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Dall’inizio della crisi sono raddoppiate le famiglie italiane in povertà assoluta

In Italia 1,8 milioni di famiglie vivono in condizioni di povertà assoluta secondo gli ultimi dati Istat: mai dall'inizio delle serie storiche si era arrivati ad un valore così negativo

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Rapporto Istat: i poveri sono saliti da 2 milioni e 400mila a quasi 5 milioni dal 2007 al 2016

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ROMA – Altro che uscita dalla crisi e ripresa: negli ultimi nove anni gli italiani che vivono in condizioni di povertà assoluta sono praticamente raddoppiati. Secondo l’ultimo rapporto Istat sulla povertà nel nostro Paese, nel 2007 le famiglie italiane in condizione di povertà assoluta erano 975mila, mentre oggi salgono a 1,6 milioni. Il numero di individui poveri nel 2007 era pari a 2.427.000, contro i 4.742.000 del 2016.

Rispetto al 2015 l’Istat, nel suo ultimo rapporto, rileva una sostanziale stabilità sia di famiglie sia di individui. L’incidenza di povertà assoluta per le famiglie è pari al 6,3%, in linea con i valori stimati negli ultimi quattro anni. Per gli individui, si porta al 7,9% con una variazione statisticamente non significativa rispetto al 2015 (quando era 7,6%).

Nel 2016 l’incidenza della povertà assoluta sale al 26,8% dal 18,3% del 2015 tra le famiglie con tre o più figli minori, coinvolgendo nell’ultimo anno 137mila 771 famiglie e 814mila 402 individui; aumenta anche fra i minori, da 10,9% a 12,5% (1 milione e 292mila nel 2016).

A livello territoriale l’incidenza della povertà assoluta aumenta al Centro in termini sia di famiglie (5,9% da 4,2% del 2015) sia di individui (7,3% da 5,6%), a causa soprattutto del peggioramento registrato nei comuni fino a 50mila abitanti al di fuori delle aree metropolitane (6,4% da 3,3% dell’anno precedente).

Sempre secondo il rapporto Istat persiste, a partire dal 2012, la relazione inversa tra incidenza di povertà assoluta e età della persona di riferimento (aumenta la prima al diminuire della seconda). Il valore minimo, pari a 3,9%, si registra infatti tra le famiglie con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, quello massimo tra le famiglie con persona di riferimento sotto i 35 anni (10,4%). Come negli anni precedenti l’incidenza diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento: 8,2% se ha al massimo la licenza elementare; 4,0% se è almeno diplomata.

La posizione professionale della persona di riferimento incide molto sulla diffusione della povertà assoluta. Per le famiglie la cui persona di riferimento è un operaio, l’incidenza è doppia (12,6%) rispetto a quella delle famiglie nel complesso (6,3%), confermando quanto registrato negli anni precedenti. Rimane, invece, piuttosto contenuta tra le famiglie con persona di riferimento dirigente, quadro e impiegato (1,5%) e ritirata dal lavoro (3,7%).

La povertà relativa

Secondo l’istituto di statistica risulta stabile rispetto al 2015. Nel 2016 riguarda il 10,6% delle famiglie residenti (10,4% nel 2015), per un totale di 2 milioni 734mila, e 8 milioni 465mila individui, il 14,0% dei residenti (13,7% l’anno precedente).

La povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (17,1%) o 5 componenti e più (30,9%). Colpisce di più le famiglie giovani: raggiunge il 14,6% se la persona di riferimento è un under 35 mentre scende al 7,9% nel caso di un ultra sessantaquattrenne. L’incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per gli operai e assimilati (18,7%) e per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (31,0%)

“Si tratta di numeri impressionanti e che non necessitano di commenti” esordisce il presidente Carlo Rienzi. “In meno di 10 anni i cittadini in povertà assoluta in Italia sono aumentati del 95%, praticamente raddoppiati. La crisi economica degli ultimi anni ha distrutto milioni di famiglie con una incidenza micidiale sul tasso di povertà italiano.” aggiunge.

“Su tali numeri la classe politica ha precise responsabilità, perché a fronte di proclami e promesse di interventi poco o nulla è stato fatto contro la povertà e per sostenere i cittadini più bisognosi, come dimostrano in modo inequivocabile i numeri dell’Istat” conclude Rienzi.

Come si calcola la povertà assoluta

L’incidenza è calcolata sulla base di una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una famiglia con determinate caratteristiche, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e per tipo di comune di residenza).

Le soglie rappresentano i valori rispetto ai quali si confronta la spesa per consumi di una famiglia al fine di classificarla assolutamente povera o non povera. Ad esempio, per un adulto (di 18-59 anni) che vive solo, la soglia di povertà è pari a 817,56 euro mensili se risiede in un’area metropolitana del Nord, a 733,09 euro se vive in un piccolo comune settentrionale, a 554,03 euro se risiede in un piccolo comune del Mezzogiorno.

Come si calcola la povertà relativa

La stima dell’incidenza della povertà relativa (percentuale di famiglie e persone povere) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà), che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile pro-capite nel Paese, e nel 2016 è risultata di 1.061,50 euro (+1,0% rispetto al valore della soglia nel 2015, quando era pari a 1.050,95 euro). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore sono classificate come povere. Per famiglie di ampiezza diversa il valore della linea si ottiene applicando un’opportuna scala di equivalenza, che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti.

Congiuntura economica e linea di povertà relativa

Per come è definita, la linea di povertà relativa si sposta di anno in anno a causa della variazione sia dei prezzi al consumo sia della spesa per consumi delle famiglie.

Nell’analizzare la variazione della stima si deve, dunque, tener conto dell’effetto combinato di entrambi gli aspetti. Nel 2016, la linea di povertà relativa è risultata pari a 1.061,35 euro, circa 11 euro in più di quella del 2015.

La linea di povertà del 2015 rivalutata, in base all’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (-0,1%), risulta pari a 1.049,90 euro; l’incidenza di povertà rispetto ad essa è del 10,3% (2 milioni 645mila famiglie povere); la differenza delle incidenze fra la linea rivalutata al 2015 e quella standard del 2016 non mostra variazioni significative.

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