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Inflazione: la classifica delle città più care

Inflazione

L’Istat conferma i dati preliminari dell’inflazione di gennaio, pari a +0,9% su base annua. Stangata da +565 euro a Bolzano, +477 euro a Reggio Emilia, +369 a Verona

L’Istat conferma i dati preliminari dell’inflazione di gennaio, pari a +0,9% su base annua. “Effetto recessione! Confermata la gelata sui prezzi, che dall’1,6% di ottobre crollano, in appena tre mesi, allo 0,9%, scendendo del 44%. Anche se le cause sono preoccupanti, il calo del Pil dello 0,2% nel IV trimestre 2018 ed il Paese che riprecipita nella recessione, gli effetti, ossia la frenata sui prezzi, sono positivi, dato che risale il potere d’acquisto delle famiglie. Se cala il carrello della spesa, sceso a +0,6%, è contenta la massaia che va al mercato a fare compere” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

“Per una coppia con due figli, la famiglia tradizionale di una volta, l’inflazione a +0,9% significa avere una maggior spesa annua complessiva di 295 euro, ma solo 64 euro per il carrello della spesa, ossia per gli acquisti quotidiani” prosegue Dona.

“Per la coppia con 1 figlio, la tipologia di nucleo familiare ora più diffusa in Italia, la stangata è di 280 euro su base annua, ma solo 57 euro se ne vanno per le compere di tutti i giorni, mentre per l’inesistente famiglia tipo, l’incremento dei prezzi si traduce, in termini di aumento del costo della vita, in 242 euro in più nei dodici mesi, appena 48 per il carrello della spesa. Per un pensionato con più di 65 anni, il rincaro annuo dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona è pari a soli 30 euro, 26 euro per un single con meno di 35 anni” conclude Dona .

Rese noti oggiinvece, i dati dell’inflazione delle regioni e dei capoluoghi di regione e comuni con più di 150 mila abitanti, in base ai quali l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica delle città delle regioni più care d’Italia, in termini di aumento del costo della vita.

Secondo lo studio dell’associazione di consumatori, in testa alla classifica dei capoluoghi e delle città con più di 150 mila abitanti più care (cfr. tabella n. 1) in termini di rincari, si confermano Bolzano che, con un’inflazione a +1,7%, ha la maggior spesa aggiuntiva, equivalente, per una famiglia tipo, a 565 euro su base annua. Al secondo posto, Reggio Emilia dove il rialzo dei prezzi dell’1,7%, determina un aumento del costo della vita, per la famiglia media, pari a 477 euro, terza Verona, dove l’inflazione dell’1,4% comporta un aggravio annuo di spesa di 369 euro.

Le 3 città più convenienti, in termini di minori rincari, sono, invece, Potenza, che con l’inflazione più bassa, +0,2%, registra, per una famiglia tipo, una spesa supplementare di appena 42 euro, al penultimo posto Firenze, dove la seconda inflazione più bassa (+0,4%) genera un esborso aggiuntivo di soli 108 euro e Ancona, +0,5%, con un aumento del costo della vita pari a 109 euro.

In testa alla classifica delle regioni più costose in termini di maggior spesa, il Trentino Alto Adige, che registra, per una famiglia tipo, una batosta pari a 368 euro su base annua. Segue l’Emilia Romagna, dove l’incremento dei prezzi pari all’1,2% implica un’impennata del costo della vita pari a 326 euro, terza la Liguria, dove, pur avendo  l’inflazione all’1,3% come in Trentino, si ha un salasso annuo di 288 euro.

La Basilicata si conferma la regione meno cara, con un’inflazione dello 0,4% che si traduce in un rincaro di 81 euro, penultima la Sardegna, +0,5%, pari a 94 euro.

Tabella n. 1: Classifica delle città più care (capoluoghi di regione e comuni con più di 150 mila abitanti), in termini di spesa aggiuntiva annua (in ordine decrescente di spesa)

N Città Rincaro annuo per la famiglia tipo (*) Inflazione
1 Bolzano 565 1,7
2 Reggio Emilia 477 1,7
3 Verona 369 1,4
4 Modena 365 1,3
5 Brescia 323 1,1
6 Trieste 322 1,3
7 Livorno 322 1,2
8 Bologna 310 1,1
9 Genova 301 1,3
10 Ravenna 281 1
11 Torino 265 1
12 Padova 263 1
13 Roma 242 1
14 Trento 228 0,9
15 Parma 224 0,8
16 Messina 215 1,1
17 Napoli 210 1
18 Milano 207 0,7
19 Palermo 197 1
20 Bari 189 0,9
21 Aosta 180 0,7
22 Venezia 159 0,6
23 Catania 158 0,8
24 Catanzaro 131 0,7
25 Cagliari 118 0,6
26 Reggio Calabria 113 0,6
27 Perugia 112 0,5
28 Ancona 109 0,5
29 Firenze 108 0,4
30 Potenza 42 0,2

(*) famiglia media da 2,4 componenti

Fonte: Unione Nazionale Consumatori su dati Istat

Tabella n. 2: Classifica delle regioni più care, in termini di spesa aggiuntiva annua (in ordine decrescente di spesa)

N Regioni Rincaro annuo per la famiglia tipo (*) Inflazione
1 Trentino Alto Adige 368 1,3
2 Emilia-Romagna 326 1,2
3 Liguria 288 1,3
4 Piemonte 255 1
5 Friuli-Venezia Giulia 239 1
6 Lazio 232 1
7 Veneto 229 0,9
8 Lombardia 228 0,8
9 Valle d’Aosta 211 0,8
10 Puglia 199 1
11 Sicilia 187 1
12 Toscana 182 0,7
13 Abruzzo 175 0,9
14 Marche 167 0,8
15 Campania 160 0,8
16 Calabria 125 0,7
17 Umbria 108 0,5
18 Sardegna 94 0,5
19 Basilicata 81 0,4

(*) famiglia media da 2,4 componenti

Fonte: Unione Nazionale Consumatori su dati Istat

Coldiretti: prezzi della verdura in controtendenza

In controtendenza all’andamento generale balzo dei prezzi delle verdure che fanno segnare un aumento del 6,4% rispetto allo scorso anno per effetto del clima pazzo che ha sconvolto i raccolti e ridotto le disponibilità sui mercati. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare i dati Istat sull’inflazione a gennaio.

Si tratta degli effetti dell’ondata di maltempo che ha colpito la Penisola con gelo e neve  alla quale è seguita una anomala ondata di calore che ora rischia di mandare in tilt le coltivazioni che si stanno predisponendo alla ripresa vegetativa con l’inizio del rigonfiamento delle gemme nelle piante da frutto.

A preoccupare è il fatto che la “finta primavera” inganna le coltivazioni favorendo un “risveglio” che le rende particolarmente vulnerabili al freddo siberiano in arrivo. I cambiamenti climatici colpiscono dunque direttamente le imprese agricole con lo sconvolgimento dei normali cicli stagionali che impatta sull’economia ma rappresenta anche una sfida anche per i consumatori che sono costretti a fare i conti con le fluttuazioni anomale nei prezzi dei prodotti che mettono nel carrello della spesa.

Codacons: frenata dei prezzi è segnale preoccupante

La frenata dei prezzi al dettaglio registrata dall’Istat a gennaio è un segnale preoccupante, soprattutto se associato ai numeri negativi fatti registrare dal commercio e dall’industria nell’ultimo periodo. Lo afferma il Codacons, che lancia l’allarme consumi in Italia.

“Il rallentamento dei prezzi è dovuto principalmente alla mancata ripartenza dei consumi, come attestano i dati sulle vendite e sul commercio, estremamente negativi negli ultimi mesi – spiega il presidente Carlo Rienzi –. A fronte di tale situazione i listini al dettaglio subiscono effetti diretti con una conseguente frenata dell’inflazione”.

“In tale contesto appare sempre più paradossale parlare di chiusure domenicali dei negozi, quando al contrario andrebbero incentivate le occasioni di acquisto per le famiglie per ridare fiato al commercio e a migliaia di negozi in crisi” conclude Rienzi.

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