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Scioglimento comuni: legge preventiva stravolta dai governi?

Scioglimento dei comuni per infiltrazioni: una legge preventiva stravolta dai governi?
l’associazione Cosmopolis  sulla chiusura dei comuni per infiltrazioni mafiose fa un ricerca

CATANZARO- Ancora una maglia nera per la Calabria che si accredita il più alto numero di comuni sciolti per mafia. È l’associazione Openpolis , indipendente dal 2006, economicamente autonoma, partecipata da migliaia di persone, che dietro uno studio di ricerca è riuscita a far emergere un dato sconcertante: ben 171 municipi sono stati chiusi per mafia. Il primo posto lo detiene la Calabria 70 comuni, a seguire la Campania 52, Sicilia 43, dove i comuni sciolti per condizionamenti della criminalità organizzata sono in stallo. La ricerca continua e sembra che il Sud la fa da padrona, nel merito, dove gli enti che hanno concluso la loro attività a causa di infiltrazioni mafiose rappresentano il 97% del totale a livello nazionale.

Scioglimento comuni per infiltrazioni: una legge preventiva stravolta dai governi?

Giusto per capire quando è iniziata, applicata in seguito la legge 221 del 1991, è necessario ricordare il fatto di Taurianova. Un fatto particolare dove si è visto un crimine efferato di un affiliato alla n’drangheta la cui testa mozzata fu oggetto di un tiro al bersaglio a suon di pistolettate. Insomma, una vera e propria emergenza. Una norma dalla forma preventiva, questo era il suo scopo originario, e il Ministero doveva avere il potere di sciogliere l’attività comunale svincolato dalle maglie burocratiche della magistratura.

Dopo tantissimi anni, ben 25, di applicazione della legge, anche in Calabria non sono pochi i dubbi sulla validità dello strumento pensato a suo tempo per difendere i comuni dall’aggressione della criminalità organizzata e per colpire le connivenze di funzionari e dipendenti infedeli. Anche il Procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, ha parlato di legge che “va rivista e aggiornata alla luce degli anni di esperienza fatta sui diversi territori”.

Il caso più sconcertante resta comunque lo scioglimento del comune di Reggio Calabria nell’ottobre del 2012, quando per la prima volta è stato sciolto un capoluogo di provincia. Non un municipio qualunque, ma una città metropolitana, dieci per la precisione in tutto, considerata dal punto di vista della popolazione, delle autorevolezze politiche e dell’economia il municipio più considerevole della Regione Calabria. Insomma, la sede di governo di una regione. Uno scioglimento deliberato “per la contiguità con alcuni ambienti mafiosi”, e perciò ben oltre il semplice rischio infiltrazione. Piccole e grandi città azzerate dal ministero degli Interni, ma la realtà è ben più preoccupante.

Nel corso degli anni nel mirino della legge sono finte anche l’azienda ospedaliera di Locri, sciolta dopo l’omicidio del vice presidente del Consiglio regionale Francesco Fortugno (primario del Pronto Soccorso), e l’Asp di Vibo Valentia pesantemente condizionata dai clan della ‘ndrangheta.

Le conclusioni di Openpolis sono chiare, un’analisi finale:

“Insomma ci sarebbe da pensare che la legge non funziona e va cambiata. Del resto lo pensano in molti, anche se nessuno è riuscito ancora a farlo. Altrimenti, se la legge funziona e rimane in vigore vuol dire che al Sud non c’è nessuna speranza e che Calabria, Campania e Sicilia sono Regioni perdute per sempre che sarebbe meglio far scomparire dalla cartina dell’Italia. Se i commissariamenti sono stati efficaci, se le misure eccezionali contro la ‘ndrangheta, la criminalità e quant’altro sono efficaci, ma non producono risultati è chiaro che la democrazia non fa per il Meridione e le nostre realtà.  Vuol dire che i popoli meridionali hanno nel dna un gene criminale che non può essere debellato e che forse meriterebbe soluzioni più cruente. Se la legge funziona vuol dire che, quantomeno, è troppo blanda e va inasprita, per ottenere i risultati che neanche le associazioni dei professionisti dell’antimafia riescono a produrre, perché troppo impegnate a organizzare convegni alla camomilla dai ricchi sponsor. Ed anche da questo punto di vista va cambiata, magari rendendola più aspra e dando poteri militari ai commissari e alle Procure. Insomma si ricorra alla soluzione finale contro le comunità meridionali. E nessuno pensi che istruzione e lavoro possano essere gli unici strumenti per svincolare dal bisogno le popolazioni e mettere in un angolo i mafiosi.”

Ada cosco

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