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In Antartide caccia al ghiaccio più antico del pianeta

Individuato in Antartide, a 40 km dalla base italo-francese Concordia,  il sito di perforazione dove estrarre carote di ghiaccio fino a 2.730 metri di profondità, che serviranno a ricostruire il clima globale degli ultimi 1,5 milioni di anni

Al via il progetto europeo “Beyond EPICA – Oldest Ice” (BE-OI): in prima fila c’è anche l’Italia

Il progetto ha l’obiettivo di trovare i più antichi archivi di ghiaccio della Terra

ROMA – Glaciologi e climatologi di dieci Paesi europei in Antartide andranno a caccia del ghiaccio più antico presente sulla Terra. L’obiettivo è trovare il punto della calotta antartica dal quale estrarre la carota di ghiaccio che permetta di andare più indietro nella storia del pianeta. Questo archivio temporale permetterà di decifrare i processi del sistema climatico del passato, per migliorare le proiezioni su quello futuro.

A finanziare il progetto “Beyond EPICA – Oldest Ice” (BE-OI) con 2,2 milioni di euro è la Commissione Europea mentre il coordinamento è affidato all’istituto tedesco Alfred Wegener, Helmholtz Centre for Polar and Marine Research (Awi).

Del progetto fa parte anche l’Italia che partecipa nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerca in Antartide (Pnra) finanziato dal Ministero dell’Istruzione ed è presente nel consorzio con l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) e Università di Bologna.

Sono coinvolti scienziati di università italiane (Ca’ Foscari Venezia, Firenze e Milano-Bicocca), dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).

Obiettivo: trovare il ghiaccio di un milione e mezzo di anni fa

L’analisi di una carota di ghiaccio

I ricercatori andranno a cercare, in particolare, ghiaccio di un milione e mezzo di anni fa, ben più “vecchio” del campione oggi disponibile che risale a 800mila anni fa. Tali carote di ghiaccio contengono particelle di aria che risalgono al momento della loro formazione. Analizzate in laboratorio, rivelano la composizione dell’atmosfera del passato.

«Quello che ancora non siamo riusciti a comprendere è perché cambiò il ciclo dei periodi glaciali e interglaciali tra 900mila e 1,2 milioni di anni fa», spiega Carlo Barbante, professore all’Università Ca’ Foscari Venezia e direttore dell’Idpa-Cnr.

Prima della cosiddetta transizione di metà Pleistocene, i periodi glaciali e interglaciali si alternavano all’incirca ogni 40mila anni. Da allora invece ogni periodo è durato circa 100mila anni. Questa conoscenza deriva per esempio dall’analisi di campioni di sedimenti, i quali però sono privi di informazioni sui gas presenti nell’atmosfera.

«Non possiamo indagare il ruolo dei gas ad effetto serra, perché non abbiamo campioni adeguati per farlo, in quanto gli unici archivi geologici che contengono la composizione chimica dell’atmosfera sono le carote di ghiaccio» aggiunge Barbara Stenni, professoressa all’Università Ca’ Foscari Venezia.

Il progetto BE-OI nasce proprio per colmare questa lacuna, con analisi geofisiche, tecnologie di perforazione rapida e datazione del ghiaccio sul campo. Inoltre, le tecnologie di perforazione saranno ulteriormente sviluppate e testate.

Il primo lavoro sul campo partirà a breve. In Antartide il glaciologo Massimo Frezzotti (Enea) e i geofisici Stefano Urbini (Ingv) e Luca Vittuari (Università di Bologna), assieme ai colleghi degli altri istituti coinvolti nel progetto, analizzeranno lo spessore dei ghiacci, le loro caratteristiche fisiche e la topografia del basamento roccioso in due differenti siti sia da aereo che a terra.

Lo spessore della calotta glaciale è solo un primo indicatore della presenza di ghiaccio del passato, perché a determinare quanto sono antichi gli strati di ghiaccio sono l’accumulo di neve e i flussi dei ghiaccio dal cuore dell’Antartide verso la costa.

Durante il programma di ricerca sul campo gli scienziati contemporaneamente misureranno l’accumulo di neve, la dinamica del ghiaccio e useranno nuove tecnologie per perforare il ghiaccio e misurare le temperature.

«Nel corso degli studi precedenti abbiamo individuato aree chiave in cui ci aspettiamo di trovare i più antichi archivi di ghiaccio della Terra – spiega il professor Olaf Eisen (Alfred Wegener Institute), coordinatore del progetto -. Ora dobbiamo verificarlo ed è importante per noi apprendere più possibile riguardo i processi di deposizione e della dinamica del ghiaccio».

Oltre a questi interrogativi scientifici, il progetto ha anche l’obiettivo di mettere assieme l’esperienza tecnologica e scientifica necessaria per affrontare questo progetto di perforazione profonda, per rifinire la pianificazione scientifica e la gestione del progetto e per definire budget e finanziamenti.

Per generare il massimo avanzamento scientifico, sono coinvolte le più ampie comunità scientifiche europee dedicate alla paleoclimatologia e allo studio dei modelli climatici.

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