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Emofilia: aumenta il numero di pazienti in Italia

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L’emofilia è una malattia rara dovuta ad un difetto nella coagulazione del sangue

Emofilia: secondo il Rapporto 2017 del Registro Nazionale Coagulopatie Congenite sono 5.077 i pazienti in Italia. Il regime terapeutico più utilizzato per la forma grave è la terapia in profilassi

Continua ad aumentare, in Italia, la prevalenza dell’emofilia: dalle 6,8 persone su 100.000 nel 2016 alle 6,9 nel 2017. I dati sono quelli appena pubblicati, come ogni anno, dal Registro Nazionale Coagulopatie Congenite dell’Istituto Superiore di Sanità, relativi alla rilevazione del 2017. Il Registro è attivo dal 2005 nel rilevare sistematicamente le informazioni relative allo stato di salute dei pazienti affetti da emofilia, malattia di von Willebrand e altri disturbi più rari della coagulazione. I pazienti emofilici sono esattamente 5.077, ovvero 72 in più rispetto all’anno precedente, confermando un trend in salita già registrato nel penultimo Rapporto.

Il Registro è alimentato dai dati forniti dai medici specialisti che lavorano presso i 54 Centri Emofilia presenti sul territorio italiano (11 nel Nord-Ovest, 16 nel Nord-Est, 8 nel Centro, 14 nel Sud e 5 nelle Isole) e che, per la maggior parte, fanno parte dell’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE). I dati forniti riguardano non solo l’epidemiologia delle coagulopatie emorragiche ma anche le terapie, le relative complicanze e i consumi dei farmaci che si utilizzano per il trattamento dei pazienti.

Secondo gli ultimi dati, in Italia sono presenti un totale di 10.627 persone con malattie emorragiche congenite, di cui il 39,3% affetto da emofilia A, l’8,5% da emofilia B, il 31,7% da malattia di von Willebrand e il 20,5% da difetti di altri fattori della coagulazione. Fra tutti i soggetti analizzati, i pazienti con epatite C sono 1.525 e quelli HIV positivi risultano 246, ma nessun nuovo caso è stato segnalato negli ultimi trent’anni.

Se si punta l’attenzione solo sulla malattia emorragica più diffusa, si scopre che i pazienti affetti da emofilia A sono 4.179 e quelli con emofilia B sono 898. In base ai dati ISTAT sulla popolazione italiana, risulta così che la prevalenza per la prima è in leggero aumento (6,9/100.000 abitanti) e stabile per la seconda (1,5/100.000 abitanti).

Tra i pazienti bisogna fare una distinzione in base alla gravità della patologia: per l’emofilia A il 44,3% dei pazienti è rappresentato da individui con la forma grave (1.850), il 13,7% con la forma moderata (572) e il 42% con la forma lieve (1.757); per l’emofilia B il 35% dei pazienti è affetto dalla forma grave (314), il 21,2% dalla forma moderata (190) e il 43,9% dalla forma lieve (394).

La terapia elettiva è quella sostitutiva, che prevede la somministrazione al bisogno (on demand) in caso di sanguinamento in atto, o in profilassi, rivolta alla prevenzione dei sanguinamenti, di un concentrato di fattore VIII (FVIII) o IX (FIX), di derivazione plasmatica o ricombinante.

“Dai dati del Registro – spiega la responsabile, la dr.ssa Adele Giampaolo – risulta che il regime terapeutico più utilizzato per il trattamento dei pazienti affetti da emofilia grave è la terapia in profilassi, adottata nell’86,8% dei pazienti con emofilia A grave e nell’81,4% dei pazienti con emofilia B grave. La somministrazione a domanda del concentrato di fattore carente è invece il trattamento di scelta per le emofilie moderate e lievi”.

Nel 2017, il Fattore VIII utilizzato dai pazienti con emofilia A, calcolato sulla base dei piani terapeutici forniti dai Centri Emofilia, è stato di 476.900.000 Unità Internazionali (7,9 UI per abitante), per l’80,4% in forma ricombinante. Il consumo di Fattore IX utilizzato per l’emofilia B è stato invece di 57.400.000 UI (0,95 UI per abitante).

L’evento avverso più importante nel trattamento dei pazienti con emofilia consiste nello sviluppo di anticorpi anti-FVIII e anti-FIX. La presenza di questi inibitori rende inefficace il trattamento con la terapia sostitutiva convenzionale, con conseguente minor controllo degli episodi emorragici. “Nel 2017, 135 pazienti sono stati sottoposti ai trattamenti raccomandati in caso di inibitore; di questi l’85,2% è costituito da pazienti con emofilia A grave e il 7,4% da pazienti con emofilia B grave. Lo sviluppo degli anticorpi inibitori compromette la qualità della vita dei pazienti e ha un impatto significativo sulla loro gestione terapeutica, oltre a comportare un marcato aumento del costo della terapia”, prosegue la dr.ssa Giampaolo.

Grazie all’efficacia delle procedure di inattivazione virale dei farmaci di derivazione plasmatica e all’avvento dei prodotti ricombinanti, utilizzati nella terapia sostitutiva, si è praticamente azzerato il rischio che il trattamento provochi l’infezione da virus HIV e HCV (epatite C) nei pazienti emofilici. “I dati del Registro lo confermano”, conclude la responsabile del Registro. “Infatti i pazienti positivi all’epatite C presenti nella rilevazione 2017 sono 1.224 (di cui 169 positivi anche all’HIV), ma solo 5 nella popolazione pediatrica, e tutti di origine straniera, trattati con prodotti plasmatici nei loro Paesi di origine prima di essere seguiti presso i Centri Emofilia italiani”.

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