giorno i pazienti affetti dalla Sindrome di Ménière, da cui oggi non esiste possibilità di guarigione. Malati che forse, mercoledì prossimo, troveranno risposta ai loro diritti grazie alla presentazione del Progetto di Legge ‘Norme per il riconoscimento della sindrome di Ménière come malattia cronica e invalidante’, che vede l’onorevole Michela Rostan, vicepresidente della Commissione Affari sociali prima firmataria. Insieme a lei Nadia Gaggioli, presidente dell’Associazione Malati Menière Insieme Odvonlus, Bologna, Mauro Tronti, vicepresidente dell’Associazione Malati Menière Insieme Odvonlus, Roma e Giuseppe Attanasio, PhD, Specialista in Otorinolaringoiatria, Dipartimento Assistenziale Integrato Testa-Collo, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I di Roma.

“Esistono terapie innovative: come ‘Associazione Malati Menière Insieme Odvonlus’ ci avvaliamo, sull’intero territorio nazionale, di specialisti che indichiamo ai pazienti per ottenere cure quanto più personalizzate”, spiega all’agenzia Dire (www.dire.it) Mauro Tronti, vicepresidente dell’Associazione Malati Menière Insieme Odvonlus.

“Sono anni che mi sto battendo, insieme a tutti gli altri componenti dell’associazione anche nelle sedi istituzionali, affinché quella che ad oggi è definita sindrome di Ménière sia riconosciuta al pari di altre patologie dallo Stato e dal nostro Ssn. Il termine sindrome rimanda al concetto di un disturbo minore, che arriva e poi va via senza lasciare strascichi“.

In realtà, sottolinea Tronti, “non è così perché questa patologia, nel tempo, assume un carattere cronico. Tanto che tutti i disturbi tipici e cioè gli acufeni, la sordità, le vertigini e il senso di fullness non andranno più via, conconseguenze su vita familiare e sociale. Per questo la malattia rientra nell’alveo di quelle invisibili, perché non presenta una sintomatologia spiccata come altre e dunque non è compresa abbastanza in famiglia, nell’ambiente di lavoro e più in generale nelle relazioni, portando quindi a un allontanamento dalla società e alla chiusura in se stesso del malato”.

Come associazione “organizziamo due o tre convegni l’anno- prosegue Tronti- aperti a tutti anche allo scopo di sensibilizzare la comunità. Siamo attivi su Facebook con gruppi di discussioni sulla patologia controllati anche da esperti, cui affluiscono oltre 2.400 pazienti”. L’auspicio di Tronti è che la Commissione affari sociali “approvi questo disegno di legge in modo che si riconosca la malattia e i pazienti con Ménière possano usufruire di centri riconosciuti dallo Stato per ottenere esenzioni e non pagare a proprie spese molti esami diagnostici e visite specialiste molto costose”.

A tal proposito, l’Associazione ribadisce: “Aiutiamo tutti coloro che soffrono di questa patologia anche se non iscritti. Inoltre il 99% dei nostri componenti sono malati di Ménière, me compreso, e conoscendo da vicino la malattia sappiamo cosa vuol dire e combattiamo la stessa battaglia di tutti coloro che sono afflitti da questa patologia”.

SINDROME MENIERE, ATTANASIO: “IN ITALIA 240MILA MALATI”

Per capire meglio di cosa sia la sindrome di Ménière, quali sono tutti i sintomi e i trattamenti che possono migliorare il quadro clinico, l’agenzia di stampa Dire ha intervistato il professor Giuseppe Attanasio del policlinico Umberto I.

– A giorni la presentazione del disegno di legge per il riconoscimento della Malattia di Ménière come patologia cronica e invalidante. Quanti pazienti ci sono in Italia e in cosa consiste la malattia?

“A oggi non si conosce il numero preciso di malati. Si stima che la prevalenza in Italia sia di 240mila pazienti con un ritmo di crescita di 3.600 nuovi casi ogni anno. La malattia di Ménière colpisce l’orecchio e coinvolge sia la parte uditiva che vestibolare. I sintomi tipici di questa patologia sono: la perdita dell’udito, le crisi vertiginose rotatorie intense che possono durare 20 minuti ma anche tutto il giorno, accompagnate da nausea, vomito e sudorazione fredda. Insomma, tutti sintomi neurovegetativi. E ancora gli acufeni, ovvero quando il paziente percepisce un suono in assenza di fonte esterna che lo produce. Il quarto sintomo tipico è la fullness, che corrisponde alla sensazione di ovattamento e di pressione che dall’interno della testa va verso l’esterno. Questi quattro indicatori, quando sono tutti presenti, rendono la diagnosi della malattia di Ménière molto semplice. La diminuzione dell’udito può essere fluttuante, le crisi vertiginose altalenanti e quando spariscono a volte si riacquista l’udito”.

– Quindi perché è difficile inquadrare il paziente con Ménière?

“Perché questa malattia- prosegue Attanasio- non sempre si presenta così. Possono comparire solo le vertigini o gli acufeni, oppure c’è ipoacussia ma non le vertigini o la fullness. Insomma, l’esordio della malattia può essere diverso e perciò all’esordio la diagnosi può essere confusa con una labirintite o una ipoacussia improvvisa e poi man mano che passano i mesi e gli anni si presentano gli altri sintomi. A quel punto però la patologia è conclamata. La difficoltà di riconoscere questa malattia risiede nel fatto che è ‘invisibile’ perciò è estremamente invalidante e lascia a casa il paziente con un senso d’insicurezza molto forte oltre ad avere difficoltà nelle relazioni interpersonali. L’andamento è imprevedibile, tra una crisi e l’altra possono verificarsi periodi di assoluto benessere e possono durare qualche anno. Non esiste un esame specifico che consenta la diagnosi ed è per questo che è demandato tutto allo studio dei sintomi che si sono manifestati nella storia del paziente. Quindi possono passare anche anni prima che il malato venga inquadrato”.

– Le cause?

“E’ una malattia a cause multifattoriali che possono essere autoimmuni, genetiche, vascolari e di natura emozionale. Ci siamo accorti- continua Attanasio- che ‘l’abitus’ psicologico del paziente molto spesso è caratterizzato da una personalità precisa, esigente con se stessa e con gli altri e dunque contraddistinta da forti conflitti relazionali. Chiaramente questo è un fattore favorente e non scatenante. Tante le cause ma non è da escludere, come abbiamo dimostrato io e il mio team dell’Umberto I in quattro lavori pubblicati su riviste internazionali, che l’80% dei pazienti con malattia di Ménière presentano un disturbo del deflusso venoso che dall’orecchio va verso il cuore: in questo caso parliamo dell’insufficienza venosa cerebrospinale cronica. Noi lo abbiamo dimostrato sottoponendo 142 pazienti con Ménière a una operazione vascolare, l’angioplastica percutanea transubliminale, che è un’intervento in anestesia totale. Ci si avvale di un catetere venoso femorale per una procedura che dura non più di 50 minuti: abbiamo appurato che c’è stata nell’80% di loro una significativa diminuzione delle crisi vertiginose post intervento. Questa è una strada che riteniamo molto valida tra le cure proposte ed è specifica per le vertigini. Chiaramente ci sono altre pratiche, come la più aggressiva neurotomia vestibolare. Entrambe le pratiche comunque non sono in grado di fermare il progressivo peggioramento uditivo anche in quei pazienti che vengono trattati chirurgicamente e destinati perciò ad una protesizzazione acustica bilaterale”.

– Quanto è importante che venga accolto questo disegno di legge per tutti coloro che soffrono della Sindrome di Ménière?

“E’ importantissimo. Ogni volta che si tratta di patologie in assenza di manifestazione clinica evidente è difficile seguire l’evoluzione. Di certo l’ipoacussia, la vertigine e l’acufene è associati insieme sono estremamente invalidanti. Già uno solo di questi rende la vita peggiore. Alla luce di tutto questo è chiaro che la Ménière deve essere riconosciuta come una sindrome severa e invalidante. E’ importante che la comunità se ne faccia carico per offrire, tramite il Ssn, servizi gratuiti a questi pazienti. Il problema, infine, è che tutti i farmaci usati nel trattamento sono in fascia C, cioè completamente a carico del malato, così come gli esami diagnostici che non sono coperti da esenzione. Questa- conclude Attanasio- darebbe la possibilità di sottoporre il paziente ad esami più costanti monitorando meglio il decorso della malattia”.

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