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Petronà: a Palazzo Colosimo è protagonista la Pittanchiusa

Palazzo Colosimo a Petronà ha ospitato una delle tante iniziative dell’Associazione Insieme Onlus, una gara, dove la protagonista è la Pittanchiusa

Palazzo Colosimo a Petronà ha ospitato una delle tante iniziative dell’Associazione Insieme Onlus, una gara, dove la protagonista è la Pittanchiusa

Il premio dell’Associazione Insieme Onlus se lo è aggiudicata Giuseppina Scalzi

È un vecchio edificio Palazzo Colosimo importante centro d’aggregazione socio culturale nella zona antica di Petronà, che ha ospitato una delle tante iniziative dell’Associazione Insieme Onlus, una gara, dove la protagonista è la Pittanchiusa. Ovvero: pitta, pitta cu i passule, pitta mpacchiusa, mpigliata, spogliato, pitta…In ogni paese da nord a sud della Calabria la troviamo con un nome diverso, a spirale o a roselline ma gli ingredienti sono sempre gli stessi.

Il nome deriva dall’ebraico e dall’arabo pita, che significa schiacciata. Il periodo al quale si fa riferimento della nascita della pitta ‘mpigliata è il 1700. Il dolce veniva preparato soprattutto per le cerimonie nuziali, come riferisce un documento notarile di San Giovanni in Fiore, risalente al 1728.

E il palazzo oltre che gremirsi di gente all’interno tra affreschi barocchi, nel clima si avverte l’aria natalizia. Basta quel profumo di garofano e cannella e quel miele del luogo più tipico delle zone dove abitano i castagneti più longevi della Calabria, per sbalordire i sensi e sentirsi già in bocca quel gusto antico che ci riporta memorie care. Scuro quanto basta ma dal gusto super raffinato e corposo per assistere ad occhi chiusi come per magia al sapore che solo il lavoro certosino delle api operaie che volano nella presila sanno fare.

E le donne si mettono con le mani in pasta a Petronà, ben 12 si sono presentate con i loro dolci alla gara.

Uva passa e noci, bagnati dal vinello rosso fatto in casa, olio evo, garofano e cannella, polvere di agrumi di Calabria, il miele di castagna su una pasta sottilissima di grano duro dopo averla fatta lievitare con il lievito madre per due giorni al buio con calde coperte, sono gli ingredienti essenziali. E, per finire il lavoro certosino rigorosamente svolto tra amiche e parenti davanti un pubblico di giovani inesperti, si legano le roselline con uno spago per unirle. Senza contenitori di alluminio o carta forno, un involucro speciale, fa tutto lo spago che avvolge la ruota di roselline appetitose. Il Primo premio è andato proprio alla Signora Giuseppina Scalzi, premiata dalla Presidente dell’associazione Natalina Scarpino e una giuria insindacabile, che sposando le tradizioni ha saputo rielaborare la Pitta della nonna, piena di saperi e sapori.

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