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Ranger, il 2015 è stato l’annus horribilis

Alcuni ranger impegnati nel salvataggio di un rinoceronte

Alcuni ranger in un parco africano
Alcuni ranger in un parco africano

Sono morte 107 sentinelle dell’ecosistema

ROMA – Centinaia di ranger, in diversi angoli del pianeta, ogni giorno rischiano la vita nella lotta contro i bracconieri. Il 2015 è stato l’annus horribilis per queste sentinelle chiamate a far rispettare la legge in Paesi dove il bracconaggio è una tra le più redditizie attività criminali. Sono almeno 107, infatti, i ranger che hanno perso la vita in azioni di contrasto ai bracconieri o uccisi da animali selvatici. Negli ultimi dieci anni, il totale ammonta invece a oltre mille morti. A lanciare l’allarme è stata la Federazione Internazionale Ranger (IRF), che ha realizzato un’indagine sul fenomeno insieme al WWF. Secondo i dati diffusi dalle due organizzazioni (scaricabili qui), dei 107 ranger morti nel 2015 il 42% sono rimasti vittime dei bracconieri mentre il 17% ha perso la vita per attacchi di animali selvatici. A rendere ancora più complicata la vita di molti ranger c’è anche la mancata copertura assicurativa. Nonostante gli evidenti rischi che affrontano ogni giorno, il 35% di quelli pubblici non possiede alcuna assicurazione sulla vita. Il 20% non ha quella sanitaria e il 45% manca di copertura assicurativa per disabilità permanente. Commissionata dal WWF e dalla Federazione Ranger di Asia (RFA), l’indagine evidenzia la mancanza di copertura assicurativa di base in Asia e in Africa. Due continenti dove sono morti quasi il 90% dei ranger lo scorso anno. L’indagine ha anche riscontrato che nel 38% dei Paesi, tra cui la metà di quelli in Africa e in Asia, i ranger vengono assunti con contratti a tempo determinato senza alcuna assicurazione. Nella maggior parte dei Paesi analizzati dallo studio, gli intervistati ritengono che la copertura assicurativa è inferiore a quanto garantito per lavori simili nella polizia o nell’esercito. Due recenti sondaggi del WWF hanno anche messo in evidenza quanto sia pericoloso essere un ranger in Africa e in Asia. Il 73% dei ranger intervistati tra i due continenti dichiarava di aver sperimentato un rischio per la vita nell’interazione con la fauna selvatica o i bracconieri. Il 66% dichiarava di non essere attrezzato sufficientemente per la propria sicurezza e il 45% di non avere una formazione adeguata. «Sono uomini e donne straordinari che ogni giorno a costo della vita proteggono animali e luoghi cruciali per tutti noi. Vogliamo ricordare e onorare quelli che per garantirci questo servizio hanno pagato il prezzo più alto» afferma il presidente della IRF e direttore della “Thin Green Line Foundation”, Sean Fillmore. «Siamo tutti consapevoli che il lavoro del ranger presenta molte difficoltà e pericoli, ma è scioccante constatare quanti, ogni anno, muoiono in servizio. È vergognoso il fatto che le loro famiglie non ricevono nemmeno un minimo indennizzo». Per Elisabeth McLellan, responsabile WWF della Wildlife Crime Iniziative «i ranger sono in prima linea nella difficile attività di proteggere la natura. Ma sembrano essere il fanalino di coda quando si tratta di assicurazioni sulla vita, sulla salute e sulla disabilità. Meritano di sapere che le loro famiglie non saranno abbandonate se vengono uccisi o gravemente feriti in servizio. Il futuro di animali ed ecosistemi di valore immenso è nelle loro mani e noi dobbiamo batterci perché la loro vita sia più protetta».

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