Site icon Corriere Nazionale

Code da incubo: l’attesa media agli sportelli pubblici aumenta

leggi

Indagine CGIA di Mestre: nonostante la tecnologia l’attesa agli sportelli pubblici continua ad aumentare. Maglia nera al Sud Italia

Sebbene da qualche anno informazioni, chiarimenti, tanti moduli e altrettanti certificati possono essere esaminati o scaricati da casa o dall’ufficio utilizzando il cellulare o il computer, l’attesa agli sportelli pubblici continua ad aumentare.

Rispetto a 20 anni fa, infatti, nel 2017 (ultimo dato disponibile) la coda davanti agli sportelli delle ASL è idealmente aumentata di 19 persone, quella invece che ipoteticamente ci troviamo di fronte quando ci rechiamo all’ufficio anagrafe del nostro Comune di residenza è cresciuta di 13.

L’elaborazione, eseguita dall’Ufficio studi della CGIA su dati Istat, è stata possibile grazie alla periodica indagine condotta dall’Istituto di statistica su persone maggiorenni che si sono recate agli sportelli della nostra Pubblica Amministrazione (PA) e hanno atteso più di 20 minuti.

“A pagare il conto di queste inefficienze – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – non sono solo i cittadini, ma anche molti micro imprenditori. Ricordo che oltre il 70 per cento dei 3 milioni di artigiani e commercianti presenti in Italia  lavora da solo. Pertanto, quando un autonomo si deve recare presso un ufficio pubblico che, spesso, è aperto solo al mattino, è costretto ad abbassare la saracinesca  della propria attività e a mettersi in fila. Crediamo che molti uffici pubblici che hanno un rapporto diretto con il cittadino  dovrebbero, tuttavia, organizzarsi in funzione di quest’ultimo e non in relazione alle esigenze di coloro che lo gestiscono. In particolar modo al Sud, dove l’efficienza della nostra Pubblica amministrazione è spaventosamente insufficiente”.

I risultati, come dicevamo, sono impietosi e dimostrano inequivocabilmente che la velocità di risposta di alcuni sportelli pubblici è lentissima.

Nel 2017, infatti, 52,7 intervistati su 100 hanno dichiarato di aver atteso più di 20 minuti davanti allo sportello di una ASL, il 56 per cento in più rispetto a quanti si erano trovati nella stessa situazione nel 1997. Sono 23,8 su 100, invece, gli intervistati due anni fa dall’Istat rimasti in lunga attesa di fronte allo sportello di un ufficio anagrafe; il 126,7 per cento in più di 20 anni prima.

A livello territoriale le situazioni più difficili si registrano nel Centro-Sud. Presso gli sportelli delle ASL i tempi d’attesa più lunghi si sono verificati in Calabria, in Basilicata e in Puglia. Le attese in coda agli uffici anagrafe, invece, si sono fatte sentire in particolar modo nei Comuni ubicati nel Lazio, in Sicilia e in Puglia.

Tra le realtà regionali più virtuose notiamo, in entrambi i casi,  Friuli Venezia Giulia, Veneto e Valle d’Aosta. La regione più efficiente d’Italia è il Trentino Alto Adige.

I ritardi e le inefficienze degli sportelli pubblici della nostra Pubblica Amministrazione, comunque, non sono ascrivibili solo alla cattiva organizzazione della stessa.

“Nonostante il processo di informatizzazione abbia interessato tutta la nostra PA – segnala il Segretario Renato Mason – la fila agli sportelli non è cresciuta per colpa di chi ci lavora. La responsabilità va ricercata negli effetti che caratterizzano moltissime leggi, decreti e circolari che, spesso in contraddizione tra loro, hanno aumentato a dismisura la burocrazia, complicando non solo la vita dei cittadini e delle imprese, ma anche quella degli impiegati pubblici”.

Se la situazione delle famiglie e dei lavoratori autonomi è decisamente peggiorata, le cose non vanno meglio nemmeno per le imprese, in particolar modo per quelle di piccole dimensioni che pagano più delle altre i costi dell’inefficienza della nostra macchina pubblica.

Sempre da una elaborazione dell’Ufficio studi della CGIA su dati della Banca Mondiale (Doing Business 2019), emerge che nel nostro Paese sono necessari 228 giorni per ottenere tutti i permessi/certificati/pratiche necessari per costruire un fabbricato ad uso produttivo, contro i 186 della media dell’Area Euro. In buona sostanza in Italia sono necessari mediamente 42 giorni in più.

Per pagare le tasse, invece, gli imprenditori italiani “perdono” 238 ore, ovvero quasi un mese di lavoro. Nei paesi dell’Area Euro occorrono “solo” 147 ore all’anno, praticamente 11 giorni in meno che da noi.

La situazione più “pesante”, infine, si verifica quando un imprenditore è costretto a rivolgersi al tribunale per la risoluzione di una disputa commerciale. Se il Tribunale di Roma impiega 1.120 giorni (poco più di 3 anni) per definire la controversia, la media riferita ai tribunali delle capitali europee è di 661 giorni, ben 459 in meno.

Exit mobile version