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Epatite C: glecaprevir e pibrentasvir guariscono in 2 mesi

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Epatite C: con glecaprevir e pibrentasvir guarigione in 8 settimane anche in caso di cirrosi secondo un nuovo studio presentato a Boston durante il Liver Meeting 2019

Gli antivirali ad azione diretta hanno cambiato la storia dell’infezione da HCV; grazie ad essi i pazienti possono guarire completamente in solo 8 settimane anche se cirrotici. E’ quanto mostrano i risultati di uno studio sulla combinazione di glecaprevir e pibrentasvir presentato pochi giorni fa a Boston durante il Liver Meeting 2019, congresso dell’American Association for the Study of the Liver.

I dati dello studio presentato da Brown et al parlano chiaro, nei pazienti naïve al trattamento con cirrosi compensata, il trattamento con glecaprevir/pibrentasvir per 8 settimane è associato ad alti tassi di SVR12 (≥97,7%), che hanno superato le soglie SVR12 storiche predefinite per il trattamento con G/P per 12 settimane per tutti i genotipi.

G/P, inoltre, è stato ben tollerato, senza nuovi segnali di sicurezza.

Sulla base dei risultati di questo studio, la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha approvato l’uso di G/P per 8 settimane in pazienti naïve al trattamento con HCV GT1–6 cronico e cirrosi compensata.

Ma andiamo allo studio. All’inizio il trial, denominato EXPEDITON-8, è stato disegnato per valutare efficacia e sicurezza di glecaprevir/pibrentasvir per 8 settimane su pazienti senza cirrosi e 12 settimane in quelli con cirrosi compensata per un totale di 270 persone. I risultati di questa prima valutazione hanno mostrato il raggiungimento della SVR da parte del 100% dei partecipanti.

Per tale motivo lo studio è stato modificato considerando 8 settimane di terapia anche per i pazienti cirrotici ed includendo anche pazienti con genotipo 3 (60 persone), anch’essi inizialmente esclusi.

Lo studio di fase 3, multicentrico prevedeva la somministrazione orale giornaliera di G/P 300 mg/120 mg per 8 settimane.
La presenza di cirrosi nei pazienti era stata confermata attraverso la biopsia epatica e il fibroscan.
I pazienti dovevano inoltre avere livelli dell’RNA dell’HCV pari o superiori a 1000 IU/mL, e uno score Child-Pugh di 5 o 6. Inoltre, sono stati esclusi casi di carcinoma epatocellulare.

Il 63% dei pazienti era maschio, l’83% era bianco, il 67% aveva GT1 e il 18% aveva GT3.

Sono state soddisfatte tutte le analisi degli obiettivi di efficacia primaria e secondaria. L’SVR è stata raggiunta dal 98-100% della popolazione considerata senza fallimenti virologici durante il trattamento.

Un paziente con infezione da GT3a ha avuto una ricaduta alla settimana 4 post-trattamento; questo soggetto non presentava polimorfismi basali in NS3 o NS5A, ma sono stati rilevati al momento del fallimento polimorfismi in A30K e Y93H in NS5A emergenti dal trattamento; in tale paziente non sono stati rilevati  RAS emergenti dal trattamento in NS3.

Il paziente aveva una storia medica rilevante di pancreatite cronica, reflusso duodenale-gastrico e colecistectomia, nonché concentrazioni plasmatiche minime osservate di G/P che erano numericamente inferiori durante il periodo di trattamento rispetto alla mediana delle concentrazioni minime in tutti i pazienti con infezione da GT3 con cirrosi compensata, nonché nei pazienti con infezione da altri genotipi.

Un paziente con GT1 ha interrotto la terapia prima della settimana 8 (perso al follow-up); 6 pazienti (4 GT1, 2 GT3) avevano dati SVR12 mancanti.

Le percentuali di SVR12 erano analogamente elevate tra i vari genotipi di HCV.

Nei pazienti con HCV GT3, i tassi di SVR12 erano del 98,4% nella popolazione per protocol e del 95,2% nella popolazione intention to treat.

I polimorfismi basali in NS3 e/o NS5A non hanno avuto alcun impatto sull’esito del trattamento e tutti i pazienti con infezione da GT3 con A30K o Y93H al basale hanno raggiunto l’SVR12.

Gli eventi avversi (AE) erano generalmente di grado 1 di gravità (63%). Nel 5% dei pazienti si sono verificati: affaticamento (9%), prurito (8%), mal di testa (8%) e nausea (6%).
Complessivamente, il 2% dei pazienti ha riportato eventi avversi gravi, nessuno dei quali è stato considerato correlato al G/P.

Nessun paziente ha interrotto a causa di un AE e non sono state osservate tossicità epatiche correlate a G/P o lesioni epatiche indotte da farmaci.

Un paziente con una storia medica di nefropatia diabetica e ascite moderata nello screening è stato arruolato come violazione del protocollo e ha avuto un evento non grave di peggioramento dell’ascite (grado 1) il giorno 8, che era in corso alla fine dello studio. Questo evento non è stato considerato correlato alla terapia e il paziente ha completato il trattamento e raggiunto l’SVR12.

Non sono stati identificati casi post-basali di carcinoma epatocellulare.

In conclusione, come evidenziano gli autori dello studio, la disponibilità di un regime pangenotipico di 8 settimane per tutti i pazienti con infezione da HCV, naive al trattamento indipendentemente dallo stato della cirrosi può semplificare il percorso di cura dell’HCV, favorendo i progressi verso l’eliminazione di questa infezione.

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