Site icon Corriere Nazionale

Frontiera Usa-Messico, Amnesty: la repressione di Trump spinge i rifugiati in un limbo

Frontiera Usa - Messico

Il rapporto descrive l’impatto delle politiche che minaccia la detenzione illegale di migliaia di famiglie

Frontiera Usa – Messico

ROMA – Il viaggio già di per sé pericoloso di decine di migliaia di rifugiati è stato reso più mortale dal decreto del presidente Usa Trump su immigrazione e controlli alla frontiera e dalle irresponsabili politiche adottate dal Messico.

Lo ha denunciato oggi Amnesty International in un rapporto intitolato “Di fronte a un muro: violazioni dei diritti dei richiedenti asilo da parte di Usa e Messico”.

Il rapporto descrive il catastrofico impatto delle politiche e delle prassi che determinano respingimenti illegali di richiedenti asilo alla frontiera e che minacciano la detenzione illegale di migliaia di altre famiglie, compresi bambini e neonati, nei centri per immigrati degli Usa.

“Usa e Messico sono complici in un reato, quello di dar luogo a una grave catastrofe dei diritti umani. Gli Usa stanno edificando un sistema a tenuta stagna per impedire che le persone ricevano la protezione internazionale di cui hanno bisogno. Il Messico è fin troppo contento di avere il ruolo di guardiano”, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.

“Con la sua strategia del muro, il presidente Trump non si rende conto che si tratta di persone che, se vogliono vivere, non hanno altra scelta che quella di lasciare le loro case. Il muro, i discutibili decreti e l’espansione dei centri di detenzione per migranti non impediranno alle persone di cercare riparo negli Usa ma renderanno i loro viaggi attraverso il deserto, il mare o i fiumi ancora più mortali”, ha proseguito Guevara-Rosas.

“In questo triste gioco al gatto e al topo, gli unici a perdere sono le centinaia di migliaia di persone che cercano disperatamente scampo dai livelli estremi e mortali di violenza di El Salvador, Guatemala e Honduras. Invece di spingerle verso una morte probabile, gli Usa dovrebbero annullare il decreto sulla sicurezza della frontiera e adottare politiche in materia d’immigrazione del tutto nuove”, ha aggiunto Guevara-Rosas.

Respingimenti e detenzioni illegali

Dopo aver svolto un’estesa ricerca sul campo ai due lati della frontiera sin dal mese di febbraio, Amnesty International è giunta alla conclusione che le misure adottate dal presidente Trump per “fermare l’immigrazione” violano il diritto internazionale. Tra queste figurano il decreto del 25 gennaio sul rafforzamento della sicurezza alla frontiera e una serie di misure che consentono sia il ritorno forzato di persone in luoghi nei quali rischiano la morte che il crescente e illegale ricorso alla detenzione automatica di richiedenti asilo, in alcuni casi intere famiglie, per mesi.

Richiedenti asilo incontrati da Amnesty International lungo la frontiera hanno denunciato che le nuove misure li hanno esposti al rischio di violenze ed estorsioni da parte di contrabbandieri propostisi per portarli negli Usa. Nelle zone desertiche dell’Arizona, dopo l’elezione di Trump, le morti di migranti sono raddoppiate.

Secondo numerosi avvocati, migranti ed esponenti di organizzazioni non governative e per i diritti umani, i funzionari della Dogana e della Protezione della frontiera seguono la prassi illegale di rifiutare l’ingresso negli Usa ai richiedenti asilo.

Un uomo che era fuggito dall’Honduras con moglie e figlia dopo che era stato aggredito e ferito da una banda criminale locale, ha raccontato ad Amnesty International che nel gennaio 2017 la famiglia è stata respinta sei volte in tre giorni al varco di McAllen, Texas, nonostante ogni volta avesse dichiarato di voler chiedere asilo.

Nicole Ramos, un’avvocata statunitense che tra dicembre 2015 e aprile 2017 ha accompagnato 71 richiedenti asilo al punto di confine tra Tijuana e San Diego ha riferito ad Amnesty International che in quasi tutte le occasioni la polizia di frontiera ha cercato di negare l’ingresso o ha fornito informazioni sbagliate, ad esempio quella di tornare indietro e rivolgersi ai consolati statunitensi in Messico.

Il decreto del 25 gennaio prevede l’aumento della capienza dei centri di detenzione per migranti e richiedenti asilo.

Secondo il dipartimento per la Sicurezza interna, si prevedono fino a 33.500 letti in più, ossia quasi il raddoppio di quelli finora esistenti e in contrasto con la quota fissata dal Congresso di un massimo di 34.000 letti occupati al giorno. Quello che è già il più ampio sistema di centri di detenzione per migranti del mondo sarà dunque ancora più crudele.

Amnesty International ha documentato casi di famiglie con bambini e neonati in detenzione per oltre 600 giorni. Nei prossimi mesi il Congresso discuterà il finanziamento di questo regime di crudeltà per il 2018. Tenere una persona nei centri di detenzione costa al governo Usa da 126 a 161 dollari al giorno, mentre misure alternative alla detenzione costano appena sei dollari al giorno.

Messico: il guardiano degli Usa?

Secondo Amnesty International, il Messico non adempie alla sua responsabilità di dare protezione al numero sempre maggiore di persone provenienti dagli altri paesi dell’America centrale.

Secondo dati ufficiali, nel 2016 in Messico sono state presentate 8788 domande d’asilo rispetto alle 1296 del 2013. Al 35 per cento dei richiedenti è stato riconosciuto lo status di rifugiato.

Il 91 per cento delle richieste proveniva da cittadini del “Triangolo settentrionale” ossia da El Salvador, Guatemala e Honduras, paesi piagati dalla violenza. L’agenzia Onu per i rifugiati stima che nel 2017 le richieste potrebbero arrivare a 20.000.

Invece di fornire protezione a queste persone, il Messico le sta respingendo indietro verso situazioni di estremo pericolo. Nel 2016, secondo l’Istituto nazionale messicano per l’immigrazione, sono stati posti in detenzione 188.595 migranti irregolari, l’81 per cento dei quali provenienti da altri paesi dell’America centrale, e di questi ne sono stati rimandati indietro 147.370: il 97 per cento veniva da El Salvador, Guatemala e Honduras. Molti non erano neanche stati informati del diritto di chiedere protezione attraverso la domanda d’asilo.

Un 23enne fuggito dall’Honduras cinque anni fa è stato rimandato indietro 27 volte. Dopo essere rimasto orfano a 13 anni, era stato obbligato a entrare in una banda criminale che poi, quando è scappato, ha iniziato a cercarlo per ucciderlo. “Ai messicani non interessa perché lasci il tuo paese. Si fanno beffe di te!”

Un funzionario dell’Istituto nazionale per l’immigrazione dello stato meridionale del Chiapas ha detto ad Amnesty International: “Facciamo in modo da rendere il ritorno nei loro paesi il più rapido possibile”.

Exit mobile version