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Estetica: nel 2020 più attenzione al terzo inferiore del viso

Chirurgia estetica: l’ultima tendenza, secondo gli esperti, sono guance scavate e zigomi pronunciati, per un effetto "celebrity"

Anche le mamme e le suocere si rivolgono al chirurgo

Il nuovo anno segna una nuova tendenza nell’estetica: dalla zona degli occhi, l’attenzione si sposta nel terzo inferiore del volto

Passa dalla linea della mandibola, dal mento e dalla parte bassa delle guance la nuova percezione dell’invecchiamento. I campanelli d’allarme sul passare del tempo arrivano dal terzo inferiore del volto, come viene indicata questa area del viso. Dopo anni di interesse concentrati quasi esclusivamente sulla zona degli occhi, l’attenzione si è spostata: «Le richieste di intervento sono in costante aumento», afferma Patrizia Gilardino, chirurgo estetico di Milano. «Sono richieste dettate dal fatto che proprio in questa zona la lassità e lo svuotamento dei tessuti modificano la linea del volto, alterando quell’equilibrio capace di dare armonia al viso».

Contrariamente al terzo superiore, che comprende occhi e fronte, il terzo inferiore del viso è però un’area particolarmente delicata per conformazione e per capacità di definire il volto nel suo complesso. «Sono diverse le variabili delicate da prendere in considerazione e che concorrono sulla qualità dei risultati: dall’anatomia all’età fino alla qualità dei tessuti. Inoltre non ci sono trattamenti specifici: ogni situazione deve essere attentamente valutata», precisa Gilardino. «La soluzione ottimale è quella chirurgica: il lifting permette di intervenire in modo definitivo nel riposizionare i tessuti. Si tratta sempre di un intervento invasivo, con tempi di decorso post-operatorio di alcune settimane. E non tutti sono disposti ad affrontare un percorso così lungo».
Strade più “soft” (e veloci) ci sono. Spiega: «La medicina estetica viene incontro con soluzioni differenti per impatto e durata: pur condividendo una mini invasività che non richiede particolari tempi di recupero, sono trattamenti che consentono di non cambiare le proprie abitudini quotidiane. Però hanno necessità di un mantenimento nel tempo».

Alla base di tutti i trattamenti per il terzo inferiore del viso, il principio è uno solo: «Attivare il processo di produzione di collagene per fare in modo che la pelle, rassodandosi, possa risollevarsi attenuando il senso di “caduta”. La scelta del trattamento più indicato dipende da caso a caso. Nelle situazioni maggiormente compromesse, per ottenere un risultato visibile più facilmente occorrerà optare per le soluzioni un pochino più invasive». Tra queste ultime ci sono i fili biorivitalizzanti. «Sono fili riassorbibili che vengono inseriti sottocute attraverso dei sottilissimi aghi e permettono la rigenerazione dei tessuti rendendo la pelle più tonica e giovane. Nonostante il nome, l’effetto non è tanto legato alla tensione o alla trazione di questi particolari fili, ma alla loro stessa presenza. Sono infatti in PDO, ovvero polidiossanone, una sostanza già largamente usata in medicina che ha importanti proprietà rigenerative e di stimolazione cutanea». Unica controindicazione, il leggero gonfiore che si può presentarsi dopo il trattamento.

La tecnologia Hifu può offrire una valida alternativa. «Usiamo in questo caso gli ultrasuoni focalizzati che permettono di agire in profondità per una ridensificazione del derma ottenendo un aumento del tono dei tessuti. Il risultato è un effetto lifting sull’area trattata», precisa la specialista. Utili anche le onde d’urto, in abbinamento a maschere lenitive e protettive. «Sono una soluzione a bassissimo impatto, un trattamento consolidato in medicina estetica per la capacità di ringiovanire la pelle attraverso un rigenerativo che restituisce tonicità alla pelle». Sul fronte laser, «si può ricorrere a quello frazionato che, pur non essendo specifico per il terzo inferiore del volto, è in grado di restituire un effetto “mini-lifting”».

Non certo ultimi, gli iniettabili. Ma, più che di un trattamento, la specialista preferisce definirli «un intervento di camouflage. I filler non permettono di agire in profondità, ma possono servire nell’attenuare l’effetto “caduta” della pelle andando a ridisegnare l’ovale del volto».

Come in tutte le situazioni, è importante valutare bene la situazione di partenza per intraprendere il percorso più adatto. Sottolinea Gilardino: «In ogni caso non bisogna avere fretta: dato che questi trattamenti mirano ad una stimolazione del collagene per ridensificare la cute, i risultati effettivi si avranno a distanza di alcune settimane. Per il mantenimento, a seconda del trattamento indicato, vengono consigliate una o due sedute all’anno».

Patrizia Gilardino – profilo professionale. Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Milano nel 1988, Patrizia Gilardino si è specializzata nella Scuola di Chirurgia Plastica Ricostruttiva dell’Università degli Studi di Milano nel 1993. Iscritta all’Ordine dei Medici di Milano dal 1989, ha lavorato fino al 2003 all’Unità Funzionale di Chirurgia Plastica dell’Ospedale Multimedica di Sesto San Giovanni. Esercita la libera professione al Poliambulatorio della Guardia di Finanza di Milano, al Centro Dermatologico Europeo, nel proprio studio di via Colonna a Milano e nello studio di via Colombo 44 a Piacenza. È membro della Società di verifica e controllo di qualità e della Società americana di chirurgia plastica. È socio Sicpre (Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica) ed è iscritta all’Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe) www.gilardinochirurgiaestetica.eu.

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