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Origine grano obbligatoria in etichetta: Tar del Lazio dice sì

Indagine rivela che il consumatore biologico dichiara di prestare attenzione all’origine italiana del grano e della pasta

I giudici hanno respinto il ricorso dei pastai italiani. Il Mipaaf: “Avanti per garantire la massima informazione ai consumatori”

I pastai contestano la firma dei decreti interministeriali sull’obbligo dell’origine in etichetta

ROMA – Il Tar del Lazio, con l’ordinanza n. 6194/2017, ha respinto la richiesta di sospendere il decreto interministeriale che introduce l’obbligo di indicazione d’origine del grano nella pasta.

Il Tribunale ha ritenuto “prevalente l’interesse pubblico volto a tutelare l’informazione dei consumatori, considerato anche l’esito delle recenti consultazioni pubbliche circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del Paese d’origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e dell’ingrediente primario”. Il provvedimento firmato dai Ministri Maurizio Martina e Carlo Calenda entrerà in vigore come previsto il 17 febbraio 2018.

“La decisione del Tar del Lazio – ha commentato il Ministro Martina – conferma il diritto dei consumatori alla massima trasparenza delle informazioni in etichetta. Il nostro lavoro a tutela delle produzioni italiane va avanti, per valorizzare l’origine delle materie prime e rafforzare le filiere agroalimentari. Crediamo che questo provvedimento debba essere esteso a tutta l’Unione europea, perché si tratta di una scelta di equità, competitività e giustizia”.

COSA PREVEDE IL DECRETO

Il decreto grano/pasta prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:

  1. Paese di coltivazione del grano: nome del Paese nel quale il grano viene coltivato;
  2. Paese di molitura: nome del Paese in cui il grano è stato macinato.

Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.

Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.

ORIGINE VISIBILE IN ETICHETTA

Le indicazioni sull’origine dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili.

Oltre l’85% degli italiani considera importante conoscere l’origine delle materie prime per questioni legate al rispetto degli standard di sicurezza alimentare, in particolare per la pasta. È questo il dato emerso dalla consultazione pubblica online sulla trasparenza delle informazioni in etichetta dei prodotti agroalimentari, svolta sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a cui hanno partecipato oltre 26mila cittadini.

Esulta la Coldiretti

Anche Coldiretti ha commentato la decisione del Tribunale amministrativo regionale del Lazio che ha bocciato il ricorso dei pastai contro il Decreto interministeriale per l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima a partire dal febbraio 2018 sull’etichettatura della pasta. “Prendiamo atto con soddisfazione che la Magistratura ha riconosciuto il primato degli interessi dell’informazione dei cittadini su quelli economici e commerciali, respingendo un ricorso che andava contro gli interessi dell’Italia e degli Italiani che chiedono trasparenza” afferma il presidente Moncalvo.

“Non si può impedire ai consumatori di conoscere la verità privandoli di informazioni importanti come quella di sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, accusato di essere cancerogeno e per questo proibito sul grano italiano” aggiunge.

Italmopa: “A rischio la sopravvivenza del comparto molitario”

“La materia relativa all’obbligo di indicazione dell’origine in etichettatura, che si basa sulla pretesa e infondata relazione tra origine e qualità del frumento duro, non può in alcun modo essere affrontata scindendola da altre questioni sostanziali” commenta Cosimo De Sortis, Presidente Italmopa, Associazione Industriali Mugnai d’Italia.

“Il comparto della produzione agricola nazionale di frumento duro è, infatti, caratterizzato da alcune gravi criticità, in particolare il deficit qualiquantitativo rispetto alle esigenze dell’industria molitoria, il cui superamento avrebbe dovuto costituire la priorità nell’azione dell’Amministrazione. Criticità di cui spesso abbiamo parlato anche direttamente con i rappresentati del Ministero, formulando proposte di assoluto buonsenso, ma rimaste colpevolmente senza risposte, volte a tutelare l’interesse dei consumatori e a garantire la competitività non della sola Industria molitoria ma della filiera frumento duro nel suo insieme e di tutti gli attori che la compongono” prosegue.

“Siamo e saremo sempre per la trasparenza nei confronti del consumatore, ma il nostro ricorso aveva proprio l’obiettivo di far capire alle Istituzioni l’importanza di pensare insieme a noi addetti ai lavori a un decreto strutturato in maniera diversa e che tenesse conto di alcuni fattori e dinamiche che solo noi conosciamo bene” aggiuge De Sortis.

Particolarmente allarmante risulta essere il silenzio delle competenti amministrazioni di fronte alle segnalazioni di Italmopa circa l’impatto economico del Decreto in termini di maggiori costi di approvvigionamento e logistici a cui risulterà inevitabilmente esposta l’industria molitoria, in un quadro già caratterizzato da margini di redditività tra i più bassi del comparto agroalimentare nazionale.

“In questo contesto e nell’ottica della sopravvivenza delle nostre Aziende, è nostra ferma intenzione sviluppare ogni forma di iniziativa, a livello nazionale e comunitario, che possa riconoscere le nostre ragioni sia sul piano formale che sostanziale. Ci preme ricordare, inoltre, che anche a Bruxelles stanno lavorando per una legge unica europea sull’etichettatura che, una volta entrata in vigore, farà decadere automaticamente tutte le altre iniziative isolate e non convalidate dalla UE, come appunto quella in questione” conclude De Sortis.

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