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Juraj Valčuha sul podio del Maggio per lo Stabat Mater di Antonín Dvořák

Il direttore d'orchestra Juraj Valčuha (ph. M. Borzoni)

Il direttore d'orchestra Juraj Valčuha (ph. M. Borzoni)

Sabato 19 alle 20 e domenica 20 gennaio alle 16:30 il concerto del direttore d’orchestra slovacco Valčuha al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

 Sono fissati sabato 19 gennaio alle 20 e domenica 20 gennaio alle 16:30 i due concerti che vedono protagonista il maestro Juraj Valčuha.  Direttore musicale del Teatro San Carlo di Napoli, Valčuha salirà sul podio del Maggio per guidare l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino nell’esecuzione dello Stabat Mater per soli, coro e orchestra op. 58 di Antonín Dvořák (il soprano è Simona Šaturová, mezzoprano Gerhild Romberger, tenore Aleš Briscein, basso Peter Mikuláš. Il coro è guidato dal maestro Lorenzo Fratini). È la seconda occasione d’ascolto di uno Stabat Mater nella Stagione Sinfonica 2018/2019 del Maggio che ha già visto Nicola Piovani cimentarsi lo scorso 17 Novembre nel suo La Pietà.

Composto tra il 1876 e il 1877, lo Stabat Mater di Antonín Dvořàk nasce dal dolore per la morte (a breve distanza l’uno dall’altro) dei suoi figli. Per cercare conforto alla sua pena il compositore si rifugia nell’archetipo del lutto per eccellenza, l’immagine della Madonna piangente ai piedi della croce. Così la disperazione del genitore che ha perduto il bene più caro prende vita sonora nei versi dello Stabat Mater, l’antica sequenza liturgica latina – attribuita a Jacopone da Todi – destinata a produrre un’eccezionale fioritura musicale nei secoli. L’affresco sinfonico-corale che ne deriva è un’opera commossa e intensa in cui l’afflizione personale si stempera nell’immagine rasserenante della redenzione finale. Fin dall’introduzione strumentale, il compositore ricrea un clima sonoro mesto e desolato che fa da sfondo al dolore sempre composto e rassegnato di Maria. Nei dieci numeri di questa pagina di magistrale costruzione architettonica, tra brani corali e solistici di diverso carattere espressivo, sono infatti pochi i momenti in cui l’angoscia assume accenti di veemenza teatrale, sempre stemperati da una scrittura che privilegia accenti nostalgici e lirici. La sofferenza per la perdita è per Dvořàk uno stato transitorio, che trova sollievo attraverso la sublimazione musicale. Dopo il dolore iniziale, il suo Stabat Mater si conclude con un finale catartico che segna il cammino dal buio delle tenebre della morte alla luce della vita eterna.

 

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