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Spondilite anchilosante: 8 anni per una diagnosi

Un anno di trattamento con abatacept ha impedito che l'artrite reumatoide passasse dallo stadio "preclinico" allo stadio "clinico" nella maggior parte dei pazienti

Solo l’artrite e l’artrosi interessano il 16% della popolazione italiana

Spondilite anchilosante, i dati preoccupanti del sondaggio EMAS: 8 anni per avere una diagnosi, 7 persone su 10 senza lavoro e disagio psicologico per oltre il 60% dei pazienti

Un percorso diagnostico-terapeutico complicato quello di chi soffre di spondilite anchilosante (SA)con continui rimandi dal medico di medicina generale, all’ortopedico, all’osteopata con passaggi anche dal neurologo prima di arrivare dal reumatologo e dare un nome alla propria condizione e trovare una cura efficace. Tanto, troppo tempo perso che porta a conseguenze che possono essere evitate. Oggi abbiamo anche una chiara indicazione temporale di questo ritardo che oscilla tra i 7 e gli 8 anni, come evidenziato dai risultati del sondaggio EMAS (European Map of Axial Spondyloarthritis) recentemente pubblicati sul Current Rheumatology Reports.

Si tratta del disegno della prima mappa europea della spondiloartrite assiale che oltre a indagare il ritardo della diagnosi descrive gli effetti fisici, psicologici e sociali auto-riferiti dai pazienti con spondiloartrite che comprende la forma radiografica (la spondilite anchilosante) e quella non radiografica (nr-axSpA).

Secondo questo sondaggio il 74,1% delle persone intervistate ha dichiarato di avere difficoltà a trovare un lavoro a causa della malattia, il 61,5% di aver sofferto di un disagio psicologico, con un rispondente su tre che ha manifestato ansia e/o depressione. I partecipanti hanno inoltre riferito di temere in particolare la progressione della malattia, la sofferenza o la perdita di mobilità.

“I risultati della mappa europea sulle spondilartriti offrono un quadro chiaro sullo status della malattia. Non conoscerla, non sapere della sua esistenza, porta a un ritardo nell’inizio del corretto percorso terapeutico che può avere conseguenze importanti e cambiare il corso della vita sociale, familiare, professionale”, ha dichiarato Antonella Celano, Presidente dell’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (APMAR), Associazione che ha contribuito per l’Italia a disegnare la mappa.

“Noi reumatologi siamo il corretto punto di arrivo di queste persone e purtroppo vediamo ancora molti pazienti che hanno sintomi tipici della malattia da diversi anni, che ne compromettono la qualità di vita. E’ necessario creare cultura attorno alla SA, anche attraverso la collaborazione dei medici di Medicina Generale, velocizzare il percorso diagnostico-terapeutico e ridurre così l’impatto della patologia sulla qualità di vita”, ha aggiunto Piercarlo Sarzi, Responsabile della Reumatologia dell’Ospedale Luigi Sacco a Milano. “Quando sono presenti mal di schiena costante, per più di tre mesi, con dolore particolarmente nelle ore notturne, e/o rigidità mattutina che migliora con il movimento, è bene rivolgersi a un reumatologo. Oggi grazie ai progressi della ricerca scientifica, i pazienti possono beneficiare di farmaci di nuova generazione che sono in grado di inibire efficacemente il processo infiammatorio di questa patologia”.

L’edizione di quest’anno della campagna “Sai se hai la SA? Scegli il tuo futuro”, promossa da Novartis, prevede di uscire in parte dalla Rete e dare ai cittadini l’opportunità di avere informazioni sulla spondilite anchilosante dalla figura professionale più consona, il reumatologo, nel luogo di riferimento della salute all’interno delle città: la farmacia.

“E’ partito proprio in questo periodo il progetto “Reumatologo in farmacia”, ulteriore capitolo di informazione della campagna SaichelaSA”, racconta Angela Bianchi, Country Head of Communications & Pharma Patient Advocacy Novartis. “Alcune farmacie italiane tra Lombardia, Piemonte, Lazio, Campania, Emilia Romagna e Sicilia metteranno a disposizione dei loro clienti uno specialista in reumatologia e materiale informativo specifico per rendere visibile questa patologia nascosta e accorciare i tempi di diagnosi e trattamento”.

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