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Khalifa, l’attivista libica: “Difficile credere a Berlino”

Asma Khalifa, ricercatrice e attivista, spiega che molti libici si sentono distanti dai negoziati: “Quant’è difficile credere a Berlino”

Asma Khalifa, ricercatrice e attivista, spiega che molti libici si sentono distanti dai negoziati: “Quant’è difficile credere a Berlino”

“Fallito il tentativo di Russia e Turchia, gli europei potrebbero avere un ruolo più importante, ma il Processo di Berlino resta opaco, imposto dall’alto e imperniato su attori inaffidabili“: Asma Khalifa, 29 anni, ricercatrice e attivista libica per le donne amazigh, parla con l’agenzia Dire dalla Germania a due giorni dalla Conferenza. La prima domanda riguarda le sue aspettative in vista degli incontri di domenica. La cancelliera Angela Merkel ha invitato i rappresentanti di Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Italia, Unione Europea, Nazioni Unite, Lega Araba, Unione Africana, Repubblica del Congo, Algeria, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Turchia. Molte attese sono però legate alla partecipazione dei due rivali del conflitto in Libia, il primo ministro tripolino Fayez Al-Serraj e il generale Khalifa Haftar, alle guida delle forze con base in Cirenaica e nei distretti dell’est.

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Secondo l’attivista, che sta completando un dottorato di ricerca presso il German Institute of Global and Area Studies, molti libici si sentono “distanti” dai negoziati di Berlino. “C’è sconcerto per il mancato invito alla Tunisia, un Paese vicino che ha un ruolo importante, e lo stesso vale per l’Olanda, un donatore di rilievo in questi anni” sottolinea Khalifa. “Preoccupa poi l’affidamento che viene fatto su Paesi coinvolti in Libia in modo problematico e su personaggi come Al-Serraj e Haftar, che non controllano tutte le catene di comando e hanno dimostrato appieno la propria inaffidabilità”. Sperare, però, si deve. Khalifa lo sottolinea ricordando che a Tripoli gli sfollati a causa dei combattimenti cominciati ad aprile sono oltre 200mila e che solo un accordo internazionale consentirà la tenuta di un cessate il fuoco, messo quotidianamente a rischio ancora in questi giorni da “schermaglie e saccheggi”.

UNICEF denuncia violenze

I bambini in Libia, anche quelli rifugiati e migranti, continuano a soffrire gravemente fra le violenze e il caos scatenati dalla lunga guerra civile del paese. Da aprile dello scorso anno, quando le ostilità sono scoppiate a Tripoli e in Libia occidentale, le condizioni per migliaia di bambini e civili sono ulteriormente deteriorate. Attacchi indiscriminati in aree popolate hanno causato centinaia di morti e l’UNICEF ha ricevuto notizie di bambini uccisi o mutilati. I bambini vengono anche reclutati nei combattimenti. Intanto, oltre 150.000 persone, 90.000 delle quali bambini, sono state costrette a fuggire dalle proprie case e sono attualmente sfollati interni.

Sono state attaccate anche infrastrutture da cui dipendono i bambini per il loro benessere e la loro sopravvivenza. Circa 30 strutture sanitarie sono state danneggiate nei combattimenti, 13 sono state costrette a chiudere. Gli attacchi contro le scuole e le minacce di violenza hanno portato a chiusure e lasciato circa 200.000 bambini fuori da scuola. Il sistema idrico è stato attaccato e il sistema di gestione dei rifiuti è praticamente collassato, aumentando notevolmente il rischio di malattie legate all’acqua, fra cui il colera.

Anche i 60.000 bambini rifugiati e migranti attualmente nelle aree urbane sono estremamente vulnerabili, soprattutto i 15.000 non accompagnati e coloro che sono trattenuti nei centri di detenzione. Questi bambini avevano già accesso limitato a servizi essenziali e di protezione, quindi l’intensificazione dei conflitti ha solo amplificato i rischi che corrono.

L’UNICEF e i partner sono sul campo fornendo ai bambini colpiti e alle famiglie supporto nell’accesso all’assistenza sanitaria e a nutrizione, protezione, istruzione, acqua e servizi igienico-sanitari. Stiamo inoltre raggiungendo i bambini rifugiati e migranti con assistenza, anche per coloro che sono  trattenuti nei centri di detenzione. Purtroppo, gli attacchi contro la popolazione e le infrastrutture, e quelli contro il personale umanitario e sanitario, stanno cercando di minare gli sforzi umanitari.

Oggi i bambini in Libia si trovano in una situazione terribile e insostenibile, che il resto del mondo dovrebbe trovare inaccettabile. Chiediamo con urgenza a tutte le parti in conflitto e a coloro che esercitano influenza su di loro di proteggere i bambini, di porre fine al reclutamento e all’utilizzo dei bambini, di cessare gli attacchi contro le infrastrutture civili e di consentire un accesso umanitario sicuro e senza ostacoli ai bambini e alle persone in difficoltà. Chiediamo inoltre alle autorità libiche di porre fine alla detenzione dei bambini migranti e rifugiati e di perseguire attivamente alternative sicure e dignitose alla detenzione.

In vista del previsto Summit di Pace a Berlino, in Germania, questa domenica, chiediamo alle parti in conflitto e a coloro che esercitano influenza su di loro di raggiungere urgentemente un accordo di pace completo e duraturo per il bene di ogni singolo bambino in Libia”.

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