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Sclerosi multipla: ocrelizumab riduce progressione disabilità

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Sclerosi multipla: ocrelizumab riduce la progressione della disabilità. I risultati sono stati presentati al XXXV Congresso ECTRIMS

I dati a lungo termine sugli studi di estensione in aperto di fase III di OPERA I, OPERA II e ORATORIO dimostrano che le persone con SM trattate con ocrelizumab in modo continuativo per sei anni o più hanno avuto un ridotto rischio di progressione della disabilità nella SM recidivante (SMR) e nella SM primariamente progressiva (SMPP).  I risultati sono stati presentati al XXXV Congresso ECTRIMS (Comitato Europeo per il Trattamento e la Ricerca sulla Sclerosi Multipla) in corso in questi giorni a Stoccolma, in Svezia.

Questi risultati suggeriscono che il trattamento precoce con ocrelizumab riduce significativamente il rischio di progressione della disabilità e questo effetto è mantenuto nel tempo. Inoltre, sono stati annunciati i nuovi dati sulla sicurezza aggiornati a gennaio 2019 riguardanti 4.611 persone con SMR e SMPP e 14.329 anni-persona di esposizione a ocrelizumab, riguardanti tutti gli studi clinici in cui viene utilizzato; tali dati si mantengono coerenti con il profilo beneficio-rischio favorevole del farmaco.

“L’effetto delle terapie per la SM sulla progressione – non solo sulle recidive – è molto importante per aiutare a ridurre l’impatto della patologia sulla vita quotidiana delle persone con SM e delle loro famiglie”, afferma il professore Gavin Giovannoni, consulente di Neurologia presso la Barts and the London School of Medicine and Dentistry. “I dati su ocrelizumab presentati al Congresso ECTRIMS sottolineano che il vantaggio di ritardare, e possibilmente prevenire, la progressione della disabilità è maggiore quando si ricorre alla terapia in una fase più precoce della malattia, sia nella forma recidivante che primariamente progressiva della SM. Questi dati avvalorano l’idea secondo cui intervenire precocemente può proteggere cervello e midollo spinale”.

Nel periodo di Open Label Extension (OLE) di OPERA, la percentuale di persone con SMR con progressione della disabilità confermata (CDP) a 24 settimane è stata inferiore in quelli trattati con ocrelizumab in modo continuativo (per un periodo complessivo di sei anni) rispetto a quelli passati a ocrelizumab dopo due anni di trattamento con interferone beta-1a nel periodo in doppio cieco (per un totale di quattro anni con ocrelizumab) (19% vs. 24%; p<0,05).

Nel periodo OLE di ORATORIO, la percentuale di persone con SMPP con CDP a 24 settimane è stata inferiore in quelli trattati con ocrelizumab in modo continuativo per oltre sei anni e mezzo rispetto a quelli passati a ocrelizumab da placebo dopo il periodo in doppio cieco (52% vs. 65%; p=0,002). La progressione della disabilità degli arti superiori, misurata con il test dei nove pioli (9-HPT), si è ridotta significativamente nelle persone trattate in modo continuativo con ocrelizumab rispetto a quelli passati dal placebo (31% vs. 43%; p=0,004). I dati hanno anche dimostrato che la terapia precoce con ocrelizumab ha determinato una riduzione del 42% del rischio di dover ricorrere alla sedia a rotelle nelle persone con SMPP (scala di invalidità espansa EDSS≥7) in 6,5 anni rispetto alle persone che hanno iniziato il trattamento con ocrelizumab dopo il periodo in doppio cieco (p=0,0112).

Sono stati anche presentati i dati dello studio in aperto di fase IIIb CASTING, che valuta ocrelizumab nelle persone con SMRR che hanno avuto una risposta subottimale ad almeno sei mesi di trattamento con una o due altre terapie modificanti la malattia (DMT). Un’analisi ad interim dimostra che l’87% delle persone che sono passate a ocrelizumab non ha avuto evidenze di attività di malattia (NEDA) dopo 48 settimane di trattamento.

Una nuova analisi separata dello stesso studio dimostra che le persone con SM che sono passate da un’altra DMT a ocrelizumab hanno riferito maggiore soddisfazione con ocrelizumab dopo un anno di trattamento. Le persone hanno dimostrato soddisfazione generale e, in particolare, riguardo all’efficacia e agli effetti collaterali, come riferito nel questionario sulla soddisfazione del trattamento vII (TSQM vII).

Inoltre, i risultati di due studi di fase IIIb, il sottostudio CHORDS sulla SMRR e lo studio SaROD sulla SMPP e sulla SMR, dimostrano che le persone in terapia con ocrelizumab con un tempo di infusione ridotto non hanno avuto un rischio maggiore di reazioni avverse serie, gravi o pericolose per la vita. L’attuale tempo di infusione è di circa 3,5 ore e la maggior parte delle persone in questi studi ha completato le infusioni entro 2,5 ore. La frequenza delle somministrazioni è molto importante per le persone con SM e per il personale sanitario che li assiste e la frequenza di infusione di ocrelizumab una volta ogni sei mesi può migliorare l’esperienza generale con la terapia.

Oltre ai risultati complessivi sulla sicurezza, che si sono dimostrati coerenti con quanto osservato in precedenza, anche i nuovi dati su 267 gravidanze nelle donne con SM provenienti dagli studi clinici di ocrelizumab e dall’utilizzo nella pratica clinica sono in linea con le precedenti osservazioni; i casi revisionati fino a oggi non suggeriscono un aumento del rischio di esiti avversi della gravidanza in caso di esposizione accidentale al farmaco entro un anno dal concepimento o durante la gravidanza.

Ocrelizumab è la prima e unica terapia approvata sia per la SMR (compresa la SM recidivante-remittente (SMRR) e la SM secondariamente progressiva in forma attiva o recidivante, oltre alla sindrome clinicamente isolata negli Stati Uniti) che per la SMPP.

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