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“Nudità”, la danza incontra la tradizione siciliana dei Pupi

Virgilio Sieni e Mimmo Cuticchio in "Nudità"

Virgilio Sieni e Mimmo Cuticchio in "Nudità"

Al Niccolini di Firenze il debutto dello spettacolo di Virgilio Sieni e Mimmo Cuticchio che fa dialogare il corpo umano con una marionetta

Un corpo fatto di ossa e nervi, duttile e rigido, pulsante o inerte, e uno fatto di legno, che è parimenti vivo, guizza o si raccoglie, indugia e balza grazie al suo demiurgo, al manovratore, che si muove agile nello spazio scenico. Sta tutto nella felicissima interazione tra due esseri umani e una marionetta, vera creatura di legno, l’inedito “Nudità”, che disegna una nuova e fondamentale tappa nel rapporto tra la danza e l’opera dei pupi: Virgilio Sieni impegnato in un serratissimo dialogo senza parole, tutto fisico con l’”ossatura” di una marionetta, quella forma spoglia e primitiva che rimane privando di abiti, elmo e corazza un pupo siciliano, animato dal puparo e maestro di cunto Mimmo Cuticchio, dell’omonima famiglia siciliana. 

Linguaggi artistici apparentemente distanti, quello della danza e dei pupi, già esperiti dai due ne  “Atlante_L’umano del gesto” dello scorso anno, e che adesso in questo  “Nudità” (che ha debuttato lo scorso 11 ottobre al teatro Niccolini di Firenze) trovano una felicissima combinazione, una quadratura magica tra corpo e marionetta, che regala nuovi sviluppi al tema del doppio, dell’altro che è specchio e opposto, mentre il pensiero corre alla supermarionetta di Gordon  Craig.

Come suggerisce il titolo, Sieni e Cuticchio lavorano per sottrazione fin dagli accorgimenti registici. Svuotata dalle poltrone, la platea del teatro diventa spazio scenico centrale, mentre gli spettatori sono fatti accomodare in due file lungo le pareti, ai lati. Dal palcoscenico pendono dieci marionette, otto sono “ossature”, accanto un pupo completo del suo armamentario e un angelo guerriero. In una parziale oscurità che piano piano si rischiara fino a definire i corpi, sulla partitura strumentale a tratti ipnotica di Angelo Badalamenti, il danzatore e il pupo dialogano in un incontro sugli elementi fondamentali dello stare al mondo. Camminano, si siedono, cadono a terra, giacciono e si rialzano, si toccano e si allontanano. Il corpo di Virgilio Sieni si relaziona con la marionetta mossa da Cuticchio, in un gioco che è insieme solitario e collettivo, di coordinamento e negazione. L’inerte pezzo di legno si anima prodigiosamente con la maestria del suo conduttore, e sembra quasi che viva di vita propria, e ora segue i gesti del danzatore, quasi li asseconda e li sottolinea, li completa, ora li contrasta, cerca di fermarli. Cerca le carezze dell’uomo e le elargisce con tenerezza, e sembra quasi che la sua pelle di legno emani calore, mentre l’atmosfera diventa sempre più intima, come in un quadro di amore filiale. Poi si allontana e corre via, come un bimbo che gioca a nascondersi. A momenti sembra quasi che viva di vita propria, finché il suo demiurgo non si ferma e abbassa i fili privandolo all’improvviso del soffio vitale, e lasciandolo ripiegato per terra, ignudo e silente. 

Mimmo Cuticchio e Virgilio Sieni

Un gioco di specchi dove non si sa più chi replica i movimenti dell’altro, dove comincia il corpo ligneo e dove quello umano, mentre il corpo del puparo in certi momenti sembra sparire dalla scena, tale è l’intensità dell’interazione tra il danzatore e la marionetta, e in altri si mostra in tutta la sua fisicità e quasi danza muovendo velocemente i fili.  

Sulla scena trova spazio anche un pupo rivestito dell’armatura completa, potrebbe essere uno dei paladini di Francia, Rinaldo magari, che ingaggia un combattimento contro un nemico invisibile, mentre Sieni lo spoglia delicatamente della spada prima, poi dell’elmo e della corazza, che posa a terra, placandone l’impeto in un abbraccio. E tocca infine all’angelo guerriero, che si pone sopra il corpo supino del danzatore, che cerca a sua volta di spiccare il volo, mentre il puparo Cuticchio intona il suo “cunto” che parla delle stelle e del mare, di tempeste e di navi naufragate cariche di disperati, l’unica emozionante voce umana che risuona in questo toccante e poetico racconto.

 

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