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Ritardi nei pagamenti della Pa, Italia a rischio multa

Recovery Fund: secondo i calcoli della CGIA di Mestre ogni anno la spesa pubblica dell'Italia è superiore di circa 700 miliardi

La Cgia di Mestre: doppia beffa, le nostre Pmi aspettano ancora 65 miliardi

Italia a rischio multa per i ritardi nei pagamenti della Pa

ROMA – Italia ancora nel mirino dell’Unione europea per i ritardi nei pagamenti della Pubblica amministrazione. Sembra quasi certa una multa nei confronti del nostro Paese e la notizia ha irritato la Cgia di Mestre.

«Con un debito verso i propri fornitori stimato in 65 miliardi di euro, 34 dei quali dovuti ai ritardi di pagamento accumulati in questi anni, la nostra Pa rimane la peggiore pagatrice d’Europa» afferma il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo.

«Una situazione che molto probabilmente ci costringerà a subire l’ennesima sanzione da parte dell’Ue per colpa di un’amministrazione che paga con il contagocce. Perché ha deciso di finanziarsi attraverso i propri fornitori» aggiunge.

«Mentre il nostro Governo è alla ricerca di quasi 2,5 miliardi di nuove entrate per coprire una parte della correzione dei conti richiestaci da Bruxelles e dopo due anni dalla procedura di infrazione comminataci dalla Commissione europea ora rischiamo di essere deferiti alla Corte di giustizia e subire una sanzione che molte imprese fornitrici della Pa pagherebbero due volte. La prima perché sono saldate con grande ritardo rispetto agli accordi contrattuali, la seconda perché la sanzione verrebbe pagata con la fiscalità generale» conclude.

Per il segretario della Cgia, Renato Mason «le lungaggini burocratiche, il cattivo funzionamento degli uffici pubblici, i vincoli di bilancio imposti da Bruxelles, l’abuso di posizione dominante del committente e la mancanza di liquidità sono le motivazioni che consegnano al nostro Paese la maglia nera in Ue della correttezza nei pagamenti della Pa».

«Nonostante dal 1° Gennaio 2013 la legge stabilisca che il pubblico debba pagare entro 30 giorni, salvo non sia un’azienda sanitaria che allora lo può fare entro 60, queste disposizioni continuano a essere spesso disattese, con ricadute molto pesanti soprattutto per le piccole imprese che dispongono di un potere negoziale molto limitato nei confronti degli enti pubblici» spiega ancora Mason.

«Un problema, è bene sottolinearlo, che, purtroppo, non riguarda solo le transazioni commerciali con il pubblico, ma anche tra aziende private. Un malcostume generalizzato che non ha eguali nel resto dell’Ue» conclude.

Nel confronto internazionale la nostra Pa presenta un livello di debiti commerciali nettamente superiore. Dai dati dell’Eurostat lo stock di debiti commerciali al 31 Dicembre 2015 in Italia era di 48,9 miliardi di euro (pari al 3% del Pil).

Dati che, spiega la Cgia, non includono i debiti ceduti con la clausola pro soluto a intermediari finanziari e la quasi totalità dei debiti riconducibili alla spesa in conto capitale. 7

In Spagna, invece, lo stock ammontava a 14,5 miliardi (1,3% del Pil), in Germania a 37,4 miliardi (1,2%) e in Francia a 26,4 miliardi (1,2%).

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