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La giostra dell’umanità, per parlare di diritti umani

teatro

locandina dello spettacolo La giostra dell'umanità

Una performance sensoriale al Teatro Niccolini di San Casciano

Un mappamondo illuminato, appeso a un filo in una stanza buia. Mentre passi rischi di urtarlo, magari di farlo cadere, e cammini rasente alla parete. Inizia così, con un senso di disagio, il percorso ideato da Adriano Miliani nello spettacolo “La giostra dell’umanità, performance sensoriale dedicata ai diritti umani”. Un giro a ostacoli sul retropalco del teatro, calibrato come un orologio svizzero in una serie di quadri realizzati con una tecnica millimetrica, per dieci spettatori alla volta, accompagnati dal violino di Roberto Cecchetti.
La performance, una quarantina di minuti di durata, è una metafora asciutta e precisa di questi tempi, con la quotidianità anche banale, anche violenta che talvolta diventa l’unico antidoto all’orrore che ci circonda.

L’attore e regista Adriano Miliani

Una coppia si ritrova a casa dopo una giornata di lavoro, tra baci affettuosi e pietanze da mettere in tavola, ma è uno sparo a suggellare il quadretto domestico, e quando la luce si riaccende ecco un paio di scarpe rosse, un nuovo tassello nella lunga lista dei femminicidi. Un imbonitore da festa di paese – il bravo Samuel Osman – mostra con orgoglio una giostra dalla quale pendono dei fantocci con sembianze femminili, bambine, piccole spose, “tutte giovanissime, signori! Hanno otto, dieci e dodici anni”, mentre il cliente tira sul prezzo. I migranti sono bambole tipo Barbie, consegnate nelle mani degli spettatori, che sono invitati a farle cadere nell’acqua di una bacinella. Ma i migranti sono anche gli stessi spettatori, fatti sedere su delle panche in penombra mentre dagli altoparlanti si sente un mare in burrasca, e si immaginano onde che spingono di qua e di là un barcone, finché la luce si ravviva e scorgiamo i nostri volti riflessi un uno specchio che ondeggia, dandoci l’impressione del beccheggio della barca. Perché il mondo ormai si divide tra chi è fortunato e chi non lo è, come lo scalpellino costretto a spaccare pietre in una miniera, che vede calare un libro dall’alto ma non riesce a prenderlo, dove la cultura potrebbe significare istruzione e affrancamento dall’inferno quotidiano. Che può essere anche quello di una cucina e di una famiglia raccolta intorno alla tavola mentre il telegiornale racconta storie inutili di progresso tecnologico, e alla fine parte la canzone dei Dik Dik “Sognando California”, perché in fondo tutti speriamo in un futuro migliore.
Un lavoro nato per ricordare i 70 anni della Carta Universale dei diritti Umani, sempre più disattesa, sempre più negletta. “Sono convinto che una forte emozione sensoriale influisca e rimanga latente nella nostra anima più di tante parole – spiega il regista – Un viaggio che tende alla sensibilizzazione, alla presa di coscienza di un tema che l’oblio della società economica sta pian piano distruggendo”.
Scendendo dal palco gli spettatori percorrono la platea. Sulle poltrone della sala c’è solo un fantoccio che sembra addormentato, mentre al centro della scena Miliani legge gli articoli della Carta, che parlano di libertà e di uguaglianza, finché qualcuno gli grida di smetterla e lo zittisce.

In scena al Teatro Niccolini di San Casciano (Fi), ultima replica il 12 settembre, con una ripresa il 15-16-17 febbraio 2019, prenotazioni 335-482883.

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