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Foggia, assolda killer per uccidere il fratello: 3 arresti

Specialisti della Polizia scientifica in Etiopia per il riconoscimento delle vittime italiane del disastro aereo dello scorso 10 marzo

In manette i responsabili del tentato omicidio del cardiologo Massimo Correra aggredito il 27 marzo scorso mentre usciva con il figlio dalla propria abitazione. Uno dei due killer aveva sparato senza riuscire ad ucciderlo

La Polizia di Stato ha arrestato gli autori del tentato omicidio avvenuto a fine marzo a Foggia nei confronti del cardiologo Massimo Correra e del figlio minorenne mentre stavano uscendo dalla propria abitazione. Il mandante era il fratello del medico, anche lui finito in carcere, che aveva assoldato due killer per mettere a punto il suo piano.

Come ricostruito dagli inquirenti, a tendere l’agguato a padre e figlio, erano stati due cittadini albanesi, madre e figlio; la donna, nascosta nell’atrio del palazzo, aveva sparato due colpi che fortunatamente non avevano ferito nessuno mentre il figlio era in attesa all’esterno dell’abitato.

Le immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti nella zona, acquisite dai poliziotti della Squadra mobile, hanno permesso di visualizzare l’arrivo dei killer, alcuni minuti prima del tentato omicidio, a bordo di un’autovettura con targa di nazionalità bulgara.

L’attività investigativa si è concentrata sull’ambito familiare della vittima, evidenziando l’esistenza di un rapporto conflittuale per motivi economici e di eredità fra il cardiologo e il fratello Maurizio. Attraverso la targa, invece, i poliziotti sono risaliti a un 28enne albanese abitante in un casolare con la propria madre di 60 anni e un altro connazionale. È ancora ricercato invece un altro uomo che ha svolto il ruolo di intermediario avendo dato 5 mila euro e l’arma ai due killer albanesi.

Dalle indagini è emerso inoltre che il mandante, con lo scopo di avere un alibi, aveva consegnato preventivamente ai due albanesi uno scritto, da recapitare all’avvocato nel caso fossero stati fermati, in cui risultava che loro stessi avevano ricevuto mandato di simulare l’azione delittuosa da parte della stessa vittima.

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