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Meno nascite e più ultranovantenni: l’Italia di oggi fotografata dall’Istat

Parto cesareo per una donna su 3 in Italia, Campania "regina" con il 56,4% delle nascite per via chirurgica. In alcune regioni resiste la pratica del parto in casa (con dati minimi)

Nel 2016 in calo per il sesto anno consecutivo anche il numero media di figli (1,34). Ultracentenari a quota 17mila

Unica eccezione sul fronte delle nascite nella Provincia di Bolzano (+3,2%)

ROMA – Nascite ancora in calo, over 65 residenti e ultranovantenni in aumento. È la fotografia della popolazione italiana scattata dall’Istat nel suo ultimo rapporto sugli indicatori demografici relativi al 2016.

L’anno scorso le nascite sono stimate in 474mila unità, circa 12mila in meno rispetto all’anno precedente e in continua discesa dalle 486mila del 2015.

Il calo, che a livello nazionale è pari al 2,4%, interessa tutto il territorio, con l’eccezione della Provincia di Bolzano (+3,2%).

Il numero medio di figli per donna, in calo per il sesto anno consecutivo, si assesta a 1,34. Inoltre si conferma la propensione delle donne ad avere figli in età matura. Rispetto all’anno precedente, i tassi di fecondità si riducono in tutte le classi di età della madre sotto i 30 anni mentre aumentano in quelle superiori.

La riduzione più accentuata si riscontra nella classe di età 25-29 anni (-6 per mille). L’incremento più rilevante è, invece, nella classe 35-39 (+2 per mille).

Infografica Istat

Al Nord si fanno più figli

Sul fronte delle nascite, nel 2016, come ormai da diverso tempo, è nelle regioni del Nord che si riscontra la fecondità più elevata del Paese (1,4 figli per donna), davanti a quelle del Centro (1,31) e del Mezzogiorno (1,29).

Su base regionale la fecondità varia in misura ancora più considerevole. Con 1,78 figli per donna nel 2016 la Provincia di Bolzano si conferma la regione più prolifica del Paese, seguita piuttosto a distanza dalla Lombardia (1,43). All’opposto, la fecondità è più contenuta nel Mezzogiorno e segnatamente in Molise (1,16), Basilicata (1,14) e Sardegna (1,07).

Paragonando la fecondità osservata nella Provincia di Bolzano al resto del Paese, oggi l’Italia figurerebbe tra i top-fertility Countries dell’Unione europea, insieme a Francia, Regno Unito e Svezia. Viceversa, con una fecondità pericolosamente prossima al figlio per donna, l’Italia sarebbe all’ultimo posto in Europa e, verosimilmente, nel Mondo.

Infografica Istat

L’aspettativa di vita: recuperato mezzo anno di vita in più alla nascita

Grazie al calo dei decessi nel 2016, la speranza di vita alla nascita ha completamente recuperato terreno dai livelli del 2015, marcando persino la distanza da quelli registrati nel 2014, ossia nell’anno precedente l’eccesso di mortalità e toccando il suo nuovo record storico.

Per gli uomini l’aspettativa di vita si attesta a 80,6 anni (+0,5 sul 2015, +0,3 sul 2014), per le donne a 85,1 anni (+0,5 sul 2015, +0,1 sul 2014).

Il recupero dei guadagni di sopravvivenza interessa tutte le età. All’età di 65 anni, ad esempio, la speranza di vita arriva a 19,1 per gli uomini (+0,4 sul 2015, +0,2 sul 2014) e a 22,4 anni per le donne (rispettivamente +0,5 e +0,1). Nelle condizioni date per il 2016, ciò significa che un uomo di 65 anni può oltrepassare la soglia degli 84 anni mentre una donna di pari età può arrivare a soffiare su 87 candeline.

Infografica Istat

Sempre più ultranovantenni

Al 1° gennaio 2017 i residenti ultranovantenni sono 727mila, un numero superiore a quello dei residenti in una grande città come Palermo. Sebbene questo segmento della popolazione rappresenti oggi appena l’1,2% del totale dei residenti, il suo peso assoluto e relativo nei confronti della popolazione complessiva è andato aumentando nel tempo.

Il fattore determinante per l’incremento della popolazione molto anziana è naturalmente il progressivo abbassamento dei rischi di morte a tutte le età ma, particolarmente negli ultimi decenni, quello conseguito nelle età anziane.

Ciò si deve, in primo luogo, a una combinazione di alcuni fattori trainanti, tra i quali i trattamenti medico-ospedalieri, la qualità dei servizi di prevenzione, le condizioni di vita in generale degli anziani, gli stili di vita in termini nutrizionali, abitativi e di contrasto ai fattori di rischio, come ad esempio la variazione nelle modalità di consumo di tabacco.

Esattamente quindici anni fa gli ultranovantenni ammontavano a 402mila e costituivano solo lo 0,7% del totale. Da allora essi sono aumentati in maniera costante, salvo che nella parentesi relativa al quadriennio 2007-2010. In tale periodo, infatti, la momentanea riduzione dei grandi anziani era dovuta al pieno ingresso sulla scena delle coorti nate negli anni 1916-1919, di consistenza numerica più ridotta, in quanto venute al mondo nel cuore del primo conflitto mondiale e nell’anno di culmine dell’epidemia da influenza “spagnola”.

Un’altra caratteristica rilevante della popolazione ultranovantenne è rappresentata dal suo graduale invecchiamento. Nel periodo 2002-2017 la proporzione della classe 90-94 anni sul totale degli ultranovantenni scende dall’83 all’80%, mentre il peso degli ultranovantacinquenni cresce dal 17 al 20%.

La regione dove vive il maggior numero di ultranovantenni in relazione al totale dei residenti è la Liguria, con un rapporto di 180 ogni 10mila abitanti, segue l’Umbria con 162. In quest’ultima regione, tuttavia, si è riscontrato il maggior incremento negli ultimi 15 anni (erano 83 ogni 10mila nel 2002).

Oltre 17mila ultracentenari ma in calo rispetto al 2015

Infografica Istat

Al 1° gennaio 2017 si stima che siano ancora in vita oltre 17mila ultracentenari. Non si tratta della consistenza più alta mai registrata, dal momento che al 1° gennaio 2015 le persone di 100 anni e più avevano già oltrepassato quota 19mila.

La riduzione osservata nell’ultimo biennio si deve, in particolare, a due fattori specifici: la forte mortalità del 2015 che ha abbassato il numero di circa 300 unità, cui segue l’anno successivo l’ingresso tra i centenari dei nati nel 1916, una coorte con un più basso numero di superstiti rispetto a quelle che l’hanno preceduta. Sulla scia del fatto che entro i prossimi tre anni si eleveranno al rango di centenarie anche le ridotte generazioni dei nati nel 1917-1919, è verosimile che la quota assoluta tenderà ulteriormente ad abbassarsi.

Al di là della momentanea riduzione, rimane il fatto che gli ultracentenari sono comunque molto aumentati nell’arco degli ultimi quindici anni.

Nel 2002 erano più di 6mila, rappresentando l’1,5% della popolazione ultranovantenne e lo 0,01% della popolazione totale. Oggi, che sono circa il triplo rispetto al 2002, costituiscono il 2,4% della popolazione ultranovantenne e lo 0,03% di quella totale.

Gli ultracentenari risiedono (e aumentano progressivamente) su tutto il territorio nazionale. In assoluto sono più numerosi nelle regioni molto popolose, come Lombardia (2mila 700) ed Emilia-Romagna (1.600).

Su base pro-capite, invece, la Liguria conta 50 ultracentenari ogni 100mila residenti, precedendo Molise (43 per 100mila) e Friuli-Venezia Giulia (39 per 100mila).

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