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Terremoto: suolo deformato per 130 chilometri quadrati

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Gli effetti del terremoto sulla viabilità

La scoperta dei ricercatori del CNR e dell’INGV attraverso le immagini radar della costellazione Sentinel-1

Le deformazioni del suolo sono state rilevate attraverso la generazione della mappa di deformazione co-sismica

ROMA – Mentre la terra continua a tremare nel Centro Italia, con l’ultima forte scossa di stamani, prosegue anche l’attività relativa di studio delle deformazioni del suolo e delle sorgenti sismiche, focalizzata ora sul nuovo evento di domenica alle 7:40 che ha colpito le province di Macerata e Perugia.

A portare avanti il lavoro è un team di ricercatori dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IREA di Napoli) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), assieme a centri di competenza nei settori dell’elaborazione dei dati radar satellitari e della sismologia, con il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

Grazie all’uso dei dati radar acquisiti dai satelliti della costellazione Sentinel-1 del Programma Europeo Copernicus, il team di ricercatori è stato in grado di analizzare i movimenti del suolo causati dal terremoto del 30 ottobre. In particolare, sfruttando la tecnica dell’Interferometria SAR Differenziale, è stato possibile rilevare le deformazioni del suolo attraverso la generazione della mappa di deformazione co-sismica, ottenuta dalle immagini acquisite da orbite discendenti il 25 ottobre (pre-evento) ed il 31 ottobre (post-evento).

«Queste analisi, sebbene risultino abbastanza critiche per i dati radar Sentinel-1 (banda C), trattandosi di aree caratterizzate da folta vegetazione, mostrano una deformazione che si estende per un’area di circa 130 chilometri quadrati ed il cui massimo spostamento è di almeno 70 cm, localizzato nei pressi di Castelluccio. Questi risultati verranno raffinati nei prossimi giorni grazie ad ulteriori analisi, questa volta con dati radar acquisiti dal satellite giapponese ALOS2 che, operando in banda L, garantisce stime più accurate dell’entità degli spostamenti superficiali in aree con copertura vegetale» spiega Riccardo Lanari, direttore del CNR-IREA.

«Dall’interferogramma ottenuto dai dati Sentinel-1 è possibile delimitare la zona (40 x 15 km) in cui il terreno si è abbassato a seguito dei terremoti del 26 e 30 ottobre di magnitudo 5.9 e 6.5» aggiunge Stefano Salvi, dirigente tecnologo INGV.

«Si nota molto bene la complessità dei movimenti del suolo, sostanzialmente dovuti a due categorie di effetti. Allo scorrimento degli opposti lembi di crosta terrestre lungo i piani di faglia profondi è dovuto l’andamento concentrico delle frange colorate (linee di uguale abbassamento), mentre discontinuità, addensamenti o piegature ad angolo acuto delle frange sono dovute a fenomeni molto superficiali quali scarpate di faglia, riattivazioni di frane, sprofondamenti carsici. È il contributo dei terremoti alla costruzione dei paesaggi Appenninici» conclude.

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