Site icon Corriere Nazionale

Carcinoma epatocellulare: atezolizumab prolunga sopravvivenza

L'epatite autoimmune colpisce soprattutto le donne: sono oltre il 70% dei pazienti. La prima fase della malattia è generalmente senza sintomi

Carcinoma epatocellulare avanzato: atezolizumab in combinazione con bevacizumab è superiore all’attuale standard di cura, sorafenib, e prolunga la sopravvivenza

Doppio successo per atezolizumab nei pazienti affetti da carcinoma epatocellulare avanzato. Il farmaco immunoterapico di Roche, in combinazione con bevacizumab, non solo ha dimostrato di essere superiore all’attuale standard di cura, sorafenib, nel bloccare la progressione del tumore in pazienti non trattati in precedenza, ma li ha anche aiutati a vivere più a lungo.

I dettagli dello studio, chiamato Imbrave150, sono ancora in fase di elaborazione, e Roche ha in programma di renderli noti in un prossimo convegno medico. Nel frattempo, tuttavia, l’azienda presenterà i dati alle autorità regolatorie di tutto il mondo, comprese quelle di Stati Uniti, Europa e Cina.

Arrivato sulla scena dell’immunoterapia dopo pembrolizumab, nivolumab e ipilimumab, l’inibitore di PD-L1 atezolizumab è il primo farmaco della sua classe a fornire dati di fase III che dimostrano come il farmaco possa sia di tenere a bada il carcinoma epatocellulare sia prolungare la sopravvivenza. Medici e payors considerano la sopravvivenza globale il gold standard per i farmaci antitumorali e, sebbene le autorità regolatorie talvolta diano un via libera condizionato anche senza questo dato, lo richiedono in un secondo tempo per confermare queste decisioni.

Il carcinoma epatocellulare avanzato è un tumore caratterizzato da un elevato bisogno medico non soddisfatto. L’inibitore multichinasico sorafenib rimane per ora lo standard di cura in prima linea nonostante le notevoli tossicità. L’inibizione del checkpoint immunitario PD-L1/PD-1 o del VEGF da parte di un singolo agente ha dimostrato di avere un’attività modesta nel carcinoma epatocellulare.

Tuttavia, in un recente studio di fase Ib (Lee, ESMO-Asia, 2018), si è osservato un tasso di risposta del 61%, con un profilo di sicurezza gestibile, in pazienti trattati con la combinazione di atezolizumab (anti-PD-L1) e bevacizumab (anti-VEGF). Questi risultati sono coerenti con l’ipotesi che bevacizumab, se somministrato con atezolizumab, possa migliorare ulteriormente l’efficacia dell’immunoterapicoi invertendo l’immunosoppressione mediata dal VEGF e stimolando l’infiltrazione delle cellule T nel tumore. Il beneficio clinico offerto da atezolizumab più bevacizumab è stato osservato anche in studi di fase 3 su pazienti con carcinoma a cellule renali in prima linea e carcinoma polmonare non a cellule piccole.

IMbrave150 è uno studio di multicentrico internazionale di fase III, randomizzato, in aperto, che ha arruolato pazienti con carcinoma epatocellulare localmente avanzato o metastatico e/o non resecabile. I pazienti arruolati non erano ancora stati sottoposti ad alcuna terapia sistemica per il carcinoma epatocellulare, avevano una o più lesioni non trattate misurabili (secondo i criteri RECIST v1.1), una funzione epatica di classe A Child-Pugh e un performance status ECOG pari a 0 o 1. I partecipanti sono stati trattati con atezolizumab più bevacizumab oppure con sorafenib.

Roche non ha ancora reso noti i dettagli dello studio, ma ha fatto sapere che i pazienti trattati con la combinazione dei due anticorpi hanno ottenuto “miglioramenti statisticamente significativi e clinicamente rilevanti” nella sopravvivenza globale (OS) e nella sopravvivenza libera da progressione (PFS).

Se approvata, la combinazione atezolizumab-bevacizumab sarà la prima terapia disponibile capace di prolungare la sopravvivenza nel trattamento di prima linea del carcinoma epatocellulare dopo più di un decennio, ha dichiarato il nuovo direttore medico di Roche, Levi Garraway, che ha preso il posto di Sandra Horning l’1 ottobre. L’anno scorso, la Food and Dug Administration ha concesso a questa combinazione la revisione prioritaria come trattamento per il carcinoma epatocellulare.

“Presenteremo questi dati alle autorità sanitarie globali il più presto possibile”, ha detto Garraway. “La nostra speranza è di portare un nuovo trattamento alle persone con questa malattia aggressiva che attualmente hanno poche opzioni a disposizione”.

Tra i Paesi ai quali sarà presentata la domanda di approvazione vi è anche la Cina, si sottolinea nella nota di Roche, data l’alta incidenza del carcinoma epatico in Asia.
La combinazione atezolizumab più bevacizumab è considerata una parte centrale della sua strategia per guadagnare terreno sui leader della categoria, MSD e Bristol-Myers Squibb.

L’associazione dei due anticorpi è già stata approvata, in combinazione con la chemioterapia, come trattamento di prima linea per il carcinoma polmonare non a piccole cellule, con istologia non squamosa e senza mutazioni di EGFR o ALK, metastatico, e, nei pazienti EGFR-positivi o ALK-positivi, sempre in combinazione con la chemioterapia, dopo il fallimento di adeguate terapie a bersaglio molecolare, il che lo rende l’unico inibitore dei checkpoint immunitari in grado di competere con pembrolizumab in questo tipo di carcinoma polmonare.

Atezolizumab sta conquistando uno spazio importante anche in altri tumori, come il cancro al seno triplo-negativo e il carcinoma polmonare a piccole cellule in stadio esteso e Roche lo sta sviluppando altre per altre indicazioni come il carcinoma della vescica, come terapia di prima linea.

Exit mobile version