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Epilessia e autismo hanno un gene alterato in comune

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Epilessia: uno studio di Fase III condotto per valutare l'uso di pregabalin come terapia aggiuntiva per pazienti di età compresa tra i 5 e i 65 anni con crisi tonico-cloniche generalizzate primarie (PGTC) non ha raggiunto il suo end point primario

Scoperto un gene alterato comune in pazienti affetti da autismo ed epilessia: i risultati da una ricerca del Cnr finanziata da Fondazione Telethon e pubblicata su Human Molecular Genetics

Le malattie genetiche dello sviluppo del cervello, dalle encefalopatie epilettiche ai disturbi nello spettro autistico, sono un insieme di patologie diverse che tuttavia condividono una serie di segni clinici comuni che vanno dai disturbi nell’apprendimento a quelli del comportamento. Ora uno studio coordinato da Maria Giuseppina Miano, ricercatrice dell’Istituto di genetica e biofisica Adriano Buzzati-Traverso del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igb) di Napoli, ha identificato un legame anche genetico tra questi disturbi: un percorso in cui vie molecolari diverse arrivano a una stessa molecola bersaglio, che risponde con una specifica reazione.

La ricerca del Cnr-Igb ha individuato gli effetti dei danni che tale via di convergenza genetica manifesta in alcune forme di malattie del neurosviluppo e ha sperimentato un possibile intervento farmacologico, rivelatosi efficace in modelli di patologia generati in laboratorio. A questo risultato si è arrivati studiando il gene bersaglio Kdm5c, le cui mutazioni sono responsabili di uno spettro di patologie neurologiche pediatriche, quali disabilità intellettiva, epilessia e autismo. Questo gene codifica un regolatore della condensazione della cromatina, complesso di proteine e Dna in cui è organizzato il genoma. La ricerca, finanziata da Fondazione Telethon, è stata pubblicata su ‘Human Molecular Genetics’.

“Il nostro studio ha dimostrato che mutazioni in geni regolatori dell’espressione del gene Kdm5c, anch’essi coinvolti in disturbi del neurosviluppo, innescano una serie di difetti a carico di geni che esercitano un ruolo chiave nella fase di maturazione del cervello – spiega Miano – Grazie a questa ricerca oggi sappiamo che diversi geni neuronali, finora ritenuti responsabili di patologie distinte, fanno parte di uno stesso network molecolare all’interno del quale il gene Kdm5c funziona da collegamento genetico”.

Ma la ricerca ha portato anche ad altri risultati: “Abbiamo dimostrato, attraverso l’utilizzo di modelli cellulari e animali, che il gene è una molecola che può cioè essere agganciata da un farmaco che ne corregge la ridotta espressione – prosegue la ricercatrice – Grazie alla collaborazione con il collega Elia Di Schiavi dell’Istituto di bioscienze e biorisorse (Cnr-Ibbr), è stato possibile ‘ricreare’ il difetto a carico del gene Kdm5c nel Caenorhabditis elegans, un piccolo animale invertebrato che, sebbene sia molto distante dall’uomo, possiede geni con una funzione simile. In particolare, siamo riusciti a dimostrare che utilizzando l’acido idrossamico suberoilanilide è possibile correggere il ridotto dosaggio di Kdm5c, recuperando così funzioni che sono alla base dei processi di maturazione di classi di neuroni danneggiati in molti disturbi del neurosviluppo”.

Lo studio apre dunque nuove prospettive alla comprensione del malfunzionamento dei network genetici convergenti, e consente per la prima volta di definire il ruolo di un marcatore-malattia adatto allo sviluppo di terapie di precisione dirette a colpire specifiche funzioni danneggiate.

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