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Mattarella, due anni al Quirinale: discorsi brevi e zero nomine

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Il 31 Gennaio del 2015 l’elezione dell’attuale Capo dello Stato. Il bilancio del biennio

Mattarella con la Presidente della Camera, Laura Boldrini, e l’allora Presidente Vicaria del Senato, Valeria Fedeli in occasione della cerimonia di giuramento

ROMA – Il 31 Gennaio 2015 Sergio Mattarella viene eletto nuovo Presidente della Repubblica Italiana. Al Quirinale, dopo Giorgio Napolitano, sale il dodicesimo capo di Stato della storia repubblicana.

Mattarella al Quirinale con 665 voti

L’elezione dell’ex pluriministro e giudice costituzionale avviene al culmine di giornate ad alta tensione per la politica italiana. Sebbene il nome di Mattarella circoli da subito, nei primi tre scrutini i principali partiti di maggioranza e opposizione optano per la scheda bianca.

Nelle stesse ore le trattative vanno avanti alla ricerca di un nome con la più ampia maggioranza possibile. Con Il Movimento 5 Stelle arroccato sul nome di Imposimato, uscito dalle “quirinarie”, la rottura del Patto del Nazareno tra Pd e Forza Italia, segna la svolta.

Il Partito democratico e l’allora premier Matteo Renzi comunicano la scelta di Mattarella per il quarto scrutinio il 29 Gennaio. Sulla candidatura convergono Sinistra Ecologia e Libertà, Scelta Civica e Area Popolare.

Mattarella è eletto il 31 Gennaio 2015 con 665 voti, circa due terzi di quelli dell’assemblea elettiva. L’insediamento al Quirinale avviene il 3 Febbraio 2015.

I discorsi di fine anno: Einaudi e Scalfaro da record

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (foto www.quirinale.it)

Due anni dopo l’elezione, l’associazione OpenPolis ha tracciato un bilancio dei primi 24 mesi di presidenza Mattarella.

Ma «i due anni di mandato sono occasione per osservare, con i dati, alcune delle azioni tipiche e delle prerogative del Capo dello Stato. E vedere come sono state espresse in passato e oggi» sottolinea OpenPolis.

A partire dal tradizionale discorso di fine anno al Paese, introdotto nel 1949 da Luigi Einaudi. Nonostante non sia previsto dalla Costituzione, l’appuntamento si è consolidato e rinnovato in 68 anni, soprattutto per quanto riguarda la lunghezza.

Dalle 148 parole di Einaudi nel 1950, record negativo, si è arrivati fino al primato di Oscar Luigi Scalfaro, raggiunto nel 1997 con 4912 termini utilizzati.

Discorsi più lunghi hanno caratterizzato anche la presidenza Cossiga negli anni Ottanta (3542 parole nel 1990) e quella Pertini (3354 nel 1983). Dal 1999, con Ciampi la tendenza si è invertita e i discorsi di fine anno sono diventati sempre più brevi rimanendo sempre sotto alle duemila parole.

La leggera risalita con Napolitano (oltre 2000 parole dal 2009 al 2014) è stata bilanciata dall’arrivo di Mattarella.

L’attuale Presidente della Repubblica nel 2015 ha utilizzato 2062 termini e nel 2016 è sceso a 1930.

Nomine di giudici costituzionali e senatori a vita: Mattarella a quota zero

Mattarella alla recente inaugurazione dell’anno giudiziario

Tra le varie competenze del Capo dello Stato ci sono anche alcuni tipi di nomina, come quella dei giudici costituzionali e dei senatori a vita. Fanno parte dei cosiddetti poteri sostanziali, vale a dire gli atti di competenza esclusiva del Presidente.

Ad oggi il presidente Mattarella, egli stesso membro della Corte prima dell’elezione al Quirinale, non ha ancora nominato alcun giudice.

«Imprevisti a parte, la prima nomina di Mattarella dovrebbe avvenire all’inizio del 2018, quando scadrà il mandato del Presidente, Paolo Grossi» sottolinea OpenPolis.

Ma finora Mattarella non ha nominato neppure senatori a vita. L’articolo 59 della costituzione, che regola la loro nomina, è stato interpretato in maniera diversa dai vari inquilini del Quirinale.

Il testo dell’articolo lascia infatti un buon margine di discrezionalità. Il presidente «può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la patria nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario» afferma.

Pertini e Cossiga interpretarono in maniera estensiva questa norma nominando cinque senatori a vita ciascuno. Einaudi invece ne nominò otto ma progressivamente, rispettando quindi il principio per cui nel complesso non dovessero essere più di cinque.

A parte De Nicola, la cui presidenza durò solo pochi mesi, solo Scalfaro e Mattarella non hanno nominato senatori a vita. Scalfaro ne trovò otto già in carica all’inizio del suo mandato.

«Il fatto che finora Mattarella si sia astenuto da questo tipo di nomina è forse legato al progetto di riforma costituzionale. Se la riforma Renzi-Boschi fosse andata in porto, infatti, la disciplina sui senatori a vita sarebbe cambiata. Si può quindi supporre che il Presidente abbia voluto attendere l’esito delle riforme prima di fare una scelta» spiega OpenPolis.

Finora concessi quattro atti di clemenza

Il Capo dello Stato

Tra i poteri formali e sostanziali del presidente della repubblica rientra anche quello di concedere la grazia. Si tratta di un potere che può estinguere in tutto o in parte le pene, o convertirle in misure diverse.

Dal 1986, quando fu varata la legge Gozzini che introduceva misure alternative alla detenzione, i provvedimenti di grazia sono nettamente diminuiti. Dei 1.395 atti di clemenza emanati da Cossiga ben 1.003 sono del 1986, mentre solo 104 sono del 1987.

Il trend si è consolidato negli anni successivi. Nel doppio mandato di Napolitano in tutto sono stati 23. Mattarella finora ne ha concessi 4.

Tre decreti di concessione di grazia risalgono al 23 Dicembre 2015 e riguardano Massimo Romani, Betnie Medero e Robert Seldon Lady. In precedenza, il 13 Novembre 2015, era stata concessa la grazia ad Antonio Monella.

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