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Polmonite: nuovo test identifica rischio sepsi

L'identikit del candidato per l'inserimento nel programma ministeriale RISP (Rete Italiana Screening Polmonare). L'obiettivo è di coinvolgere oltre 7300 persone

Polmonite: un nuovo test, veloce ed economico, identifica i pazienti a rischio insufficienza respiratoria o sepsi

Uno studio iberico, presentato nel corso del congresso annuale dell’European Respiratory Society, ha identificato alcuni frammenti specifici di materiale genetico che sembrano avere un ruolo nello sviluppo di insufficienza respiratoria e sepsi in pazienti affetti da polmonite.

Nel presentare i risultati al congresso, il dr. Francisco Sanz (professore associato all”Università di Valencia, Spagna) ha dichiarato che tale scoperta potrebbe rendere possibile un rapido screening di questi marker biologici utile ai clinici, in concomitanza con l’ospedalizzazione di un paziente per polmonite, in quanto in grado di predire le possibili complicanze e fornire un supporto e un monitoraggio più intensivo.

Razionale e disegno dello studio
“La polmonite è un’infezione del tessuto polmonare sostenuta da virus e batteri, Le complicanze peggiori sono rappresentate dallo sviluppo di insufficienza respiratoria e di sepsi – ricorda il Dr. Sanz durante la presentazione dello studio -. Esistono alcune piccole molecole, chiamate microRNA, che sono frammenti di materiale genetico che regolano il comportamento dei geni, e  noi abbiamo dimostrato l’esistenza di microRNA specifici per ciascuna delle due complicanze summenzionate – insufficienza respiratoria o sepsi”.

Lo studio, osservazionale e prospettico, si è proposto l’obiettivo di studiare le correlazioni esistenti e il valore predittivo di profili di microRNA relativamente alla sepsi e all’insufficienza respiratoria ipossemica (AHRF:PaO2/FiO2<250).

A tal scopo, sono stati analizzati i dati clinici e i campioni ematici di 169 pazienti con polmonite comunitaria. I pazienti considerati per l’analisi avevano un’età media di 66,9 anni (IQR:55-78 anni) e presentavano, tra le comorbilità più frequenti, diabete (29%), Bpco (28,4%), aritmie (13,6%) e malattie cerebrovascolari (8,9%). Novantasette pazienti (57,4%) erano affetti da polmonite comunitaria severa (PSI IV-V).

I ricercatori hanno fatto ricorso ad una tecnica di amplificazione di acidi nucleici (PCR), normalmente utilizzata per fare copie di piccole sezioni di DNA, al fine di identificare i microRNA dei pazienti ospedalizzati.

Risultati principali
Dallo studio è emerso che 3 microRNA già noti per il loro coinvolgimento nei processi infiammatori polmonari e sistemici erano altrettanto efficaci nel predire sepsi o insufficienza respiratoria, Su 169 pazienti, 109 (pari al 64,5%) hanno sviluppato complicanze, con il 25,4% colpito da insufficienza respiratoria e il 13,6% da sepsi severa,

Nello specifico, è stato osservato che il microRNA 223 era un buon predittore dell’insorgenza di sepsi (78% di accuratezza), il microRNA 574 lo era per l’insorgenza di insufficienza respiratoria (77% di accuratezza), mentre il microRNA 182 era capace di predire efficacemente entrambe le condizioni (83% e 76%, rispettivamente).

Implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, il dr Sanz ha voluto sottolineare come “lo studio abbia migliorato la comprensione sui cambiamenti e i processi che hanno luogo nell’organismo in risposta alla polmonite attraverso l’identificazione di questi microRNA che determinano, in modo specifico, alcune complicanze, come la sepsi e l’insufficienza respiratoria”.

“Ciò – continua Sanz – ha implicazioni per la prognosi. Il ricorso a questi biomarker dovrebbe avvenire in concomitanza con l’ospedalizzazione dei pazienti, al fine di anticipare la predizione delle complicanze a cui vanno incontro. Una volta accertato che il paziente presenta un determinato profilo di microRNA, è possibile pensare ad un supporto più intensivo dei pazienti. Il test è di veloce esecuzione (i tempi stimati vanno da una a 3 ore), non è costoso e, last but not least, può essere eseguito con le tecniche attualmente in uso nella maggior parte degli ospedali”.

“Lo studio – conclude Sanz – è stato condotto in ambiente ospedaliero ma potrebbe rivelarsi utile anche nei pazienti dimessi. Inoltre, in ragione del range di età considerato, potrebbe trovare applicazione in tutte le fasce d’età, eccezion fatta per quella pediatrica”.

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