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Annata nera per l’olio: raccolta giù e prezzi in salita

Firmato il decreto direttoriale Mipaaf che fornisce le direttive per le Regioni e le Province autonome per i bandi regionali PNRR per l’ammodernamento dei frantoi oleari

Intanto l’olio spagnolo minaccia il vero made in Italy: c’è in due bottiglie su tre

La produzione di olio si attesta a 298 milioni di chili, un valore vicino ai minimi storici

ROMA – Si prospetta un’annata nera per l’olio italiano con un calo del 38% della produzione nel nostro Paese, che si attesta a 298 milioni di chili, un valore vicino ai minimo storici di sempre.

La conseguenza è facilmente immaginabile, con i prezzi che sono destinati a salire come dimostra l’aumento del 14% registrato nell’ultima settimana.

A lanciare l’allarme è stata oggi la Coldiretti in occasione della “Giornata nazionale dell’extravergine italiano” al Mandela Forum di Firenze in Toscana che ha visto la partecipazione di almeno diecimila agricoltori.

Lo scarso raccolto non riguarda solo l’Italia, ma secondo l’associazione «si riflette sulla produzione a livello mondiale dove si prevede una storica carestia». Non se la passano meglio infatti la Grecia con circa 240 milioni di chili (-20%) e la Tunisia dove non si supereranno i 110 milioni di chili (-21%).

Fa eccezione la Spagna, che si conferma leader mondiale, con una stima produttiva di circa 1400 milioni di chili, in linea con l’anno scorso. In netta controtendenza la Turchia che aumenta la produzione del 33% per un totale di 190 milioni di chili.

Le previsioni Ismea/Unaprol che classificano l’Italia come secondo produttore mondiale nel 2016/17 confermano la Puglia come “regina” delle regioni di produzione seguita dalla Calabria e dalla Sicilia.

La crisi della produzione di olio italiano si ripercuote anche sulla qualità del prodotto che finisce sulle nostre tavole.

C’è infatti più olio spagnolo che italiano nelle bottiglie riempite a livello nazionale che in due casi su tre contengono prodotto straniero proveniente per oltre il 60% dalla Spagna, il 25% dalla Grecia, ma per quasi il 10% da un Paese extracomunitario come la Tunisia.

L’Italia si classifica come il maggior importatore mondiale per un quantitativo stimato nel 2016 superiore a 500 milioni di chili a fronte di una produzione nazionale di 298 milioni di chili.

Gli oli di oliva stranieri vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri.

Sotto accusa è la mancanza di trasparenza nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009.

Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva.

La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile. Spesso riportano con grande evidenza immagini, frasi o nomi che richiamano all’italianità fortemente ingannevoli.

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