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L’amatriciana diverrà simbolo della vita che continua

Amatrice ha dato il nome al suo piatto
Un piatto, un simbolo del paese che non c’è più

Tra l’uomo e la terra un confronto impari

Puntualità. Il terremoto arriva a ricordarci che siamo piccoli e fragili e che, per quanto possiamo sentirci forti e immortali, siamo destinati a perdere il confronto con la terra. Il banco vince. Sempre. A noi rimangono i dubbi di sempre, il senso di dolore profondo e… l’amatriciana.

Razionali o fatalisti non importa. Quello ingaggiato con la natura è un gioco duro. E non lo vincono i duri. L’uomo che paga il conto mai c’entra qualcosa. Vittime innocenti. Sì, le vittime delle sciagure e disastri sono innocenti. Sempre. E anche cercare le responsabilità in chi doveva prevedere e prevenire, e non è riuscito a fare nulla, è un modo per sciacquarsi la bocca dopo aver bevuto pensando così di nascondere la sbornia.

Anche per questo, quando si contano i morti, è bene restare in silenzio, evitare i commenti, i distinguo e i però. Troppo facile. Tutti vittime e tutti colpevoli. Solo inguaribili ottimisti possono davvero pensare che i buoni e i cattivi vengano separati nelle conseguenze di queste tragedie.

Un fatto è chiaro: l’estate del 2016 è finita anzitempo; e in maniera tragica con la terra che trema e si apre. Il brutto risveglio del 24 agosto è probabilmente questo resterà nei ricordi dei vivi. E, probabilmente, l’amatriciana sarà in futuro il simbolo della vita che continua. Nonostante tutto. Ed è ai vivi che toccherà pensare e fare. A partire da come ridare serenità all’umanità e ai luoghi sconvolti.

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