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Boko Haram compie il salto di qualità nella guerra del terrore

 

Guerriglieri del gruppo Boko-Haram

Timori su una sua espansione verso la Libia

A Djakana, città del Camerun sul confine nigeriano, ieri, un uomo-bomba ha assaltato una moschea uccidendo undici persone. La paternità dell’attentato è stata attribuita a Boko Haram, la formazione islamista il cui nome significa letteralmente “l’istruzione occidentale è proibita”. L’intera area è destabilizzata e decine di migliaia di persone sono in fuga dalle proprie case per timore della sharia, imposta dai guerriglieri o viceversa per sottrarsi ai vasti rastrellamenti dell’esercito di Abuja. Gli attentati si ripetono più volte a settimana ed i confini nazionali non rappresentano più un limite all’azione di Boko Haram. Questa rete terroristica, costituitasi nel 2002 come movimento politico ma ben presto passata alla clandestinità, è descritta con capacità sul blog di Andrea Manciulli, parlamentare toscano, da anni capo delegazione presso la Nato. Egli, su di essa, propone una riflessione prospettica di non poco conto, in quanto, l’essersi affermata come leader del terrorismo in Africa (ma è anche la più mortale del mondo), la comune radice sunnita, il riconoscimento di Daesh, la facilità nel reperimento di armi ed esplosivi che spesso fabbrica, la rendono probabile candidata, al Sud, a dettare delle condizioni sullo sfruttamento della più ricca area petrolifera della piattaforma continentale e, a Nord, a inserirsi nella diaspora libica e quindi nello stesso fenomeno dei migranti.

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