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Origine grano in etichetta, i pastai di AIDEPI: decreto nato male

Uno studio scientifico promosso dai Pastai italiani di Unione Italiana Food ha calcolato l’impatto ambientale della cottura della pasta e il possibile risparmio energetico

L’associazione non è soddisfatta dello schema di decreto inviato oggi a Bruxelles dal Ministero delle Politiche Agricole

I pastai italiani criticano la dicitura scelta dal Governo

ROMA – Oggi il Ministero delle Politiche agricole ha inviato a Bruxelles per la prima verifica lo schema di decreto che introduce la sperimentazione dell’indicazione obbligatoria dell’origine per la filiera grano pasta in Italia.

L’obiettivo del Governo è arrivare a un modello di etichettatura che consentirà di indicare con chiarezza al consumatore sulle confezioni di pasta secca prodotte in Italia il Paese o l’area dove è coltivato il grano e quello in cui è macinato.

Sulla questione sono intervenuti anche i pastai italiani di AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) che esprimono un giudizio fortemente critico verso la dicitura scelta dal Governo.

Secondo Riccardo Felicetti, Presidente dei pastai di Aidepi, «la formula scelta non ha alcun valore aggiunto per il consumatore. L’origine da sola non è infatti sinonimo di qualità. Inoltre non incentiva gli agricoltori italiani a investire per produrre grano di qualità con gli standard richiesti dai pastai».

Per i pastai italiani questa etichetta «nata male» potrebbe inoltre compromettere la competitività dell’intera filiera della pasta sul mercato nazionale e internazionale.

Non incentiva gli agricoltori italiani a investire per produrre grano con standard di qualità richiesti dai pastai. Che rischierebbero così di lavorare un grano scadente acquistato a prezzi più alti.

La conseguenza è che il consumatore potrebbe arrivare a pagare di più una pasta meno buona e l’industria della pasta, con un prodotto meno buono, perderebbe quote di mercato soprattutto all’estero.

Per AIDEPI l’etichetta da sola non risolve dunque i problemi della filiera della pasta. Non aumenta la qualità del grano o la sostenibilità delle pratiche agricole. Né aiuta la competitività del settore pastario.

«Bisogna invece avviare con urgenza percorsi di valorizzazione del frumento duro nazionale di qualità. Quello italiano è oggi ancora insufficiente (per quantità e qualità complessive) a soddisfare le esigenze dei pastai. Solo una maggiore disponibilità di grano italiano di qualità farà crescere la percentuale di grano nazionale nella pasta a discapito di quello estero» sottolinea ancora AIDEPI.

Come aggiunge Felicetti, «noi pastai italiani siamo da sempre a favore della trasparenza nei confronti del consumatore. Produciamo pasta con le migliori semole ottenute da grani duri di elevata qualità italiani ed esteri. Comunicarlo è una scelta all’insegna della trasparenza nei confronti del consumatore che, in questo modo, potrà verificare come dietro la qualità della pasta italiana a volte ci sono ottimi grani duri nazionali, altre volte eccellenti grani duri stranieri»

Per questo AIDEPI si è seduta al tavolo di filiera con i ministri competenti (MISE, MIPAAF) e le associazioni agricole. Ma dopo mesi di discussione e ad un passo da un accordo raggiunto, il decreto è stato strumentalizzato e modificato di conseguenza.

Secondo AIDEPI, la vera trasparenza è fornire al consumatore tutte le informazioni necessarie per fare scelte consapevoli. Per esempio, conoscere la complessità e il “saper fare” dietro ad un piatto di pasta (dai controlli di qualità per garantire la sicurezza e salubrità del prodotto, all’impegno di riduzione dell’impatto ambientale).

E per questo i pastai hanno proposto un sistema di etichettatura al Governo, che però non è stato ascoltato.

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