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Furto di magliette: Marco Carta assolto

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Marco Carta assolto per il furto delle magliette: il cantante in lacrime dopo la sentenza che pone fine all’incubo

Finito l’incubo per Marco Carta. Il vincitore di Amici 2008 è stato assolto dal giudice di Milano per l’accusa di furto di sei magliette, del valore di 1.200 euro, lo scorso 31 maggio alla Rinascente della città meneghina. Il pm Nicola Rossato, come riferisce l’Agenzia Dire Giovani (www.diregiovani.it) aveva chiesto per il cantante 8 mesi di carcere e una multa di 400 euro. Carta non era presente alla sentenza. A comunicargli la notizia dell’assoluzione è stato il suo difensore Ciro Simone Giordano al telefono. “Oddio grazie!“, queste le prime parole dell’artista in lacrime.

Poco più di un mese fa Marco Carta aveva chiesto essere processato con rito abbreviato. Il cantante era stato assolto dall’accusa di furto aggravato: nel corso del processo per direttissima, il giudice aveva stabilito la sua ‘totale estraneità’ ai fatti.

Classe 1985, il cantante Marco Carta è diventato famoso grazie alla vittoria nel talent di Maria De Filippi, Amici. Da qui le partecipazioni a Sanremo, che ha vinto nel 2009 con il brano ‘La forza mia’, e a Tale e Quale Show nel 2017.

Subito dopo i fatti contestati davanti alle telecamere di Live – Non è la d’Urso, aveva raccontato a Barbara d’Urso la verità sulle accuse di furto: “Vorrei essere me stesso ma è difficile quando sei in un manicomio dimostrare che non sei pazzo. Ero con una mia amica che conosco da molto tempo, avevo comprato alcune cose e avevo una busta con lo scontrino. All’uscita è suonato l’anti-taccheggio ed è arriva la vigilanza che ci ha controllato. Poi ci hanno chiesto di seguirli, ad un certo punto ho visto che dalla borsa tiravano fuori queste magliette. E’ arrivata la polizia. Io ero sconcertato, allibito non ci credevo ed ho chiesto alla mia amica: ‘Cosa succede?’ Lei non mi ha detto niente. Eravamo in una stanza con diverse persone che ci facevano delle domande, ma essendo tanto scosso non ho ricordi lucidi e non solo di quel giorno ma anche dei giorni a seguire. Mi ripetevo: ‘Sei una brava persona’ e ho capito chenon mi ero mai definito così. Io sono tutto tranne quello che mi hanno detto, ossia un ladro. Hanno perquisito tutte le cose a me non hanno trovato nulla a lei le magliette. A quel punto loro hanno detto di seguirli perché ci stavano arrestando. Ci hanno separati ed accompagnati con due macchine della polizia dentro una sorta di carcere. Io ero in una cella io facevo avanti e indietro perché mi sentivo un animale in gabbia. Volevo chiamare il mio fidanzato perché quella sera avevo anche una cena. Lui non ha più saputo niente di me fino all’una di notte. Mi hanno detto che ero stato arrestato e non potevo sentire nessuno se non un avvocato. Sinceramente dell’avvocato non mi interessava io volevo sentire la mia famiglia. Sono rimasto in cella fino alle quattro e mezza del mattina, fino a che non è arrivata una poliziotta molto gentile che mi ha detto di stare tranquillo che da lì a poco sarei tornato a casa. Ero scioccato e fuori di me, e pensavo in continuazione alla mia famiglia. Questa poliziotta mi ha detto che il giorno dopo ci sarebbe stato un processo. Gli ho chiesto se poteva chiamare il mio fidanzato e lei lo avvertito. Poi mi hanno accompagnato a casa sempre con una macchina della polizia. La mattina dopo alle otto è arrivata la macchina della polizia a prendermi per il processo che è stato molto lungo perché il giudice è stato molto scrupoloso e non ha trovato prove della dichiarazione dell’addetto alla sicurezza”.

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