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Concorsi truccati all’università: interviene il MIUR

stock dei debiti commerciali di parte corrente della nostra Pubblica Amministrazione (PA) che ammonta, secondo le ultime stime, a 55,6 miliardi di euro concorsi pubblici

Operazione “Università Bandita” a Catania: il Ministero interviene dopo la notizia dei 27 concorsi truccati che ha coinvolto diversi atenei italiani

Appena appresa la notizia delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Catania e delle misure cautelari personali applicate su disposizione dell’Autorità giudiziaria, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha immediatamente avviato una verifica sull’eventuale presenza all’interno delle commissioni di abilitazione scientifica nazionale – o in qualsiasi altro tipo di collaborazione istituzionale con il MIUR – di docenti universitari coinvolti nel procedimento penale.

“All’esito degli accertamenti – spiega il dicastero in una nota – saranno adottati i necessari provvedimenti di sospensione di tali collaborazioni con il personale docente coinvolto nell’inchiesta. Il MIUR provvederà inoltre a richiedere all’Autorità giudiziaria catanese copia degli atti al momento ostensibili dell’indagine, al fine di costituirsi parte civile nel futuro giudizio penale”.

I FATTI

Concorsi truccati, assegnazioni di cattedre predeterminate a tavolino e ritorsioni nei confronti di chi non si adeguava al ‘sistema’. È  questa la realtà portata alla luce dall’inchiesta della Procura di Catania che ha portato alla sospensione del rettore dell’Università di Catania, Francesco Basile, e di altri nove docenti con posizioni apicali all’interno dei dipartimenti dell’ateneo.

Per loro è scattata una misura di interdizione dai pubblici uffici firmata dal gip su richiesta della Procura. Il ‘sistema’, secondo gli inquirenti, sarebbe stato messo in piedi dal precedente Rettore, Giaconomo Pignataro. Le indagini sulle irregolarità in ateneo sono state portate avanti dalla Digos.

Le ipotesi di reato sono associazione a delinquere e, a vario titolo, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, abuso d’ufficio e truffa aggravata.

Gli indagati per il caso dei concorsi truccati sono complessivamente 40, tutti docenti. Insegnano nelle università di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona. L’operazione eseguita dalla Digos è stata denominata ‘Università Bandita’ e ha consentito di accertare l’esistenza di 27 concorsi truccati: 17 per professore ordinario, quattro per professore associato e sei per ricercatore. Sono in corso 41 perquisizioni.

Oltre al rettore Basile, riferisce l’Agenzia Dire (www.dire.it) gli altri nove docenti dell’Università di Catania destinatari della misura interdittiva sono: Giacomo Pignataro, predecessore di Basile nel ruolo di rettore dell’ateneo; Giancarlo Magnano San Lio, prorettore dell’Università di Catania; Giuseppe Barone, ex direttore del dipartimento di Scienze politiche e sociali; Michela Maria Benedetta Cavallaro, direttore del dipartimento di Economia e impresa; Filippo Drago, direttore del dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche; Giovanni Gallo, direttore del dipartimento di Matematica e informatica; Carmelo Giovanni Monaco, direttore del dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali; Roberto Pennisi, direttore del dipartimento di Giurisprudenza; Giuseppe Sessa, presidente del coordinamento della facoltà di Medicina.

CONCORSI, BORSE STUDIO E CARRIERE PILOTATE

Una vera e propria “associazione a delinquere, con a capo il rettore Francesco Basile”. Questa la fotografia scattata dall’inchiesta sull’Università di Catania, che ha scoperchiato un sistema che sarebbe stato messo in piedi dal predecessore di Basile, Giacomo Pignataro, inserito nell’elenco dei docenti sospesi, finalizzato “ad alterare il naturale esito dei bandi di concorso”. Bandi che riguardavano gli assegni delle borse e dei dottorati di ricerca, l’assunzione del personale tecnico-amministrativo, la composizione degli organi statutari dell’Ateneo l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti. L’inchiesta parte da Catania ma si estende a numerosi atenei italiani i cui docenti, selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici, “si sono sempre preoccupati di non interferire sulla scelta del futuro vincitorecompiuta preventivamente – sostengono gli inquirenti – favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole”.

UN “CODICE SOMMERSO”

All’Università di Catania esisteva “un vero e proprio codice di comportamento sommerso”, secondo il quale gli esiti dei concorsi dovevano “essere predeterminati dai docenti interessati”, mentre “nessuno spazio” doveva essere lasciato a selezioni basate sul merito e “nessun ricorso amministrativo” poteva essere presentato contro le decisioni degli organi statutari. È quanto emerge dall’inchiesta che ha portato alla sospensione del rettore, Francesco Basile, e di altri nove docenti dell’ateneo etneo. Le regole del codice, secondo gli inquirenti, avevano “un preciso apparato sanzionatorio” e le violazioni venivano punite con ritardi nella progressione in carriera o “esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico”.

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