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Artrite reumatoide: farmaci legati a rischio fratture

Un anno di trattamento con abatacept ha impedito che l'artrite reumatoide passasse dallo stadio "preclinico" allo stadio "clinico" nella maggior parte dei pazienti

Solo l’artrite e l’artrosi interessano il 16% della popolazione italiana

I farmaci utilizzati dai pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) possono influenzare, in modo statisticamente significativo, il rischio, già di per se stesso elevato, di fratture

I farmaci utilizzati dai pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) possono influenzare, in modo statisticamente significativo, il rischio, già di per se stesso elevato, di fratture (in senso positivo o negativo). Questo il messaggio proveniente da uno studio di recente pubblicazione sulla rivista ARD. Nello specifico, dallo studio è emerso che, mentre gli oppioidi e gli inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina (SSRI) peggiorano il rischio di frattura, i farmaci anti-TNF e le statine, invece, lo riducono.

I pazienti con artrite reumatoide mostrano, notoriamente, un rischio pressoché raddoppiato di osteoporosi (OP) e di fratture rispetto alla popolazione generale, ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro.

Inoltre, l’infiammazione cronica, l’inattività fisica e l’impiego di glucocorticoidi (GC), che mediano l’incremento del rischio di OP e di frattura, predispongono i pazienti con AR anche all’insorgenza di comorbilità (disturbi cardiometabolici, dell’umore, del sonno e gastrointestinali che, a loro volta, correlano con la disabilità e la mortalità associate alla malattia principale.

Esistono già in letteratura studi condotti nella popolazione generale che hanno riportato la capacità di alcuni farmaci di aumentare il rischio di frattura (dagli inibitori di pompa protonica agli SSRI, dalle benziodiazepine ai FANS e agli oppioidi.

Nell’AR, invece, fino ad ora esistevano solo studi limitati sull’effetto degli oppiodi (aumento del rischio di fratture vertebrali).

Per colmare questo gap, è stato implementato questo nuovo studio, che ha analizzato i dati relativi a pazienti con AR (senza frattura pregressa) reclutati nel registro osservazionale Usa FORWARD – The National Databank for Rheumatic Diseases – dal 2001 al 2017.

I ricercatori, nello specifico, hanno focalizzato la loro attenzione sui dati relativi ai fattori di rischio clinici, all’esposizione ai farmaci e ai fattori sociodemografici relativi a 11.412 pazienti con artrite reumatoide, aventi un’età media al reclutamento pari a 61,4 anni e con una durata media di malattia pari a 15,6 anni.

L’esposizione ai DMARD è stata valutata in 4 gruppi esclusivi: 1) pazienti sottoposti a terapia con MTX di riferimento; 2) pazienti trattati con farmaci anti-TNF; 3) pazienti trattati con altre classi di DMARDb; 4) pazienti trattati con altri farmaci.

Sono stati calcolati i punteggi FRAX (Fracture Risk Assessment Tool) sul rischio di fratture osteoporotiche principali a 10 anni. Inoltre, i ricercatori hanno impiegato i modelli di hazard proporzionale di Cox, stratificati in base al FRAX, per aggiustare le stime per la presenza di fattori confondenti.

I risultati

Nel corso del periodo di osservazione dello studio, avente una durata mediana di 3 anni (IQR: 1,5-6 anni), sono state documentate 914 fratture su un campione totale di 11.412 pazienti.

Il modello di Cox, aggiustato per la presenza di fattori confondenti, ha mostrato un incremento statisticamente significativo del rischio di frattura a seguito dell’impiego di:
–    GC per più di 3 mesi, indipendentemente dalla dose [HR per <7,5 mg/die= 1,26 (IC95%=1,07-1.48) e per ≥7,5 mg/die= 1,57 (IC95%=1,27-1,94)] –    Oppioidi, indipendentemente dalla loro classificazione [HR per oppioidi deboli: 1,37 (IC95%= 1,18-1,59); HR oppioidi forti= 1,53 (IC95%= 1,24-1,88)] –    SSRI (HR= 1,37; IC95%= 1,15-1,63

Il rischio di frattura con oppioidi è aumentato già ad un mese dal loro utilizzo (HR=1,66; IC95%=1,26-2,04), mentre quello con SSRI è aumentato dopo 3 mesi (HR=1,25; IC95%=1,01-1,55).

Al contrario, l’impiego di statine (HR=0,77; IC95%=0,62-0,96) e quello di farmaci anti-TNF (HR= 0,72; IC95%= 0,54-0,97) è risultato associato ad una riduzione del solo rischio di fratture vertebrali.

Da ultimo, né i PPI né altri farmaci psicotropici sono risultati associati ad un incremento del rischio di frattura.

Oppioidi sotto esame

I ricercatori hanno avanzato alcune ipotesi per spiegare alcuni dei risultati osservati nello studio: ad esempio, è possibile che gli oppioidi aumentino il rischio di fratture innalzando il rischio di cadute e a causa di effetti sul metabolismo osseo, anche se la gran parte del rischio osservata durante il primo mese di esposizione a questa classe di farmaci suggerisce che il rischio di caduta è il meccanismo più probabile.

Per contro, è stato osservato come l’elevato rischio di frattura associato agli SSRI si impenni con un loro impiego per periodi più prolungati. Ciò, stando ai ricercatori potrebbe influenzare negativamente il metabolismo osseo.

Quanto, invece, a benefici potenziali delle statine, questi sono stati ascritti ad effetti anabolici e anti-osteoclastici, mentre il beneficio dei farmaci anti-TNF sarebbe da ricondurre alla loro potente azione anti-infiammatoria.

Queste osservazioni hanno portato i ricercatori a fare queste considerazioni finali:
–    L’impiego di oppioidi, ancora frequente in presenza di artrite reumatoide, nonostante la presenza di altre strategie di trattamento efficaci, andrebbe ridotto ai minimi termini, allo scopo di evitare il rischio di fratture e le altre conseguenze devastanti note legate al loro abuso
–    Dato il relativo sottoutilizzo di statine per le malattie CV in presenza di AR, potrebbe essere utile incoraggiarne la prescrizione in ragione anche degli effetti protettivi di questa classe di farmaci sulle fratture vertebrali in questi pazienti.

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