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Vivere alla Grande, il docufilm sul gioco d’azzardo

Il regista: “Ho voluto raccontare l’inganno che subiscono ogni giorno milioni di persone in Italia”

ROMA – Vivere alla Grande è il sogno di ogni giocatore d’azzardo. Vivere alla grande è il titolo di questo documentario, diretto da Fabio Leli e presentato al Festival del Film di Locarno e al Milano Film Festival, che analizza e documenta la piaga sociale del gioco d’azzardo, il disfacimento progressivo della società italiana e l’intero giro di affari che circola intorno.
Ma Vivere alla Grande è anche il nome di un Gratta & Vinci realmente esistente, che promette una vincita di 500.000 auro subito, più 10.000 auro per vent’anni, più 100.000 auro di bonus finale.

Chi non sarebbe attratto dallo sperare una vincita simile? Vivere alla Grande è quindi soprattutto la speranza di poter risolvere la propria vita con il passaggio di una monetina sulla carta argentata di un biglietto di carta. Purtroppo la speranza può essere un’astuta trappola organizzata da chi quel biglietto l’ha creato, perché la probabilità di effettuare quella vincita, risiede solo in 5 biglietti. Cinque biglietti su 30 Milioni di biglietti. Ma purtroppo questo sul biglietto non c’è scritto.

“Il progetto di documentario “Vivere alla Grande” nasce proprio con l’intento di informare e raccontare il grosso inganno che subiscono ogni giorno milioni di persone in Italia – spiega il regista Fabio Leli -. Ma non con la pretesa d’imboccare lo spettatore con noiosi dati e numeri, ma articolando le informazioni in una storia, cercando di far comprendere ciò che accade sotto i loro occhi, nella maniera più gradevole e attraente possibile”.

La sinossi

L’Italia è sotto attacco. L’invasore non è uno Stato estero. Il nemico non ha un volto facilmente riconoscibile, ma la sua presenza è ormai talmente forte e radicata, che viene quasi considerato un alleato dal governo italiano. E’ il gioco d’azzardo legalizzato, una macchina perfetta che lavora a più livelli, e che nell’ultimo anno ha succhiato agli italiani 100 miliardi di euro. Succhiati si, ma spontaneamente. Perché non è solo una questione di denaro. Sembra una tassa invisibile e volontaria, una tassa del popolo. L’invasione si sviluppa a livello economico, ma anche territoriale, politico, sociale, mediatico e culturale. E’ un circolo vizioso, che coinvolge tutti questi aspetti e li modifica per il fine massimo: il profitto. Ma un profitto di pochi, in contrasto alla sofferenza e alla povertà di molti, troppi. Perché indubbiamente l’unico modo certo e accurato di guadagnare con il gioco d’azzardo è solo uno: gestirlo.

“Appoggiati a quei muri ho visto anziani, disoccupati, pensionate, ragazzini che sarebbero dovuti essere a scuola, insomma persone comuni che utilizzavano il loro tempo in questo modo. Ho osservato queste persone per due anni, e ne trovavo sempre di più – prosegue il regista -. Ma è nel 2011 che un episodio che ho ritenuto agghiacciante, e che ritengo tuttora tale, ha modificato completamente il mio modo di vedere il fenomeno dell’azzardo legale, lecito e quasi venerato. La vigilia di Natale c’è il classico scambio di regali tra amici e parenti. In quell’anno e in quel Natale una signora, un’amica di famiglia, decise di regalare una busta misteriosa ad una ragazzina di 16 anni. La ragazzina aprì curiosa la sua busta e dentro ci trovò cinque Gratta & Vinci da 10 Euro, pronti per essere grattati assieme alla signora, la quale pregò la ragazzina di farlo subito, attraverso un determinato rito che la stessa perseguiva. La tristezza di quel momento fu per me causa di mobilitazione”.

Il trailer

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