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Sindrome di Wiskott-Aldrich: terapia genica efficace

editing genetico

Studio clinica conferma l’efficacia della terapia genica per la sindrome di Wiskott-Aldrich, una rara forma di immunodeficienza

La terapia genica si conferma un trattamento efficace anche per la sindrome di Wiskott-Aldrich, una rara forma di immunodeficienza, potenzialmente fatale. A dimostrarlo sono i risultati dello studio clinico pubblicato di recente su Lancet Haematology e coordinato da Alessandro Aiuti, professore di Pediatria presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e vice direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

La sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS) è una malattia causata da una singola mutazione nel gene che codifica per la proteina WASp. Gli effetti di questa mutazione si manifestano principalmente a livello delle piastrine e delle cellule del sistema immunitario che sono presenti in numero ridotto e funzionano male. Le conseguenze per i pazienti sono gravi: continue emorragie, un rischio maggiore di infezioni, tumori e malattie autoimmuni e infiammatorie, oltre alla presenza cronica di eczemi diffusi sulla pelle. A oggi, l’unica soluzione disponibile, benché non per tutti e con rischi associati, è il trapianto di midollo da donatore.

Le cose potrebbero però cambiare presto, come suggeriscono i risultati dello studio clinico che ha visto 8 pazienti con WAS trattati con successo utilizzando un protocollo di terapia genica messo a punto nei laboratori di SR-Tiget. I ricercatori hanno prelevato le cellule staminali del sangue dai pazienti e hanno inserito al loro interno la versione corretta del gene per WASp, così che queste siano in grado di differenziarsi in piastrine e globuli bianchi sani.

Tutti i pazienti coinvolti nel trial clinico (il primo trattato nel 2010 e l’ultimo nel 2015) stanno bene e non presentano più le continue infezioni, i disturbi autoimmuni e infiammatori o le gravi emorragie associate alla malattia”, spiega Alessandro Aiuti. “Il loro sistema immunitario è tornato a funzionare e produrre anticorpi. Il numero delle piastrine è aumentato considerevolmente, e anche se rimane inferiore alla norma, consente ai pazienti di fare una vita normale”.

I prossimi passi? “È iniziato da poco un nuovo studio clinico che prevede il congelamento delle cellule staminali dopo la loro modifica con i vettori virali”, aggiunge Aiuti. Questo aprirebbe alla possibilità di trattare i pazienti in ospedali distanti rispetto ai laboratori dove vengono curate le cellule, attraverso la spedizione del materiale biologico dopo averlo opportunamente congelato. “Una possibilità che consentirebbe, nel prossimo futuro, di allargare e semplificare l’accesso a questo tipo di terapie”, conclude l’esperto.

Lo studio, che ha coinvolto 8 pazienti ed è stato avviato nel 2010, è stato possibile grazie all’alleanza strategica e innovativa tra IRCCS Ospedale San RaffaeleFondazione Telethon e GlaxoSmithKline, trasferita a Orchard Therapeutics nel 2018, e si basa su oltre 20 anni di ricerca d’avanguardia svolta nei laboratori dell’istituto SR-Tiget.

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