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Le opere di Achille Perilli all’Ermitage di San Pietroburgo

All'Ermitage di San Pietroburgo dal 19 dicembre al 3 febbraio la mostra che ripercorre 70 anni di carriera di Achille Perilli

All’Ermitage di San Pietroburgo dal 19 dicembre al 3 febbraio la mostra che ripercorre 70 anni di carriera di Achille Perilli

Nell’ambito dell’attenzione internazionale per l’arte astratta italiana del XX secolo, il Museo Statale dell’Ermitage di San Pietroburgo organizza, con il Centro Studi dell’Opera di Umberto Mastroianni patrocinata dal Consolato Generale di San Pietroburgo, la mostra antologica di Achille Perilli, a cura di Dimitri Ozerkov e Luca Barsi.

Il catalogo è edito da “Il Cigno GG Edizioni”, la mostra si terrà dal 19 dicembre 2018 al 3 febbraio 2019 al Museo Statale dell’Ermitage di San Pietroburgo, e si inaugura martedì 18 dicembre alle ore 14.00. Oltre a indagare sulle esperienze artistiche e culturali di Achille Perilli, porta alla luce per la prima volta la grande mole di documenti che testimoniano i rapporti con personalità del XX secolo, fino ad ora gelosamente custoditi nel suo archivio.

L’esposizione ripercorre i 70 anni di carriera di Perilli: in mostra 60 lavori a olio o tecnica mista su tela, scelti in un’ampia rosa di opere realizzate in tutto l’arco temporale creativo del Maestro, dalle prime esperienze formaliste del 1947, anno della fondazione del Gruppo Forma Uno, fino ad arrivare alle opere del 2010. Presenti anche le opere di grandi dimensioni (3 metri per 2) che Perilli ha realizzato tra la seconda metà degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘80.

“Il progetto “Arte astratta in Italia” nel Palazzo dello Stato Maggiore del Museo dell’Ermitage presenta una retrospettiva dell’artista contemporaneo Achille Perilli (1927) – dichiara Dimitri Ozerkov – . Il lavoro di un artista contemporaneo, secondo Perilli, consiste nel trasferire figure nello spazio. Dietro questa attività apparentemente banale, si basa la teorizzazione puntuale del concetto di arte di Perilli stesso. Realizza tele sui grandi temi della seconda metà del XX secolo relativi a spazio e tempo, Occidente e Oriente, razionale e intuitivo, esterno ed interno, naturale e simbolico, narrativo e formulato, strutturale e decorativo, quotidiano e metafisico, funzionale e archetipico. Nell’arte del XX secolo, traboccante di spiegazioni complesse, l’ultima parola spetta sempre alla fantasia umana. Questo è ciò che guida l’arte. Secondo Perilli, in qualsiasi struttura molto rigida, solo la fantasia umana troverà passaggi sotterranei che possono superare il più rigido controllo formale”.

Il grande Maestro romano “ha vissuto in prima linea, da protagonista, varie fasi cruciali dell’arte italiana e internazionale – scrive Francesco Poli nel catalogo della mostra -, dal secondo dopoguerra agli anni ‘80, continuando imperterrito la sua avventura creativa fino ad oggi con straordinaria coerenza e lucidità intellettuale. La sua opera risulta tuttora di sorprendente vitalità estetica, con un valore che va oltre la necessaria lettura critica legata al processo di storicizzazione. In altre parole se, come ovvio, l’apprezzamento per Perilli nasce dal fatto che ci troviamo davanti a un maestro riconosciuto, a un artista ormai inossidabile (in quanto “classico del contemporaneo”) all’usura delle oscillazioni del gusto e delle mode, mi pare anche significativo sottolineare l’attualità della sua pittura nella misura in cui riesce ancora a innescare stimoli sorprendenti da nuove angolature di visione e interpretazione”.

L’avventura creativa di Perilli inizia all’interno dell’acceso dibattito fra realismo e astrattismo del dopoguerra, e incomincia a definirsi teoricamente con le formulazioni del manifesto del Gruppo Forma Uno (stilato nel marzo 1947 insieme a Ugo Attardi, Carla Accardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Antonio Sanfilippo, Giulio Turcato), in cui si afferma che in arte esiste soltanto la realtà inventiva della “forma pura” che ha come mezzi di espressione il colore, il disegno, le masse plastiche e come fine l’armonia delle forme astratte oggettive. Giovanissimo, Perilli diventa uno degli esponenti più impegnati, anche dal punto di vista teorico, nella battaglia delle tendenze astratte, partecipando a tutte le principali mostre in Italia e anche all’estero. Considerando già la geometria come aperta possibilità di sperimentazione, come ipotesi e non come certezza, la sua ricerca tra forma e spazio si struttura facendo liberamente riferimento alla lezione delle avanguardie non figurative, e cercando in particolare di trovare una “sintesi concreta” fra due estremi astratti, da un lato quello della forma più lirica e musicale di Kandinsky e dall’altro quello dello spazio rigido, geometrico, freddo e analitico di Mondrian.

“Achille Perilli è un artista multiforme – scrive sua figlia, Nadja Perilli, nel catalogo della mostra – : ha deciso di mettere sempre in discussione il suo lavoro, ha fatto questa scelta, rischiosa, faticosa, per nutrire la sua vitalità pittorica nel senso di “mestiere”, citando parole sue; per lui la pittura è il mezzo primario da cui partire per poi allargarsi a diversi linguaggi che comunque la comprendono sempre, non la lasciano mai. Un pittore dunque, che ha stravolto quasi tutte le leggi canoniche dell’espressione, non abbandonando mai la pratica del dipingere, o meglio di vedere dipingendo, attraversando l’immaginazione come una pellicola di tessuto connettivo, che ha tenuto costantemente sotto il controllo del poetico, non cercando mai il sensazionale, piuttosto il sistema analitico del limite, del vedere non vedere, per passare attraverso: una distorsione, un groviglio, una dinamica geometrica che nega la geometria stessa e non vuole essere caos”.

“L’allucinazione retorica” del 1968, in mostra a San Pietroburgo, è stato il primo quadro che possiamo definire “geometrico”, un’indagine sulla prospettiva. “La prospettiva – scriveva Achille Perilli – è la forma più repressiva della fantasia che una classe dominante possa immaginare. […] Però permane la prospettiva come concezione, come griglia di lettura, come segnale. Ed è questa categoria artificiale, che grosso modo possiamo chiamare prospettiva, che si svolge la mia analisi, cercando di inglobare elementi ritenuti certi dall’ottica e falsificati attraverso una serie di interferenze di altri valori (colore, tono, segno, struttura) agenti a livello di una verifica parziale e dissociati da una analisi globale”.

“Negli ultimi anni – conclude Nadja Perilli –, invece, si accentua notevolmente la ricerca dell’artista verso la bidimensione, i suoi quadri percorrono un tracciato topografico, sono mappe della precedente geometria tridimensionale”. Iperastratte. “Una poetica che scioglie la geometria in un’armonia spontanea, una elaborazione personalissima del colore come sostanza organica, automatica, sensibile, preponderante. Achille Perilli ora dipinge l’invisibile”.

CENNI BIOGRAFICI

Allievo di Lionello Venturi e Giuseppe Ungaretti, Achille Perilli, nel 1947, firma, insieme a Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Sanfilippo e Turcato, il Manifesto di Forma Uno.

Nel 1948 Perilli soggiorna a Parigi per un breve periodo e ha la possibilità di conoscere direttamente il dadaismo e il surrealismo nelle persone di Tristan Tzara, Anna Hoch, Hans Arp e di partecipare al fianco di Venturi al I Congresso internazionale di critica d’arte.

In una costante ricerca, guidato da curiosità e ironia, Perilli guarda sempre a nuove possibili rotte da poter navigare. “L’esperienza moderna”, rivista fondata con Novelli nel 1957, ne è un esempio, un’occasione straordinaria nella quale, oltre alle presenze tutelari di Kandinskij, Klee, Schwitters, Picabia e Gorky, sono coinvolti, fra gli altri, Arp, Ernst, Man Ray, Fontana, Capogrossi, Alechinsky, Kline, Accardi, Soulages, Sonderborg, Twombly.

Nel 1959 espone alla V Biennale di San Paolo in Brasile. Nel 1962 e nel 1968 ha una Sala Personale alla XXXI e alla XXXIV Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. L’esperienza veneziana gli dà la possibilità di presentare due momenti cruciali del suo percorso artistico, nel 1962 la sala è completamente consacrata ai “fumetti”, mentre nel 1968 sono esposti i risultati delle sue ultime ricerche su “l’irrazionale geometrico” che, da quel momento, segnerà il suo futuro destino artistico. Fra le opere più interessanti esposte nel 1968 c’era “La source”, opera del 1967, recentemente acquisita dal Centre Pompidou.

Nel 1964 fonda, con Alfredo Giuliani, Giorgio Manganelli e Gastone Novelli, “Grammatica”, rivista della neoavanguardia artistica e letteraria, con interessi per l’editoria, la pittura, la critica e il teatro, settore, quest’ultimo, nel quale Perilli sperimenta molto coniugando la ricerca musicale più avanzata di compositori come Luigi Nono, Luciano Berio e Aldo Clementi con il teatro d’avanguardia, in spettacoli andati in scena al Teatro alla Scala di Milano (“Mutazioni”, 1965) e al Teatro dell’Opera di Roma (“Dies Irae”, 1978).

Nel 1988 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma lo celebra con una retrospettiva a cura di Pia Vivarelli.

OPERE IN MOSTRA

Tra i dipinti in mostra, alcuni capolavori in olio su tela del 1947 come “Finestra paesaggio”, “Paesaggio astratto”, “Il ponte”, ed alcune opere realizzate con tecnica mista come “Grande spazio sincreto” (1951) e “Pollice di spazio” (1951). Tra le opere in olio, anche “Il piccolo mondo” (1953), “Il profeta” (1956), e un’opera realizzata in olio e tecnica mista su tela insieme: “L’anno del sole quieto” (1962).

Tra le opere più recenti, alcuni quadri ad olio del 2009 e 2010: “La teoria dell’assurdo” (120cm x 120 cm, 2009) e “Quadro per la Biennale di Venezia” (200cm x 200cm, 2010).

Tra le creazioni in tecnica mista su tela sono in mostra “Io no” (1954), “Testo apocrifo” (1958), “Il concetto di libertà” (1959), “Manoscritto per Carla” (1962), “Geografia”(1965), “Camminare sulla luna” (1965), “La doppia dimensione” (1965), “Il ratto d’Europa” (1967), “L’allucinazione retorica” (1968), “Diable de dios” (1969), “Locus solus” (1970), “I problemi in sospeso” (1970), “Le quattro posizioni” (1971), “Lo zigzag diritto che perfora il mondo” (1979), “La visione geometrica” (1981), “Dialectique du hazard” (1982), “Dedans de hors” (1983), “Il solare” (1983), “La sommossa ergonomica” (1986), “Amour bel oiseau” (1992), “Tutto Jing tutto Jang”, “Un tale inibitore” (1989), “La sinuosa carne” (1996) e “Bianco” (2009).

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