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Microverdure italiane per gli astronauti nello spazio

Il Microcosmo di ENEA e FOS SpA, simulatore di campo per coltivare su terra al chiuso piante anche legnose, arriva al Nord Italia

ENEA ha brevettato e realizzato presso il Centro Ricerche di Portici il primo microcosmo per la coltivazione al chiuso e in ambienti estremi di piante come olivo, patata, pomodoro, lattuga e basilico, utilizzando comunque la terra.

Gli astronauti destinati a raggiungere la Luna o Marte mangeranno le microverdure nate in Italia grazie al progetto HortSpace

Tra le sfide dei viaggi spaziali del futuro c’è anche quella dell’alimentazione: gli astronauti destinati a raggiungere la Luna o Marte avranno bisogno di soluzioni intelligenti, che permettano loro di nutrirsi in maniera sana di cibi facilmente coltivabili in spazi ristretti.

Il menu dei pionieri della nuova era spaziale potrebbe essere arricchito con microverdure nate in Italia. Grazie al progetto HortSpace, curato da Enea in collaborazione con l’Agenzia spaziale italiana (Asi), è allo studio un orto ‘intelligente’, pronto alla sfida di viaggi interplanetari. Tra le sue caratteristiche, anche quella di poter essere stampato in 3D direttamente in orbita.

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Ne abbiamo parlato con i ricercatori di Enea, in mostra alla Fiera di Roma durante la tre giorni di Nse New Space Economy European Expoforum.

“Quello alle mie spalle potrebbe essere il cibo degli astronauti del futuro in una colonia sulla Luna o su Marte, dove potrebbero costruire un orto di questo genere per coltivare microverdure, cioè piante con crescita breve – raccolte a 15 giorni dalla semina, con valori nutizionali molto alti. Saranno così utilizzate come integratore alimentare fresco”, spiega all’Agenzia di stampa Dire (www.dire.it) Giulio Metelli, dottorando dell’Università della Tuscia e borsista Enea.

L’orto portatile sarà piccolo e compatto, magari stampato e assemblato in volo. Ma quali microverdure faranno crescere?

“Le microverdure possono essere quasi tutte le specie che conosciamo, broccolo, cavolfiore, ravanello. Non le solanacee, però: pomodori, patate, peperoni, melanzane non le possiamo coltivare: nello stadio di microverdura la concentrazione di solanina è tossica”.

Sono state assaggiate?

”Sì, certo. Sono molto buone e saporite. Piccole, concentrate nel gusto e nelle sostanze nutritive”.

Per costruire un orto spaziale bisogna lavorare su alcuni problemi tecnici.

“L’orto spaziale è una struttura per coltivare pianti in ambienti estremi, come quello, appunto dello Spazio, dove non abbiamo risorse come luce, gravità e suolo. Per la gravità il problema è delle piante, dobbiamo studiare come reagiscono. Per la luce usiamo lampade al led con frequenze usate per la fotosintesi. Per il suolo abbiamo un substrato in cui piante attecchiscono con radici e il resto è in idroponia, con l’acqua”.

Quali sono le maggiori difficoltà?

“Le maggiori difficoltà sono capire quale è la miglior tesi di luce, la miglior frequenza radiativa da dare alle piante: dare troppo o poca luce significa stressarle. Consumerebbero le sostanze nutritive per difendersi dall’ambiente esterno e, quindi, non sarebbero assimilate dalle persone”.

Durante la tre giorni a Fiera di Roma è intervenuta anche l’astronauta italiana del corpo Esa Samantha Cristoforetti. A proposito dei viaggi spaziali verso Luna e Marte ha dato al pubblico delle indicazioni molto chiare. Stabilità psicologica e capacità di adattamento sociale sono le caratteristiche principali di cui avrà bisogno la prossima generazione di astronauti. Oltre a queste caratteristiche ‘spirituali’, Astro Samantha suggerisce anche agli aspiranti astronauti di “imparare a lavorare con le mani, sviluppando capacità meccaniche più che scientifiche”. Infine, necessaria è un’altra dote: “Bisogna avere un grande sense of humour, se non ci si diverte non si va su Marte”. 

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